Trascrizione della corrispondenza dal Palazzo di Vetro dell'ONU per Radio Radicale
Gli ispettori ONU sabato mattina hanno lasciato la Siria, per dirigersi verso l’Olanda, a L’Aja, dove inizieranno le procedure per analizzare i reperti presi nella zona di Ghouta, vicino a Damasco, teatro il 21 agosto di un attacco chimico dove secondo l’Onu sarebbero morti più di 300 civili.
Venerdì Ban Ki-moon, di ritorno dall’Europa, al Palazzo di Vetro ha avuto un primo incontro con i cinque membri permanenti del Consiglio di Sicurezza per informarli del lavoro svolto dalla squadra di ispettori guidata dallo scienziato svedese Ake Sellström. Il portavoce di Ban Ki-moon, Martin Nesirky, ha rivelato solo i contenuti generali della conversazione avuta dal Segretario Generale con gli ambasciatori di Cina, Stati Uniti, Francia, Russia e Gran Bretagna e nessuno tra gli ambasciatori, tra i quali l’ambasciatrice di Obama Samantha Power, alla fine dell’incontro di venerdi si è fermato con i giornalisti rimasti a lungo in attesa per rilasciare delle dichiarazioni.
Ma secondo alcune fonti, poi riprese dall’agenzia Reuters, Ban Ki-moon avrebbe informato i cinque ambasciatori dei paesi membri permanenti del Consiglio di Sicurezza, che ci vorranno almeno altre due settimane per ricevere un rapporto sui risultati provenenti dai laboratori scientifici in cui i reperti raccolti dagli ispettori verranno analizzati.
Due settimanane che ieri, al Palazzo di Vetro, ormai in pochi credevano che Obama e la Francia di Hollande, unico alleato rimasto a fianco degli Stati Uniti, avrebbero atteso prima di far scattare la loro azione militare punitiva contro il regime di Assad.
Infatti proprio contemporaneamente agli incontri di Ban Ki-moon con i 5 grandi del Consiglio di Sicurezza, da Washington l’amministrazione Obama lanciava, attraverso il Segretario di Stato John Kerry, la sua più aggressiva offensiva diplomatica per affermare le ragioni a sostegno di un attacco militare contro il regime di Assad per aver usato armi chimiche contro la popolazione civile. Kerry ha fatto capire che a questo punto l’intervento militare punitivo in Siria diventa una questione di credibilià degli Stati Uniti. E mentre il discorso di Kerry veniva diramato in diretta tv, via email la Casa Bianca inviava a tutti i giornalisti il rapporto di intelligence USA che, secondo l’amministrazione Obama, provava che armi chimiche erano state usate il 21 agosto in Siria e che ad usarle era stato l’esercito di Assad contro la popolazione civile.
Kerry nel suo discorso ha elogiato la Francia come il suo “più vecchio alleato”, ricordando così in maniera sibillina come la Francia abbia aiutato gli Stati Uniti nella sua guerra d’indipendenza proprio contro quella Gran Bretagna che ora, dopo il voto del suo Parlamento, in maniera inaspettata per l’amministrazione Obama, non sarà piu’ a fianco degli Stati Uniti nell’azione militare contro il regime di Assad.
Secondo il New York Times, l’attacco franco-americano potrebbe avvenire ormai questo week end e gli Stati Uniti starebbero ancora trattando con un paese arabo per coinvolgerlo nell’attacco militare ma, finora, con scarso successo.
La Russia però non ci sta e anche ieri da Mosca e dal Palazzo di Vetro ha continuato a condannare le minacce di azioni militari contro la Siria dicendo che qualunque attacco non autorizzato dal Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite sarà una violazione del diritto internazionale. “Persino gli alleati degli Stati Uniti hanno chiesto una pausa di riflessione per aspettare il completamento del lavoro investigativo degli ispettori dell’Onu e arrivare a un quadro oggettivo di quello che è veramente accaduto” si leggeva in una dichiarazione del ministero degli Esteri russo diramata venerdì. Mentre il ministro degli Esteri italiano Emma Bonino ieri ha parlato di pericoli di "deflagrazione mondiale".
Ma Kerry, nel suo discorso, ha replicato alla Russia dicendo che le Nazioni Unite non possono rispondere all’attacco siriano con armi chimiche proprio a causa dei veti posti da Mosca nel Consiglio di Sicurezza, che secondo il Segretario di Stato impediscono al mondo di “reagire come dovrebbe”.
