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November 19, 2013
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Ma cos’è questa COP19?

Maurita CardonebyMaurita Cardone
Time: 7 mins read

Anche se c’è ancora (soprattutto negli USA) chi cerca di convincerci che non esista alcun riscaldamento globale antropogenico, lo sforzo per trovare soluzioni a livello internazionale ai cambiamenti climatici va avanti da 25 anni. Ma finora poco è stato concretizzato. In questi giorni è in corso a Varsavia la diciannovesima conferenza delle parti dell’United Nations Framework Convention on Climate Change: il momento giusto per capire a che punto siamo con i  negoziati sul clima e come siamo arrivati all’attuale fase di stallo. Di seguito ripercorriamo la (poco allegra) storia delle trattative internazionali sul clima.

1988

Nasce l’IPCC, Intergovernamental Panel on Climate Change, costituito all’interno delle Nazioni Unite per studiare gli effetti del riscaldamento globale.

First Assessment Report dell' IPCC

First Assessment Report dell’ IPCC

1990

L’IPCC pubblica il primo rapporto sui cambiamenti climatici (First Assessment Report, Far): su questa base le Nazioni Unite costituiscono il Comitato intergovernativo di negoziazione che inizia a lavorare su una convenzione internazionale in materia.

Febbraio 1991 – Maggio 1992

Nel corso di 5 diversi incontri, il Comitato intergovernativo porta avanti i negoziati per redigere la United Nations Framework Convention on Climate Change (UNFCCC), convenzione quadro delle Nazioni unite sui cambiamenti climatici.

Rio

Il Summit della Terra di Rio

Giugno 1992

Si apre a Rio de Janeiro la Conferenza sull’ambiente e lo sviluppo delle Nazioni unite (UNCED, United Nations Conference on Environment and Development) passata alla storia come il Summit della Terra. Scopo della conferenza: raggiungere la stabilizzazione delle concentrazioni dei gas serra in atmosfera. La Convenzione quadro (UNFCCC) viene aperta alle firme.

21 marzo 1994

La UNFCCC entra in vigore, con la firma di 166 nazioni (entro il 2009 i paesi diventeranno 193). Gli stati firmatari vengono suddivisi in tre gruppi con impegni diversi.

Marzo 1995

Si apre a Berlino la prima conferenza delle parti (COP1). Si decide di stabilire scadenze e riduzioni delle emissioni da allegare alla Convenzione quadro con un protocollo da firmare entro il 1997. Si pongono le basi del protocollo di Kyoto.

Luglio 1996

Si tiene a Ginevra la COP2. Viene adottata una dichiarazione che chiede obbiettivi intermedi legalmente vincolanti, ma rifiuta politiche concertate obbligatorie, in favore della flessibilità. Il testo di fatto ricalca la posizione degli Stati Uniti secondo cui bisogna concentrarsi su risultati realistici e raggiungibili tra cui un adattamento misurato.

Dicembre 1997

Nella città giapponese di Kyoto si apre la COP3. L’elenco di azioni ammissibili per la riduzione delle emissioni è stato stilato e le nazioni hanno ora il compito di negoziare gli obbiettivi di riduzione. Dopo lunghi e difficili negoziati, la COP3 elabora il protocollo di Kyoto, ma i dettagli attuativi vengono nuovamente rimandati alle successive conferenze delle parti.

16 marzo 1998

Il protocollo di Kyoto viene aperto alle firme

Kyoto

La divisione delle nazioni in base al protocollo di Kyoto

Novembre 1998

Durante la COP4, a Buenos Aires, le nazioni intervenute adottano il Buenos Aires Plan of Action, un programma biennale di lavoro per la realizzazione della Convenzione quadro e per l’applicazione del protocollo di Kyoto. L’obbiettivo è riuscire, entro il 2000, a individuare azioni e meccanismi utili a rendere operativo il protocollo.

Ottobre 1999

Alla COP5 di Bonn si continua a lavorare sul programma di Buenos Aires ma non vengono fatti significativi passi avanti.

Novembre 2000

All’Aia i lavori della COP6 si inceppano su grossi scogli politici: gli aiuti finanziari ai paesi in via di sviluppo e le eventuali sanzioni per il mancato raggiungimento degli obbiettivi di riduzione. Gi Stati Uniti chiedono di poter ottenere crediti dai sink di carbonio, come terreni agricoli e foreste, sufficienti a coprire buona parte delle riduzioni richieste agli Usa. Nelle ultime ore di colloqui gli stati europei guidati da Germania e Danimarca rifiutano la soluzione di compromesso proposta da Usa e Regno Unito e la conferenza fallisce.

