Dovremo sicuramente attendere di leggere l’ordinanza della Corte Costituzionale che sarà depositata in cancelleria per la pubblicazione nei prossimi giorni. Un dato tuttavia è certo.
La Consulta ha detto che chi è condannato al carcere a vita per delitti di mafia e terrorismo e non collabora con la giustizia, potrà accedere comunque ai benefici penitenziari tra i quali ci sarà anche la libertà condizionale. Tale decisione, naturalmente rispettabile, resta opinabile soprattutto in un momento storico come l’attuale, nel quale il fenomeno mafioso è la principale minaccia alla sicurezza dello Stato non solo a livello nazionale, ma europeo e internazionale.
L’ergastolo ostativo è stato dichiarato più volte conforme ai principi costituzionali dalla Consulta poiché, di fatto, non presenta il requisito dell’assolutezza, in quanto il condannato può evitarlo semplicemente collaborando con la giustizia e accedendo così ai benefici penitenziari, compresa la liberazione condizionale. Cancellare l’ergastolo ostativo per mafiosi e terroristi non collaboranti, realizza oggettivamente uno degli obiettivi fondamentali agognati da tempo dalle mafie, ed è certamente un cedimento strutturale nel sistema di contrasto alle nuove organizzazioni criminali.

Chi studia il fenomeno mafioso e le sue mutazioni da oltre trent’anni sa che una delle principali apprensioni per i mafiosi è sempre stata l’ergastolo, inteso come effettiva reclusione senza alcuna possibilità di accedere ai benefici. Dai tempi del maxi-processo di Palermo, l’attenuazione dell’ergastolo attraverso la concessione di benefici è stata uno degli obiettivi più fortemente voluti dalle mafie.
Lo testimoniò anche Giovanni Falcone, confermando più volte, sia in interviste televisive che all’interno di alcuni processi per mafia, quanto i boss temessero “il fine pena mai”. Non è assolutamente un caso che l’attenuazione dell’ergastolo e del 41-bis fossero tra i primi punti del cosiddetto “papello” di richieste che Totò Riina fece avere allo Stato subito dopo la stagione delle stragi siciliane. È bene ricordare che questo tipo di strategia è proseguita anche dopo la morte di Riina, in tempi recenti, con messaggi subliminali, ad esempio, da parte dei fratelli Graviano.

Attenuare la portata dell’ergastolo ha da sempre costituito un punto fermo nei vertici delle organizzazioni mafiose. Per Antonino Di Matteo “con l’eliminazione dell’ergastolo ostativo salirebbe il rischio che i capimafia ergastolani continuino a comandare e sarebbe un segnale di possibile riaffermazione anche simbolica del loro potere”.
Aggiungerei che si verificherà anche un assurdo sociale: chi ha collaborato con la giustizia facendo arrestare i boss non può rientrare nei luoghi natii, mentre i boss arrestati, condannati e mai pentiti e rieducati, potrebbero tranquillamente ritornare in quei luoghi e persino da vincenti. È certamente un grande segnale negativo per chi vorrà in futuro collaborare con la giustizia.
A proposito di rieducazione, credo dovremmo porci anche un ulteriore quesito: potrà mai definirsi rieducato chi non collabora con lo Stato? Vedremo a breve cosa ha scritto la Consulta nell’ordinanza e in seguito cosa scriverà il Parlamento in quest’anno di tempo che avrà per disciplinare la materia in conformità con la Costituzione. Ai posteri l’ardua sentenza!