Alì dagli Occhi Azzurri uno dei tanti figli di figli / scenderà da Algeri, su navi a vela e a remi. / Saranno con lui migliaia di uomini/ coi corpicini e gli occhi di poveri cani dei padri sulle barche varate nei Regni della Fame. Porteranno con sè i bambini, e il pane e il formaggio…/ Sbarcheranno a Crotone o a Palmi, a milioni, vestiti di stracci asiatici, e di camicie americane. Da Crotone o Palmi saliranno a Napoli, e da lì a Barcellona, a Salonicco e a Marsiglia/ Anime e angeli, topi e pidocchi…
Sono versi tratti da Profezia, una tra le più belle poesie di Pier Paolo Pasolini, pubblicata nel 1964 nella raccolta Ali` Dagli Occhi Azzurri.1964, anno in cui era ancora l’Italia ad esportare nel mondo i suoi figli affamati. In Francia, in Germania o nelle miniere del Belgio.
Pier Paolo Pasolini (PPP) fu ucciso 38 anni fa ad Ostia, alle porte di Roma, in una fredda notte di autunno. Poeta, intellettuale, drammaturgo, saggista, cineasta, PPP può oggi essere ricordato, ancora, per tante cose. Per la sua polemica contro la società dei consumi. Per la sua critica all’omologazione culturale imposta dal sistema capitalistico. Da lui associato allo svilluppo. Ma non all’idea di progresso sociale. Possiamo ricordarlo per le sue invettive contro il provincialismo della borghesia italiana. Per le sue accuse alla classe dominante del paese, colpevole, moralmente e politicamente, delle tragedie e dei misteri della storia repubblicana (“Io so”). Per quell’omosessualità che gli costò l’esplusione dal Partito comunista. E per l’imbarazzo e l’ostilità che provocò tra i benpensanti quella condizione tutta privata, in una società popolata allora, come oggi, da istinti omofobi ed ipocrisie cattoliche (o catto-comuniste). Possiamo ricordare PPP per il suo polemico schierarsi al fianco dei poliziotti proletari – “meridionali, figli di contadini ed operai” – negli scontri di Valle Guilia del ’68 contro quegli studenti borghesi ”figli di papà” (1968) che, due decenni dopo, sarebbero effettivamente finiti ad occupare preziose scrivanie di banche e imprese. O a dirigere i giornali dei “padroni”. Pasolini fu soprattutto la ricerca di umanità non corrotta dal consumismo nelle borgate romane di Pietralata e del Tiburtino. Umanità descritta e fotografata in capovolari letterari (Una vita violenta, Ragazzi di vita) e cinematografici (Accattone). Pasolini visse pensando alla speranza di una rigenerazione del messaggio cristiano attraverso un ritorno alle origini (Il Vangelo Secondo Matteo). Disincantato e deluso, Pasolini si convinse presto che proletari e sotto proletari del mondo occidentale fossero stati ormai integrati nel capitalismo. Senza coscienza di classe nè voglia di rivoluzione. Fu viaggiando che Pasolini immaginò di affidare alle masse di diseredati dell’Africa e dei paesi in lotta contro il dominio coloniale una speranza che sarebbe stata presto frustrata dai molti errori compiuti dalle elites politiche delle nazioni di nuova indipendenza.
Noi vogliamo ricordare Pasolini per la sua profezia più tremendamente attuale. Una profezia che vive oggi nelle barche di fortuna che attraversano il mediterraneo. Con quarant’anni di anticipo, Pasolini vide nel movimento di uomini e donne – “vestiti di stracci asiatici e camicie americane” – una salvezza morale tutta laica per un mondo destinato a ripensare il senso della diversità come valore prezioso. Senza quella paura che già intravide con sorprendente lucidità
“…(gli Alì dagli occhi azzurri) usciranno da sotto la terra per uccidere – usciranno dal fondo del mare per aggredire – scenderanno dall’alto del cielo per derubare – prima di giungere a Parigi per insegnare la gioia di vivere, prima di giungere a Londra per insegnare a essere liberi, prima di giungere a New York, per insegnare come si è fratelli”. Pasolini colse la paura che dipinge i migranti come ladri e terroristi. Criminali, gli “immigrati clandestini”. Vittime dell’umano desiderio di fuggire dalla miseria e cercare fortuna. E portare altrove la fratellanza quasi dimenticata in quel mondo che accetta il movimento dei beni e negà dignità a quello degli uomini. Per Pasolini era già chiaro, nel 1965, che i migranti fosseto anzitutto una parte di umanità ansiosa di portare altrove la libertà rimasta dentro. Una libertà negata alle latitudini d’origine. In quelle terre che l’occidente aveva sfruttato e colonizzato. Legittimando per sempre, con errori ed orrori, la ricerca di uno spazio alla propria tavola imbandita. Ancora oggi, Pasolini ci ricorda che gli Alì con gli occhi azzurri sono qui (anche) perchè noi eravamo là.