Una joint venture russo-statunitense per sfruttare i depositi di terre rare nelle regioni ucraine occupate da Mosca. A lanciare l’idea è stato lunedì Vladimir Putin in un’intervista con il giornalista della VGTRK Pavel Zarubin.
Il leader del Cremlino ha spiegato che nel territorio russo sono già presenti riserve enormi di minerali strategici, “molto più ampie rispetto a quelle ucraine“, e che Mosca deve fare di più per sfruttarle. “Abbiamo depositi nel nord, a Murmansk, nel Caucaso, in Kabardino-Balkaria, in Estremo Oriente, nella regione di Irkutsk, in Jacuzia e in Tuva”, ha elencato il presidente.
La proposta non si limita però alla sola Russia continentale: il 72enne pietroburghese ha fatto esplicito riferimento anche alle quattro regioni ucraine (Lugansk e Donetsk nel Donbass, Cherson e Zaporizhzhia nel Sud) che Mosca ha annesso unilateralmente nel dicembre 2022. “Ci sono riserve anche in queste zone“, ha aggiunto Putin, “e siamo pronti a collaborare con i nostri partner, inclusi gli americani, anche in queste nuove regioni“.
L’Ucraina sostiene di ospitare giacimenti di 117 dei 120 minerali industriali più utilizzati al mondo per un valore complessivo che Forbes ha stimato in oltre 14.000 miliardi di euro. Tuttavia, oltre il 70% delle riserve di terre rare del Paese aggredito si troverebbe nel Donbass e nel Dnipropetrovsk, ossia in zone di guerra o comunque sotto controllo russo.
I complessi metallurgici delle regioni annesse da Mosca sono inoltre da tempo rinomati per la produzione di acciaio ad alto contenuto di metalli rari, ideale per la costruzione di veicoli spaziali e altri mezzi ad alte prestazioni.
Kyiv detiene in particolare alcuni dei più grandi giacimenti europei di litio (usato per le batterie ricaricabili) e titanio – oltre a possedere considerevoli riserve di terre rare come il lantano e il cerio, usati per i televisori e l’illuminazione, il neodimio, impiegato nelle turbine eoliche e nelle batterie per veicoli elettrici, nonché l’erbio e lo ittrio, le cui applicazioni spaziano dall’energia nucleare ai laser. Funzionari dell’Unione Europea hanno svelato anche la presenza di riserve di scandio, anche se le quantità sono state classificate.
Le terre rare, in totale 17 (tra cui scandio, ittrio e neodimio), fanno parte di una categoria più ampia che comprende oltre 60 metalli rari, tra cui litio, cesio, molibdeno e tungsteno, oltre ad elementi radioattivi come polonio, uranio e radio. La loro rarità deriva dalla difficoltà di estrazione in forma pura e dalla dispersione nei minerali: la concentrazione di questi elementi nelle rocce è minima, spesso inferiore all’1% (nell’ordine di pochi grammi per tonnellata).
L’amministrazione Trump spinge da settimane per un accordo che garantirebbe a Washington il 50% dei ricavi derivanti da minerali critici, petrolio, gas e partecipazioni in infrastrutture strategiche, come i porti, tramite un fondo di investimento congiunto. Una sorta di risarcimento per gli oltre 100 miliardi di dollari in aiuti finanziari e militari forniti dall’amministrazione Biden per far fronte all’invasione russa.
Nonostante la prima versione della proposta fosse stata respinta dal presidente ucraino Volodymyr Zelensky, lunedì Olha Stefanishyna, responsabile delle relazioni europee e transatlantiche per l’Ucraina, ha confermato su X che le delegazioni sarebbero ormai alle “fasi finali” dei negoziati.
Tuttavia, soprattutto in Ucraina, le giaciture economicamente sfruttabili sono poche, e ogni grammo estratto richiede tecnologie avanzate, impianti di raffinazione, e capitali ingenti – ben superiori ai 500 miliardi di dollari offerti da Washington.
La proposta di Putin in sostanza chiede a Trump di co-finanziare gli investimenti in Russia (e Ucraina), garantendogli una quota proporzionale dei minerali trovati. La Casa Bianca potrebbe essere estremamente interessata, dato che da tempo è alla ricerca di un modo per ridurre la propria dipendenza dalla Cina, che controlla il 75% dei depositi di terre rare nel mondo – e che a dicembre ha vietato l’esportazione di alcuni minerali negli Stati Uniti.
Anche l’Europa è ben lontana dall’autosufficienza: nonostante le terre rare siano fondamentali per sostenere la transizione verso energie rinnovabili e favorire la digitalizzazione, i Ventisette sono anch’essi costretti a importarli quasi tutti da Pechino. Lunedì Bruxelles ha perciò colto la palla al balzo per iniziare a discutere con l’Ucraina di un accordo che, secondo il Commissario europeo per la Strategia industriale Stéphane Séjourné, sarebbe per Kyiv molto più vantaggioso quello formulata dagli statunitensi (i cui dettagli non sono stati ancora svelati).
“Ventuno dei 30 materiali critici di cui l’Europa ha bisogno possono essere forniti dall’Ucraina in un partenariato vantaggioso per tutti”, ha dichiarato Séjourné. “Il valore aggiunto che l’Europa offre è che non chiederemo mai un accordo che non sia reciprocamente vantaggioso”.