Bush

Una caricatura di Bush che si oppone al protocollo di Kyoto

Gennaio 2001

George W. Bush, eletto in novembre presidente degli Stati Uniti d’America, si insedia alla Casa bianca e subito si distingue dal suo predecessore: uno dei primi atti della sua presidenza è il ritiro dal protocollo di Kyoto della firma degli Usa, posta da Clinton. Bush rigetta il trattato, dando avvio a una nuova fase di scetticismo climatico.

Luglio 2001

A Bonn i colloqui riprendono con la COP6 bis. Gli Stati Uniti di Bush partecipano in qualità di osservatore. Finalmente si raggiunge un accordo: vengono approvati i meccanismi dell’emission trading, del Clean developement mechanism e della joint implementation, si stabilisce che non ci siano limiti al credito utilizzabile per questi scambi. Si decide inoltre che alle attività in grado di assorbire CO2 debbano essere assegnati crediti di emissioni. Vengono infine creati tre fondi per i cambiamenti climatici di cui uno specifico per i paesi in via di sviluppo.

Ottobre 2001

Le parti tornano a riunirsi per la COP7, a Marrakesh. Gli Usa rimangono nella posizione di osservatore, mentre le altre nazioni definiscono ulteriormente il Piano d’Azione di Buenos Aires nella speranza di riuscire a far entrare in vigore il protocollo entro il 2002. Dopo l’apertura di Bonn i paesi riuniti nella conferenza cercano in ogni modo di rendere economicamente convenienti le misure previste dal protocollo di Kyoto, nel tentativo di riportare dentro gli Stati Uniti.

Ottobre 2002

A New Delhi si tiene l’8° Conferenza delle parti. Viene riconfermata la volontà e la necessità di un impegno comune contro i cambiamenti climatici e l’urgenza di rendere operativo il protocollo di Kyoto.

Dicembre 2003

Si apre a Milano la COP9, da cui ci si aspetta la ratifica della Russia. Ma dopo l’improvvisa inversione di rotta di Mosca il dibattito si concentra sulle questioni economiche e sulla possibilità di trasformare i meccanismi di scambio previsti dal protocollo di Kyoto in opportunità di business.

putin

Il presidente russo, Vladimir Putin ratifica il trattato di Kyoto

Novembre 2004

La Russia ratifica il protocollo di Kyoto.

Dicembre 2004

A 10 anni dalla Convenzione quadro sui cambiamenti climatici si tiene, a Buenos Aires, la COP10 dove si comincia a parlare di adattamento e mitigazione, due misure su cui i paesi della convenzione devono iniziare a lavorare sotto l’aspetto tecnico, scientifico e socioeconomico. Si stabilisce la data di entrata in vigore del protocollo di Kyoto e per la prima volta si parla del post Kyoto. Le parti si impegnano a portare avanti un programma di lavoro sull’adattamento e sulle misure per diminuire la vulnerabilità dei paesi poveri.

16 Febbraio 2005

Entra in vigore il protocollo di Kyoto.

Novembre 2005

Entrato in vigore il protocollo di Kyoto, lo scopo delle conferenze delle parti diventa elaborare proposte per un secondo protocollo. Le questioni riguardanti la gestione del protocollo vengono da ora in poi trattate dal Meeting of the Parties of the Kyoto protocol (MOP). Nel novembre 2005 a Montreal si tiene il primo MOP, in concomitanza con la COP11.

Novembre 2006

Si aprono a Nairobi i lavori della 12° conferenza delle parti. Argomento centrale dei colloqui è il coinvolgimento degli stati africani nei progetti di CDM (Clean Development Mechanism). Vengono fissati alcuni criteri di gestione del Fondo speciale per i cambiamenti climatici. Altro tema ampiamente affrontato è la possibilità di inserire tra i progetti di CDM le operazioni di cattura e sequestro di carbonio. La COP12 è anche l’occasione per definire nuovi obbiettivi di riduzione per il post Kyoto, senza che tuttavia si riescano a fissare quote precise.

Dicembre 2007

La COP13 di Bali segna uno snodo importante perché culmina nell’adozione della cosiddetta Bali Road Map che include il Bali Action Plan. Un piano d’azione, da realizzare entro la COP15, che segna il corso di un nuovo processo di negoziazione che dovrà concludersi nel 2009. I paesi industrializzati dichiarano la propria disponibilità a stanziare fondi per finanziare interventi di adattamento ai cambiamenti climatici nei paesi in via di sviluppo. A questo scopo viene creato il Fondo per l’adattamento.

