Adesso la Francia fa veramente la voce grossa sulla Siria. Dopo le rivelazioni del quotidiano Le Monde, secondo cui il regime starebbe facendo regolarmente uso di armi chimiche, il ministro degli esteri Fabius alza la voce, parla di un sospetto sempre “più consistente” che il regime di Damasco abbia oltrepassato la famosa “linea rossa” e, spalleggiato dalla Gran Bretagna, chiede una riunione urgente dei partners occidentali (un’altra?) per decidere la linea comune. Secondo la Francia l’imminente conferenza di pace denominata “Ginevra 2” dovrebbe assolutamente escludere la partecipazione dell’Iran (fortemente caldeggiata invece da Mosca). E mentre la Casa Bianca rilutta ancora a intervenire arriva la notizia del senatore repubblicano John McCain che ha oltrepassato il confine turco ed è entrato in Siria per incontrare il leader del Libero Esercito Siriano Salem Idris: McCain, il principale avversario della cautela di Obama rispetto ai ribelli, è la più importante personalità americana a metter piede in territorio siriano dall’inizio della crisi nel 2011.
L’aspetto diplomatico della crisi siriana non è meno complicato di quello militare, rispetto al quale arriva oggi l’ennesimo allarme dell’UNHCR, l’agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati, che ricordando gli oltre 94 mila morti, 1,5 milioni di profughi e 5 milioni di sfollati interni denuncia “un disastro politico, sociale e umanitario di dimensioni orribili” e mette in guardia dal rischio concreto di vederlo trasformarsi in un incubo.
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