Dovere di ricordare, lo si dice spesso, lo dicono tutti. Ma si può ricordare solo se si sa. Il diritto alla conoscenza che quel “sognatore” di Marco Pannella voleva fosse sancito nella carta dei diritti fondamentali dell’ONU. Un diritto da difendere e conquistare ogni giorno…
Uno scrittore israeliano conosciuto anche fuori dai confini del suo paese, Eskol Nevo, giorni fa ha scritto una sorta di apologo. Tutto parte da un buffo e insieme fastidioso incidente domestico: la figlia di Nevo ha un sonno profondo, non si sveglia; il padre torna a casa la sera tardi, non ha le chiavi, non riesce a farsi aprire; per farla breve, trascorre la notte in un bar aperto che non chiude mai, assieme alla composita umanità che nel corso delle ore vi transita.
Quando finalmente la ragazza si sveglia e lo scrittore può tornare a casa, “fuori è ancora scuro”. Una metafora: “In un certo senso, penso, tutto quest’anno è stato un’unica lunga notte nera popolata da incubi, calata sugli abitanti di Israele, sugli abitanti di Gaza e sugli abitanti del Libano, a precipitare le loro vite nel buio. È ora che si levi il sole”.
È ora che si levi il sole. Un’alba, almeno, così dicono tanti, consiste nel cessate il fuoco, nel rilascio degli ostaggi rapiti un anno fa, quelli ancora vivi; la creazione di due Stati per due popoli.
Magari l’ordine esatto dovrebbe essere: rilascio degli ostaggi, cessate il fuoco. In quanto ai due Stati: tutti ne parlano, presidenti di Stati e capi religiosi, Pontefice in testa: sembra una formula magica.
Si omette d’aggiungere: “democratici”. I due popoli dovrebbero poter vivere in due Stati democratici. Israele, con il suo milione di contraddizioni e tante gravi, democrazia lo è. Uno Stato palestinese, se per una qualche magia dovesse nascere domani, sarebbe oppresso da Hamas e da chi Hamas sostiene, il regime teocratico iraniano. Tutto meno che una democrazia. Uno Stato sotto il tallone di Hamas non garantisce nulla a nessuno: né a Israele, né ai palestinesi, né a tutto il mondo che si riconosce, sia pure con mille contorsioni e ipocrisie, nei valori e nei principi della libertà, del diritto, della democrazia.
Sempre per quel che riguarda i due popoli e i due Stati, non è così semplice. Omri Boehm, filosofo noto per i suoi lavori su Kant e i suoi scritti su Israele e sul sionismo, professore associato alla New School for Social Research, ci ricorda che nello statuto di Hamas si può leggere che “…l’Ultimo Giorno non verrà finché tutti i musulmani non combatteranno contro gli ebrei, e i musulmani non li uccideranno, e fino a quando gli ebrei si nasconderanno dietro una pietra o un albero, e la pietra o l’albero diranno: o musulmano, o servo di Allah, c’è un ebreo nascosto dietro di me, vieni e uccidilo”.
Per Boehm “la dottrina dei due Stati è diventata un modo per calpestare continuamente i diritti dei palestinesi mantenendo al contempo l’illusione del compromesso”. Aggiunge che “la dottrina dei due Stati è diventata un modo per mantenere una facciata di impegno per la pace, mentre in realtà si sacrifica la pace sull’altare della sovranità nazionale”. Ma che fare, in alternativa all’esistente e a quello che molti invocano?
Una repubblica federale, propone Boehm, consapevole di quanto questo percorso sia irto di difficoltà e faticoso e lungo. Ma questo non annulla il fatto che “la dottrina dei due Stati è diventata una farsa”. Infine: “la pace può essere pensata solo assieme alla possibilità che, un giorno, la cittadinanza della regione sia condivisa, o almeno si arrivi a una Costituzione comune che ponga la dignità e i diritti umani al di sopra della sovranità nazionale… Una federazione”.
Chi saremo?, si è domandato lo scrittore David Grossman. La risposta, dice Boehm, è “essere disposti a stare insieme e a dire: noi abitanti di questo territorio, incarneremo gli ideali che preservano la pacifica convivenza”. In buona sintesi, la triade: libertà, diritto, democrazia.
Quello che diceva, e per cui si batteva, Marco Pannella. Boehm e Pannella, dunque, due “sognatori”. Magari qualcuno penserà che si tratterebbe di un miracolo. A questo punto è uno dei padri fondatori d’Israele, David Ben Gurion, a venirci in soccorso: per essere realisti, occorre credere ai miracoli.