Dicembre 2008

A Poznan, con la COP14, vengono definiti i criteri per la gestione del Fondo per l’adattamento: le parti pattuiscono che ai paesi in via di sviluppo debba essere garantito l’accesso diretto al fondo. La conferenza di Poznan conferma lo sforzo condiviso di arrivare alla COP15 di Copenhagen con un piano di azione definito per il post Kyoto.

Dicembre 2009

La 15° conferenza delle parti si apre a Copenhagen in un clima di enorme attesa. Mai prima d’ora un incontro sui cambiamenti climatici aveva attirato tanta attenzione da parte dell’opinione pubblica. Dalla COP15 ci si aspetta l’accordo per il post Kyoto e in molti chiedono accordi vincolanti e forti misure di compensazione per i paesi in via di sviluppo. Ma a pochi giorni dall’apertura dei lavori, Cina e Usa fanno capire che andranno a Copenhagen con l’intenzione di raggiungere un accordo puramente politico e non vincolante.

Cop15

La conferenza di Copenhagen è accompagnata da un molte manifestazioni di protesta

Dopo due settimane di colloqui e un’intera notte di trattative la conferenza si chiude, nella delusione generale, con un non-accordo. Le parti si limitano a prendere nota di un accordo presentato da Usa, Brasile, Cine, India e Sud Africa in cui si chiede ai paesi di impegnarsi a limitare l’innalzamento delle temperature entro i 2 gradi rispetto ai livelli precedenti l’industrializzazione, senza però dare indicazioni precise su tempi e modi attraverso cui realizzare questo obbiettivo.

Giugno 2010

In preparazione dell’appuntamento della COP16 le parti si incontrano a Bonn per elaborare una bozza di testo da portare a Cancun per novembre. Ma ancora una volta le posizioni dei paesi coinvolti non trovano un punto di incontro. Il testo elaborato a Bonn è tutto sbilanciato a favore dei paesi più ricchi e stabilisce che tutti gli Stati debbano raggiungere il picco di emissioni entro il 2020.

Novembre 2010

Si apre a Cancun la 16° conferenza delle Parti. Per la prima volta le nazioni stabiliscono di mantenere l’aumento della temporatura globale al di sotto di una media di due gradi Celsius. Come allegato all’accordo sono inclusi impegni specifici per i singoli paesi, nessuno dei quali è tuttavia giuridicamente vincolante. Si decide che gli obiettivi siano soggetti a revisione nel 2015.

Novembre 2011

Il 17° appuntamento ONU sul clima si tiene a Durban dove viene creata la Durban Platform for Enhanced Action: la parti convengono sul cercare un accordo vincolante sui cambiamenti climatici entro il 2015, con l’obiettivo di farlo entrare in vigore entro il 2020. La piattaforma creata a Durban ha lo scopo di lavorare per creare le premesse per questo accordo.

2012

Scade il protocollo di Kyoto

Novembre 2012

A pochi giorni dall’uragano Sandy e dal tifone Bopha, una coincidenza che aveva fatto sperare in un’accelerazione delle trattative, a Doha si apre la COP18. Nonostante le aspettative e la necessità di trovare un successore al protocollo di Kyoto, si tratta di un incontro tecnico che raggiunge l’unico obiettivo di creare un Kyoto 2, una sorta di debole accordo ponte che, senza definire contenuti né stabilire vincoli, garantisce una seconda vita al primo protocollo cui tuttavia a questo punto sono in pochi ad aderire. Resta l’obiettivo di lavorare per il 2015.

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Maurita Cardone

Maurita Cardone

Giornalista freelance, abruzzese di nascita e di carattere, eterna esploratrice, scrivo per passione e compulsione da quando ho memoria di me. Ho lavorato per Il Tempo, Il Sole 24 Ore, La Nuova Ecologia, QualEnergia, L'Indro, senza che mai mi sia capitato di incappare in un contratto stabile. Nel 2011 la vita da precaria mi ha aperto una porta, quella di New York: una città che nutre senza sosta la mia curiosità. Appassionata di temi ambientali e sociali, faccio questo mestiere perché penso che il mondo sia pieno di storie che meritano di essere raccontate e di lettori che meritano buone storie. Ma non ditelo ai venditori di notizie.

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