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December 22, 2013
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Quel referendum in Sudan e l’esplosione prossima ventura

Luigi TroianibyLuigi Troiani
Time: 3 mins read

Realizzando quanto previsto negli accordi di Naivasha del 2005 tra governo di Karthum ed Esercito/Movimento di liberazione del popolo sudanese (Spla/M), oggi quattro milioni di Sud Sudanesi si esprimono sulla propria secessione. In simultanea, città e territori di Abyei decidono sull’appartenenza al Sud Sudan. Si tratta di due voti di grande rilevanza anche per la politica e l’economia internazionali. 

Dalla fondazione, nel 1956, il paese africano ha espresso un percorso tormentato, ponendosi reiteratamente al centro delle crisi, fino a guadagnare la prima fila tra i rogue states della politica estera statunitense. Il Sudan gioca la carta dell’unità araba e del panislamismo. Soffia sul fuoco dei conflitti collegati allo sfruttamento del Nilo, le cui acque alimentano le speranze di vita di dieci paesi africani ma premiano Egitto e Sudan. Attua decenni di ogni e qualunque tipo di guerra africana (etnica, religiosa, tribale, tra signori della guerra, di rapina delle materie prime nazionali), accumulando milioni di morti, interi territori minati in funzione anticarro e antiuomo, milioni di senzatetto, malattie endemiche, fame, generazioni di fanciulli combattenti e analfabeti. Ospita e alleva futuri capi del terrorismo islamico globale, il più famoso Osama bin Laden. Tra i primati-paese finiti nella bacheca della storia, un presidente, l’attuale Omar Hassan al-Bashir, su cui pende il mandato di cattura del Tribunale penale internazionale per crimini di guerra e contro l’umanità, assassinio, sterminio, stupro; guerre di tutti contro tutti con i casi eclatanti del Darfur (Sudan occidentale) e Sud (ventidue anni, due milioni di morti, quattro di profughi).

   Il voto odierno presume di separare il meridione cristiano e animista, da un Nord che dal 1998 ha imposto la sharia, o legge coranica, come base di un regime liberticida e di rapina. Il nuovo stato, con capitale Juba e presidente Salva Kiir, dovrebbe, nella volontà delle Nazioni Unite e della comunità internazionale, sigillare l’epoca dei conflitti etnici e religiosi, aprendo alla collaborazione tra i due stati indipendenti. Gli osservatori propendono per previsioni meno ottimistiche, in linea con quanto dichiarato dal portavoce del Dipartimento di Stato P.J. Crowley a metà dicembre: “Il Sudan sarà la più grande emergenza per la nostra politica estera nel 2011”. Scottati dall’incapacità a prevenire la carneficina in Rwanda, in particolare gli Stati Uniti appaiono vigili, mobilitando anche risorse private come la fondazione Not On Our Watch, Google, Enough Project, Harvard Humanitarian Initiative, e personaggi dello star system come George Clooney e Mia Farrow.  

I rischi sono evidenti. Il Nord, nel più lungo e proficuo periodo di crescita economica dall’indipendenza, difficilmente accetterà di privarsi dei miliardi di dollari della rendita petrolifera, localizzata nel Sud: concordare ripartizione e confini sarà difficile. Il Sud è preda di corruzione, violenze intestine, divisioni etniche e tribali, in un contesto di povertà e arcaismi pastorali e agricoli, e dovrà reintegrare le centinaia di migliaia di profughi in rientro. L’estremismo islamico avrà gioco facile ad agitare rivendicazioni e frustrazioni del Nord e della popolazione islamica del Sud. I dividendi della pace dovrebbero convincere a non scatenare un conflitto che non potrebbe non coinvolgere il Corno, l’est sudanese, la regione equatoriale. Ne risentirebbero paesi come Tanzania e Kenya, la Cina troverebbe spazio d’azione, il Sudan ne uscirebbe a pezzi. Basterebbe ragionare, certo, e si eviterebbe di ripiombare nel caos, ma ci vorrebbero protagonisti disposti a farlo. 

 

 

 

 

 

 

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Luigi Troiani

Luigi Troiani

Insegno Relazioni Internazionali e Storia e Politiche UE all’Angelicum di Roma. Coordino le ricerche e gli studi della Fondazione Bruno Buozzi. Tra i promotori di Aiae, Association of Italian American Educators, ho dato vita al suo “Programma Ponte” del quale sono stato per 15 anni direttore scientifico. Ho pubblicato saggi e libri in Italia, tra gli altri editori con Il Mulino e Franco Angeli, e in America con l’editore Forum Italicum a Stony Brook. Per la rivista Forum Italicum ho curato il numero monografico del maggio 2020, dedicato alla “letteratura italiana di ispirazione socialista”. Nel 2018 ho pubblicato, con l’Ornitorinco Edizioni, “Esperienze costituzionali in Europa e Stati Uniti” (a cura). Presso lo stesso editore sono in uscita, a mia firma, “La Diplomazia dell’Arroganza” e “Il cimento dell’armonizzazione”. La foto mi mostra nella maturità. Questa non sempre è indizio di saggezza. È però vero che l’accumulo di decenni di studi ed esperienze aiuta a capire e selezionare (S. J. Lec: “Per chi invecchia, le poche cose importanti diventano pochissime”), così da meglio cercare un mondo migliore (A. Einstein: “Un uomo invecchia quando in lui i rimpianti superano i sogni”).

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