In principio fu Zaporizhzhia. Nel suo intervento all’Assemblea generale delle Nazioni Unite, mercoledì, il presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha scelto di esordire con uno degli episodi più spinosi dell’aggressione russa: il giorno in cui i carri armati di Mosca aprirono il fuoco contro la più grande centrale nucleare d’Europa, sfiorando la catastrofe ambientale.
“L’esercito russo ha preso d’assalto l’impianto in maniera brutale, senza nemmeno pensare alle conseguenze potenzialmente disastrose“, ha detto Zelensky, che lo ha definito senza esitazioni “uno dei momenti più orribili della guerra”. La drammaticità dell’episodio, ha spiegato, è il motivo per cui la sicurezza nucleare è assurta a pietra cardinale della formula di pace avanzata da Kyiv: “La maggior parte del mondo capisce cosa c’è in gioco“.
Il discorso si è poi soffermato sui pesantissimi raid russi contro l’infrastruttura energetica ucraina. “Putin vuole spezzare lo spirito ucraino” distruggendo le centrali termiche e gran parte della capacità idroelettrica del Paese invaso. “È il suo modo di prepararsi all’inverno, sperando di tormentare milioni di ucraini lasciandoli al buio, costringendoli a soffrire e a morire“.
Il presidente ucraino sostiene inoltre di aver ricevuto informazioni che rivelano un presunto piano russo per bersagliare anche siti nucleari dell’Ucraina centro-orientale. Un’idea che, a suo avviso, porterebbe a una “catastrofe nucleare” senza quartiere, dal momento che, fa lapalissianamente notare, “le radiazioni non rispettano i confini degli Stati“.
In un discorso dal tono duro e deciso, Zelensky si è quindi soffermato sulla tragica situazione che affligge da oltre due anni e mezzo il popolo ucraino. Sono i bambini ucraini a “imparare a distinguere i suoni dei diversi tipi di artiglieria e droni“. Sono le famiglie ucraine a venire brutalmente separate perché “Putin ha deciso di poter fare quello che vuole“. Ogni Paese confinante con la Russia, ha spiegato, avverte la minaccia di un conflitto che potrebbe estendersi. “Questo è il motivo per cui diciamo che non può esserci una pace giusta senza l’Ucraina. E dobbiamo ritirare gli occupanti russi per porre fine alle ostilità“.
Ma per arrivare a una pace giusta, Zelensky ha identificato un ostacolo nell’assetto attuale del Consiglio di Sicurezza ONU. “La pace deve essere reale, una pace giusta”, ha dichiarato, aggiungendo: “Purtroppo all’ONU è impossibile risolvere davvero e in modo definitivo le questioni di guerra e pace perché troppo dipende dal potere di veto“. Quando è l’aggressore a esercitare il veto, le sue parole, la comunità internazionale istituzionalizzata è impotente nel fermare un conflitto.
Un tema che Zelensky aveva ribadito con forza anche nel suo intervento al medesimo Consiglio di Sicurezza di poche ore prima. In quell’occasione, aveva denunciato come la Russia potesse essere “costretta alla pace” solo con azioni concrete, aggiungendo che la guerra in Ucraina non dovesse cadere in secondo piano nonostante l’attenzione globale si stesse rivolgendo verso altri conflitti come quelli di Gaza, Sudan e Myanmar.

Zelensky ha ricordato che quasi cento nazioni e organizzazioni internazionali hanno espresso appoggio alla sua proposta di pace. Tra questi, ha detto, ci sono ordinamenti che hanno vissuto conflitti in prima persona ma anche nazioni storicamente abituate alla pace. “Condividono tutti lo stesso concetto: deve essere una pace giusta e reale“.
Critiche sono arrivate per gli altri piani di pace (in primis quello della Cina, giudicato eccessivamente filo-russo) che, secondo lui, non solo ignorano la sofferenza del popolo ucraino ma inquinano il dibattito, offrendo a Putin un pretesto per continuare a combattere. “Forse qualcuno vuole un premio Nobel invece di una pace reale“. Ma l’unico premio che Putin è disposto a consegnare sarà “ancora più sofferenza e disastri“.
Nei prossimi giorni il leader ucraino incontrerà separatamente l’omologo statunitense Joe Biden e la candidata presidenziale democratica Kamala Harris per presentare il suo “piano di vittoria”. Non l’ex presidente repubblicano Donald Trump, che nelle scorse ore pare essersi smarcato. Secondo alcune indiscrezioni, la proposta di Zelensky sarebbe articolata in cinque punti e prevederebbe il via libero all’impiego di missili a lungo raggio occidentali per colpire in profondità nel territorio russo; un incremento degli aiuti militari e finanziari (tanto da Washington quanto dall’Europa), e l’accelerazione delle procedure di ingresso nell’Unione Europea e nella NATO.
Prima ancora del quarto d’ora di Zelensky al Palazzo di Vetro a New York, da Mosca era già arrivato un secco rifiuto delle tesi ucraine. Nella forma, ormai consueta, dell’anatema: “Costringere la Russia alla pace sarebbe un errore fatale”, aveva detto in una conferenza stampa mattutina il portavoce del Cremlino Dmitrij Peskov. “La Russia è favorevole alla pace, ma a condizione che venga garantita la sua stabilità e che vengano raggiunti gli obiettivi dell’operazione militare speciale“, aveva aggiunto.
Obiettivi che, secondo il ministro degli Esteri russo Sergej Lavrov, giunto sull’Hudson per partecipare all’Assemblea generale in vece di Vladimir Putin (su cui pende un mandato di cattura internazionale per crimini di guerra), sono in gran parte già alla portata. “Raggiungeremo la vittoria, non abbiamo dubbi. L’Occidente deve capire che perderà“, le parole del capo della diplomazia russa in un’intervista alla TASS.