Sempre secondo Kerry, il fatto che gli Stati Uniti siano isolati nella loro decisione di punire il regime siriano, non impensierisce il presidente Obama che “assicurerà che gli Stati Uniti d’America giungeranno ad una decisione presa con i nostri tempi, basati sui nostri valori e i nostri interessi”.
Subito dopo il discorso di Kerry, è stata la volta dello stesso Presidente Barack Obama di farsi sentire, ed è sembrato quasi mettere un po’ il freno al tono aggressivo delle dichiarazione del suo Segretario di Stato. Infatti Obama ha ripetuto di non aver “ancora preso una decisione” su quale azione gli Stati Uniti prederanno rispetto alla Siria, anche se poi ha fatto capire che l’attacco militare sembra ormai inevitabile quando ha specificato che sarà un’azione limitata e che non coinvolgerà truppe a terra. Per Obama l’uso di armi chimiche da parte del regime di Assad è stata una “sfida al mondo… e una minaccia ad alleati degli USA come Israele, Turchia e Giordania… quindi una minaccia agli interessi della sicurezza nazionale americana”.
Poco prima Kerry aveva detto che “dopo 10 anni l’America è stanca della guerra. E anche io. Ma abbiamo le nostre responsabilità di fronte al mondo”.
Ma intanto sempre sul New York Times, in un editoriale in cui si criticava anche la latitanza del Congresso sulla questione Siria, veniva scovata una intervista di Obama sul Boston Globe durante la campagna elettorale del 2007, in cui l’allora candidato e semisconosciuto senatore Obama dichiarava che “La Costituzione non da l’autorita’ al Presidente di lanciare unilateralmente un’azione militare senza una situazione in cui si deve fermare un imminente pericolo per la nazione”.
Sempre Kerry nel suo rapporto aveva presentato quell’atteso dossier dell’intelligence americana che proverebbe, secondo gli USA, la responsabilita’ del regime siriano. Almeno 1429 persone sarebbero rimaste uccise dall’attacco chimico con gas letali del 21 agosto, tra cui 426 bambini. Nel rapporto di intelligence USA di quattro pagine, si citano in particolare le intercettazioni di comunicazioni di “un alto esponente del regime profondamente connesso con l’offensiva, che ha confermato l’uso di armi chimiche da parte del regime il 21 agosto”.
Questo mini dossier, diffuso dagli Stati Uniti proprio nel giorno in cui Ban Ki-moon cercava di spiegare come le Nazioni Unite avrebbero proceduto nel portare a termine la loro indagine, sembra rendere ormai inutile il lavoro degli ispettori Onu. Per Obama e Kerry in quelle quattro pagine del loro dossier ormai ci sarebbero le prove e quindi per gli USA non c’è più motivo di aspettare gli ispettori Onu che comunque non hanno un mandato per indicare i responsabili dell’attacco con le armi chimiche ma soltanto di verificare se l’attacco si sia veramente verificato.
Nel rapporto americano diffuso ieri, si indicano le intercettazioni di comunicazioni militari, le immagini satellitari, ma anche i video girati da giornalisti e dalla popolazione civile e altre testimonianze dirette raccolte grazie a internet come prove a carico del regime di Bashar Assad sull’uso, il 21 agosto, delle armi chimiche nei quartieri alla periferia Est di Damasco. Secondo questo rapporto americano, l’attacco col gas sarin sarebbe durato circa quattro ore, sarebbe avvenuto con il lancio di razzi e proiettili di artiglieria e alla fine avrebbe ucciso 1429 persone.
Secondo sempre il rapporto americano, a realizzare l’azione sarebbe stato il personale del “Centro di studi e ricerche scientifiche siriano” che ha in gestione le armi chimiche ma dipende dal ministero della Difesa e quindi, sempre secondo il rapporto USA, “il maggiore responsabile è il presidente Bashar Assad”.
