Un imprenditore israeliano di 73 anni, Moti Maman, è stato arrestato lo scorso mese con l’accusa di aver pianificato per conto dell’Iran l’assassinio del primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu, del ministro della Difesa Yoav Gallant e del capo dello Shin Bet, Ronen Bar
Nel comunicato congiunto pubblicato giovedì da intelligence e polizia dello Stato ebraico, si legge che Maman si sarebbe recato per ben due volte nella Repubblica Islamica, là dove avrebbe ricevuto istruzioni e pagamenti per portare a termine delle missioni a favore di Teheran.
Gli inquirenti hanno scoperto che Maman, residente ad Ashkelon, avrebbe vissuto a lungo in Turchia e proprio nel Paese eurasiatico avrebbe stabilito legami con alcuni cittadini turchi e iraniani vicini ai pasdaran. Ad aprile, con l’aiuto di due mediatori turchi, Andrey Farouk Aslan e Junayd Aslan, Maman avrebbe accettato di incontrare un imprenditore iraniano di nome ‘Eddy‘ per discutere di non meglio precisati affari privati. L’appuntamento, concretizzatosi qualche giorno dopo nella città turca di Samandag, avrebbe secondo lo Shin Bet posto le basi per la collaborazione di Maman con il regime teocratico.
Dopo il primo contatto con gli emissari iraniani, a maggio Maman sarebbe tornato in Turchia, incontrando nuovamente gli intermediari locali e alcuni rappresentanti inviati da Eddy e contestualmente sarebbe entrato illegalmente in Iran attraverso la frontiera vicino alla città turca di Van. In territorio iraniano, il 73enne israeliano avrebbe incontrato Eddy e un uomo di nome Khwaja, presentatosi come membro delle “forze di sicurezza iraniane”.
In questa occasione Eddy avrebbe proposto a Maman di eseguire alcune missioni per conto dell’Iran. Compiti apparentemente di basso livello, come depositare denaro o una pistola in luoghi specifici nello Stato ebraico, fotografare aree affollate e minacciare altri cittadini israeliani al soldo dell’Iran.

Secondo lo Shin Bet, Maman avrebbe espresso piena disponibilità e, tornato in Israele, si sarebbe messo all’opera. A distanza di qualche mese, in agosto, si sarebbe nuovamente introdotto clandestinamente in Iran nascosto all’interno di un camion per ricevere nuove mansioni – questa volta di livello decisamente superiore: l’assassinio del premier Netanyahu, del suo ministro della Difesa Gallant e del capo del Shin Bet Bar.
In ragione della mole di lavoro e del rischio connesso, Maman avrebbe stavolta chiesto un pagamento anticipato di un milione di dollari – bloccando di fatto l’operazione, a causa della netta opposizione degli agenti iraniani. Ma non si sarebbe parlato solo dei piani omicidi. Maman era stato incaricato di portare a termine tutta un’altra serie di piccole commissioni – come depositare denaro in Israele per altri agenti iraniani e reclutare membri del Mossad come doppi agenti. E prima di lasciare l’Iran per la seconda volta, avrebbe ricevuto 5.000 euro in contanti – con la promessa di tornare a discutere degli assassini di alto profilo.
Non ci sarebbe però stato alcun nuovo contatto, perché al suo ritorno in Israele la polizia era già sulle sue tracce, pronta ad arrestarlo. “È un bene che mi abbiate arrestato, non so dove sarei potuto arrivare”, avrebbe confessato lo stesso Maman durante l’interrogatorio. L’avvocato, Eyal Besserglick, sostiene che il suo assistito abbia commesso un banale “errore di giudizio” e che starebbe collaborando pienamente con le autorità. Dopotutto, sostiene il legale, i suoi figli prestano servizio nelle forze di sicurezza israeliane ed egli stesso ha sempre aiutato i servizi di sicurezza del Paese, senza alcuna intenzione di compiere gesti eclatanti.
Il modus operandi è tutt’altro che inusitato. Da decenni l’intelligence iraniana lavora incessantemente per reclutare cittadini israeliani (e viceversa). Un alto funzionario del Shin Bet, citato dal Times of Israel, ha definito la vicenda “un caso gravissimo” e sottolineato che anche semplici contatti commerciali di cittadini israeliani con elementi vicini a Teheran rappresentano una grave minaccia per la sicurezza nazionale.
Specialmente in questi mesi, con Tel Aviv ormai sull’orlo di una guerra totale con la milizia pro-iraniana di Hezbollah in Libano a seguito delle decine di morti e le migliaia di feriti provocate da remoto dagli israeliani, che hanno fatto esplodere migliaia di cercapersone e walkie-talkie utilizzati dalla milizia sciita per comunicare in clandestinità. Appena pochi giorni fa, tra l’altro, Tel Aviv aveva denunciato un presunto complotto di Hezbollah per assassinare ex alti funzionari della difesa, tra cui Moshe Ya’alon, ex capo di stato maggiore delle Forze di Difesa Israeliane.