Intesa tra Stati Uniti e Ucraina al meeting di Gedda. Washington si è impegnata a ripristinare gli aiuti militari e la condivisione dell’intelligence militare a Kyiv, interrotti una settimana fa da Donald Trump per spingere gli ucraini a negoziare la fine della guerra con la Russia. L’Ucraina, a sua volta, si è detta “pronta” ad accettare una proposta di cessate il fuoco di 30 giorni, che però dovrà essere chiaramente approvata anche da Mosca.
“L’Ucraina ha espresso la disponibilità ad accettare la proposta statunitense di attuare un cessate il fuoco immediato e provvisorio di 30 giorni, che può essere esteso di comune accordo tra le parti e che è soggetto all’accettazione e alla contemporanea attuazione da parte della Federazione Russa”, si legge in una dichiarazione congiunta dopo i colloqui svoltisi martedì in Arabia Saudita.
“Gli Stati Uniti comunicheranno alla Russia che la reciprocità russa è la chiave per raggiungere la pace”, prosegue il documento. “Gli Stati Uniti rimuoveranno immediatamente la pausa sulla condivisione delle informazioni e riprenderanno l’assistenza alla sicurezza dell’Ucraina”.
Il summit si era aperto martedì a mezzogiorno ora locale (le 10:00 in Italia, le 5:00 a New York) per riannodare il filo dei rapporti dopo la burrascosa lite di fine febbraio tra Trump e Volodymyr Zelesky nello Studio Ovale, che aveva testimoniato a favore di telecamera il punto più basso delle relazioni bilaterali dallo scoppio della guerra.
L’agenda del meeting saudita si è concentrata in particolare su due punti chiave: un quadro per la cessazione della guerra con la Russia e la prosecuzione della collaborazione strategica tra Kyiv e Washington. Sul tavolo anche un accordo sull’accesso statunitense alle risorse naturali ucraine, che avrebbe dovuto essere formalizzato durante la visita di Zelensky a Washington ma che è giocoforza saltato (assieme a tutto il banco dell’assistenza USA).
Un altro tema cruciale sul quale Kyiv insiste è la gestione dei beni russi congelati nei Paesi occidentali. In un editoriale sul quotidiano britannico Guardian, Yermak ha ribadito la necessità che gli asset russi, per un valore complessivo di circa 300 miliardi di euro, restino sotto embargo e che i loro profitti vengano destinati alla ricostruzione dell’Ucraina. Di questi, 210 miliardi sono custoditi nell’Unione Europea, in gran parte dalla società belga Euroclear.
Finora, solo una parte degli interessi maturati sui suddetti beni – circa 3,55 miliardi di euro in due tranche – sono stati indirizzati verso il Fondo europeo per l’Ucraina. Alcuni Paesi, tra cui Francia e Germania, si oppongono però alla confisca totale degli asset, temendo ripercussioni sui mercati finanziari e sulla stabilità dell’euro.

“L’aggressione decennale di Mosca contro l’Ucraina non deve essere presa alla leggera”, ha affermato Yermak. “I leader europei lo riconoscono e li invitiamo in questo momento critico ad attuare i promettenti accordi raggiunti a Bruxelles giovedì scorso”.
In quell’occasione, 26 leader europei hanno sottoscritto una dichiarazione che chiede un accordo di pace che rispetti “l’indipendenza, la sovranità e l’integrità territoriale dell’Ucraina”, includendo l’Ucraina nei negoziati di pace. L’unico Paese ad astenersi è stata l’Ungheria del premier filo-russo Viktor Orban. Unanime invece l’intenzione di sbloccare prestiti UE da oltre 150 miliardi di euro per aumentare le spese militari e quella di trovare nuovi modi per “facilitare una spesa significativa per la difesa a livello nazionale in tutti gli Stati membri”. Il piano sarà studiato in vista di un’altra riunione a fine mese.
A rappresentare l’Ucraina a Gedda, oltre a Yermak, c’erano il ministro degli Esteri Andriy Sybiha, il ministro della Difesa Rustem Umerov e il vice capo dell’Ufficio presidenziale Pavlo Palisa.
Dall’altra parte, la delegazione statunitense era guidata dal segretario di Stato Marco Rubio e dal consigliere per la Sicurezza Nazionale Michael Waltz. Proprio Rubio, alla vigilia dell’incontro, ha risposto a una domanda sulla proposta ucraina di tregua, sottolineando che malgrado non sia sufficiente per concludere il conflitto, potrebbe rappresentare un primo passo verso ulteriori negoziati. “L’ideale sarebbe raggiungere una tregua totale, ma ogni forma di cessazione delle ostilità potrebbe essere un inizio”, ha dichiarato ad alcuni reporter in viaggio verso la Penisola arabica.
Rimane tuttavia da stabilire quale possa essere l’assetto geopolitico su cui sia il Cremlino che Kyiv potrebbero iniziare a negoziare. Secondo diversi funzionari di intelligence occidentali consultati da Bloomberg, Trump starebbe peraltro sopravvalutando la disponibilità di Vladimir Putin a fare concessioni per mettere fine al conflitto. Secondo gli 007, il leader russo non è disposto a scendere a compromessi sulle questioni dell’annessione delle quattro regioni dell’Ucraina orientale e meridionali occupate, del divieto di dispiegamento di forze di pace europee e dell’obbligo di neutralità per l’Ucraina.
A loro dire, Putin avrebbe avanzato richieste deliberatamente “massimaliste” in vista dei negoziati per porre fine alla guerra, che “come lui sa” saranno probabilmente inaccettabili per l’Ucraina e l’Europa. Ma su un punto tutti loro si dicono pressoché certi: il presidente russo “è pronto a continuare a combattere se non raggiungerà tutti i suoi obiettivi”.
Nel corso settimana a Mosca è atteso l’inviato speciale di Trump Steve Witkoff, che secondo alcune indiscrezioni rilanciate dai media russi potrebbe incontrare Putin – anche se i piani non sono confermati.

La situazione militare intanto resta tesa. Nelle scorse ore almeno 343 droni ucraine hanno preso di mira 10 regioni russe, inclusa la capitale Mosca, causando tre morti e 18 feriti, secondo le stime russe. A sua volta, la Russia ha lanciato 126 droni e un missile balistico contro l’Ucraina, secondo quanto dichiarato dall’aeronautica di Kyiv.
A inizio settimana le forze russe hanno inoltre rivendicato avanzamenti significiativi nella regione di Kursk, parte della quale è stata occupata dagli ucraini nell’agosto 2023. Le truppe di Mosca sono infatti riuscite a sfondare a Sudzha dopo mesi di stallo, conquistando le roccaforti di Malaya Loknya e Martynovka e avanzando a grandi falcate verso la regione di Sumy.
La pressione russa si fa sentire anche su Pokrovsk, dove l’esercito ucraino ha sferrato alcuni contrattacchi – finora senza particolare successo – per contenere le forze nemiche. A sua volta, Kyiv sta cercando di riconquistare il controllo delle aree industriali di Udachny e Kotlino, colpendo le linee di rifornimento russe con massicci attacchi di droni.