Interessante notare che gli americani avrebbero osservato grazie alle loro fonti di intelligence la preparazione dell’attacco chimico nei tre giorni precedenti il 21 agosto. Secondo il dossier americano, gli incaricati alla preparazione dell’attacco chimico “hanno operato dai sobborghi di Adra, da domenica 18 agosto fino alla mattina di mercoledì 21 agosto, vicino ad un’area che il regime adopera per mischiare armi chimiche differenti, incluso il sarin”. Il 21 agosto, sempre secondo il rapporto americano, le forze siriane avrebbero lanciato i gas “indossando maschere anti-gas”. E per rispondere a certe informazioni che erano state fatte circolare dai russi, il rapporto USA afferma che che nei giorni precedenti all’operazione “l’intelligence non ha osservato preparativi di attacco chimico da parte dell’opposizione”.
Nel rapporto c’e’ la descrizione dell’attacco chimico che sarebbe avvenuto in 12 quartieri a Est di Damasco “attaccati con razzi e colpi di artiglieria sin dalle prime ore del mattino del 21 agosto”. I satelliti USA, sempre secondo il rapporto, “hanno osservato che gli attacchi sono partiti da aree controllate dal governo, diretti verso Kafr Batna, Jawbar, Ayn Tarma, Darayya e Muaddamiyah” tutti quartieri di Damasco in mano all’opposizione. Secondo il rapporto di intelligence Usa “sono stati osservati lanci di razzi da aree controllate dal regime a partire da circa 90 minuti prima dell’inizio delle denunce sui social media”. Citando fonti locali, il rapporto conclude che l’attacco “è iniziato alle 2.30 del mattino ed è continuato per quattro ore”.
Poi i dettagliati dati sui morti e feriti: “Gli ospedali hanno accolto circa 3600 pazienti con i sintomi dell’esposizione a gas nervino nell’arco di appena tre ore”. Personale medico “siriano e internazionale presente” ha confermato “l’esposizione di massa al gas nervino”. “I morti sono stati 1429 persone, inclusi almeno 426 bambini”. Dagli americani sarebbero stati visionati “circa cento video” in gran parte diffusi attraverso i social network, “che mostrano un gran numero di vittime con i segni evidenti dell’esposizione al gas nervino”.
Infine, sempre nel cercare la prova del coinvolgimento di Assad, l’amministrazione USA ha rivelato in questo suo rapporto che la sua intelligence ha “intercettato comunicazioni da parte di un alto funzionario al corrente dell’offensiva nelle quali si conferma che le armi chimiche sono state adoperate il 21 agosto, esprimendo anche timore che gli ispettori Onu possano ottenerne le prove”.
Ulteriori intercettazioni dopo l’attacco indicano che “nel pomeriggio del 21 agosto il personale siriano ha avuto l’ordine di cessare l’attacco con i gas”. Subito dopo “il regime ha intensificato il bombardamento di artiglieria verso i quartieri che erano stati colpiti con le armi chimiche… il ritmo dei colpi dell’artiglieria su questi quartieri è stato di quattro volte superiore a quello registrato nei dieci giorni precedenti”. Nel rapporto americano, si afferma che l’artiglieria ha continuato a colpire “fino al 26 agosto” al fine di cancellare le prove del lancio dei gas.
A questo punto è ovvio che un rapporto del genere, diffuso a tutti gli organi di stampa internazionali proprio mentre il Segretario Generale dell’ONU Ban Ki-moon cercava di spiegare agli ambasciatori dei paesi membri permanenti del Consiglio di Sicurezza che ci sarebbero volute altre due settimane per capire cosa sia successo, avesse lo scopo di indicare al mondo che la decisione americana sull’attacco alla Siria sarebbe stata ormai presa.
Sabato a mezzogiorno, ora di New York, Ban Ki Moon incontrerà l’alto Reppresentate dell’Onu sul Disarmo Angela Kane, che è appena tornata da Damasco dopo aver avuti incontri con esponenti del regime di Assad per facilitare l’accesso agli ispettori. Dopo questi incontri, Kane dovrebbe riferire ai giornalisti i piani futuri per gli ispettori. Ma se nei prossimi giorni o forse ore, l’attacco americano, con l’assistenza della Francia, dovesse scatenarsi, sicuramente sara’ molto difficile che gli ispettori dell’Onu potranno tornare presto in Siria per indagare negli altri luoghi dove mesi fa si sarebbero verificati altri attacchi chimici. E dove, secondo un rapporto presentato proprio al Consiglio di Sicurezza dell’Onu dalla Russia lo scorso luglio, in almeno uno di questi ci sono sospetti che a scatenare le armi chimiche contro la popolazione civile sarebbero stati i ribelli e non le forze di Assad.