Rimbalza qui a Dammam, per inciso capitale della regione più fornita al mondo di giacimenti petroliferi, la notizia che a Roma si sta celebrando con solennità l’ottantesimo anno dallo stabilimento delle relazioni diplomatiche tra Arabia Saudita e Italia. Giornali e televisione riportano con i dettagli del programma della manifestazione e i discorsi delle autorità, anche se storpiano i nomi dei nostri politici, a cominciare dal sindaco di Roma, Ignazio Marino.
E’ una scelta che documenta l’attenzione saudita verso un paese che, al di là della rilevanza economica e culturale, ospita il Soglio pontificio, punto di riferimento e orientamento per la casa reale convinto assertore della religiosità degli stati nel segno del monoteismo abramitico. Anche il nostro governo ha dato attenzione alla ricorrenza. Tre i momenti topici. Il Forum bilaterale politico-economico e di sicurezza a Villa Madama, su invito, la prima settimana di ottobre; la cinque giorni d’inizio mese nella romana piazza del Popolo, con l’inedita vetrina-esposizione di cultura e tradizioni saudite (musiche folklore danza e moda, gastronomia e turismo, mostra sull’arte calligrafica araba); la rassegna “Alla scoperta dell’Arabia saudita, la terra del dialogo e della cultura” alla Gipsoteca del Vittoriano che andrà avanti per tutto novembre.
Fa bene l’Italia a mostrare interesse e cura nei confronti del regno saudita. Si tratta del più vasto stato arabo del Golfo e dell’intera Asia occidentale, apprezzato per condurre una politica sufficientemente moderata in zona di particolare turbolenza. Con l’economia da anni in crescita e riserve valutarie cospicue grazie alle royalties petrolifere, da sempre ottimamente armato dagli Stati Uniti, ha ruolo di prestigio nell’edificazione della sicurezza regionale ed è ascoltato interprete delle linee politiche suggerite dal Corano nel cosmo islamico sunnita. Grazie al lavoro di milioni di immigrati, risulta tra le prime venti economie al mondo, unico tra gli stati di Medio Oriente e Golfo. Il prodotto interno lordo, nel quinquennio iniziato nel 2008 ha fatto segnare la crescita del 6,3%, terza al mondo alle spalle di Cina e India. Sono tuttora in costruzione o modernizzazione infrastrutture come autostrade, aeroporti, strade, porti, telecomunicazioni, settori nei quali l’Italia ha tradizionalmente ottime cose da offrire.
Grazie anche alla posizione di grande nazione cristiana, l’Italia potrebbe risultare utile a Riyadh, in questa fase non propriamente felice della sua diplomazia regionale, anche in chiave politica. Si percepisce, parlando con gli opinion maker in Arabia, che l’apparente vicolo cieco nel quale si sono cacciate le situazioni egiziana e siriana, anche per l’influenza saudita, vada risolto al più presto. Riyadh ha sofferto lo smacco dell’accordo russo-statunitense sulle armi chimiche siriane e la riapertura di comunicazione tra Iran e Washington. Ci sono analisti sauditi che prevedono anche di peggio: il successo di un cordone sanitario sciita antisaudita che includerebbe Hezbollah libanese, il siriano Bashar Assad,Yemen, Bahrain e Irak. Una prospettiva che potrebbe persino mettere a rischio gli equilibri finanziari sauditi, significando costi di sicurezza e armamenti, per sé e gli alleati, in grado di far saltare qualunque cassaforte. L’Italia, insieme ai partner europei, soprattutto se riuscisse ad imporre all’Ue un’autentica politica comune sul fianco mediterraneo, potrebbe contribuire a togliere rigidità all’attuale situazione, innanzitutto per riaprire il dialogo tra Iran e Arabia Saudita in vista della soluzione della crisi siriana.
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