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“Bomba atomica contro la Russia”: l’ipotesi ucraina in caso di disimpegno USA

Kyiv riuscirebbe a costruire un mini-arsenale in appena sei mesi. "Potente come a Nagasaki"

Gennaro MansibyGennaro Mansi
Il mistero della telefonata Trump-Putin. Il Cremlino: “Mai avvenuta”. Cosa sappiamo

Ukraine's President Volodymyr Zelensky (left) with former U.S. President Donald Trump at Trump Tower, New York City on September 27, 2024 / Ansa

Time: 3 mins read

L’Ucraina potrebbe dotarsi di una bomba atomica rudimentale “nel giro di pochi mesi” se Donald Trump decidesse di arrestare il flusso di aiuti militari a Kyiv. A rivelarlo è un rapporto preparato per il ministero della Difesa ucraino e svelato giovedì dal Times.

Il documento, secondo il resoconto del quotidiano londinese, spiega che il Paese est-europeo dispone delle conoscenze e delle risorse per un’arma nucleare basilare paragonabile al “Fat Man” sganciato su Nagasaki nel 1945. Benché priva delle infrastrutture per l’arricchimento dell’uranio, l’Ucraina potrebbe sfruttare al suo posto il plutonio ricavato dalle barre di combustibile esausto dei suoi nove reattori nucleari ancora operativi.

Le scorte di Kyiv consentirebbero di realizzare diverse mini-testate tattiche. Queste ultime, pur meno distruttive rispetto alle mega-bombe di superpotenze nucleari come la Russia, riuscirebbero comunque a mettere fuori gioco installazioni militari o logistiche strategiche. E la loro potenza risulterebbe difficile da prevedere con precisione a causa delle diverse composizioni isotopiche del materiale impiegato.

Il capo-dipartimento dell’Istituto Nazionale di Studi Strategici, Oleksii Yizhak, autore del rapporto, sostiene che il sofisticato know-how ucraino consentirebbe di realizzare la bomba in tempi brevi, nonostante le difficoltà tecniche legate all’implosione del plutonio.

“Creare una bomba atomica semplice, come fecero gli Stati Uniti nell’ambito del Progetto Manhattan, non è un compito difficile“, si legge nel documento. “Il peso del plutonio dei reattori a disposizione di Kyiv è stimato in sette tonnellate“, prosegue Yizhak, secondo cui “la quantità è sufficiente per centinaia di testate con una resa tattica di diversi kilotoni (…) che basterebbe per distruggere un’intera base aerea russa o installazioni militari, industriali o logistiche concentrate.”

Il plutonio andrebbe fatto implodere utilizzando “un complicato progetto di esplosione convenzionale con un’elevata velocità dell’onda di detonazione attorno all’intera superficie della sfera di plutonio“.

Lo studio pubblicato dal Centro per l’Esercito, la Conversione e il Disarmo (CDAKR) esplora inoltre la possibilità di uscire dal Trattato di Non-Proliferazione Nucleare (TNP), sottoscritto in base alle garanzie di sicurezza del memorandum di Budapest del 1994.

“La violazione del memorandum da parte della Russia giustifica moralmente e giuridicamente il ripensamento della scelta non nucleare del 1994,” si legge nel documento. Il riferimento è alla scelta dell’Ucraina di consegnare a Mosca tutte le armi nucleari di epoca sovietica – oltre alla flotta del Mar Nero – in cambio della cancellazione di 2,5 miliardi di dollari di debiti su gas e petrolio e della fornitura di combustibile per i suoi reattori nucleari civili.

L’idea di un ritorno alla bomba è stata recentemente sfiorata dallo stesso presidente Volodymyr Zelensky, che avrebbe comunicato al presidente-eletto Trump che, in assenza dell’ombrello NATO, Kyiv potrebbe non avere altra scelta di munirsi di un deterrente nucleare. Il leader ucraino ha peraltro in seguito ridimensionato la dichiarazione, affermando che si trattava solo di un’ipotesi teorica.

Secondo il Wall Street Journal, i consiglieri di Trump starebbero valutando diverse soluzioni per fermare il conflitto russo-ucraino nel più breve tempo possibile – priorità assoluta della politica estera della nuova amministrazione. Una delle idee più discusse consiste nel congelare l’adesione dell’Ucraina alla NATO per almeno vent’anni, in cambio della garanzia dell’assistenza militare USA per prevenire ulteriori aggressioni russe. La proposta comporterebbe inoltre la cristallizzazione dell’attuale linea di contatto e la creazione di una zona demilitarizzata di circa 1.300 chilometri tra le truppe russe e ucraine, una sorta di “terra di nessuno” da affidare alla sorveglianza di quei Paesi europei che, secondo Trump, avrebbero per troppo tempo addossato a Washington l’onere della propria sicurezza regionale.

La maggioranza degli esperti ritiene che per sviluppare una capacità nucleare completa ci vorrebbero almeno cinque anni. Ma gli addetti ai lavori ucraini sostengono di poter costruire i primi missili balistici a lungo raggio entro sei mesi.

“Sono rimasto sorpreso dalla riverenza che gli Stati Uniti hanno per la minaccia nucleare russa”, ha spiegato Yizhak. “Washington tratta le armi nucleari come una specie di Dio. Forse è giunto il momento che anche noi iniziamo a pregarlo”.

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Gennaro Mansi

Gennaro Mansi

Giornalista, si occupa principalmente di affari internazionali e di rapporti tra Occidente e Oriente A journalist with a background in comparative law, Gennaro mainly covers world affairs and West-East relations

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