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Dal mondo arabo all’Occidente: tante parole (e pochi fatti) su Gaza

Anche il vertice dei Paesi musulmani a Riad si conclude con un buco nell'acqua. Mentre nella Striscia si muore

Eric SalernobyEric Salerno

Nayef al-Sudairi, Saudi Arabia's first-ever Saudi ambassador to the Palestinian Authority, right, listens to Palestinian Prime Minister Mohammad Shtayyeh, during their meeting in the West Bank city of Ramallah, 27 September 2023 ANSA/EPA/Majdi Mohammed / POOL POOL PHOTO

Time: 3 mins read

“Parole, parole, parole, soltanto parole”. La famosa canzone della italianissima Mina potrebbe servire per descrivere il risultato del vertice congiunto della Lega araba e dell’Organizzazione per la cooperazione islamica nella capitale saudita. Sabato scorso, l’11 novembre, i leader arabi e musulmani hanno condannato le azioni “barbare” delle forze israeliane a Gaza, ma non sono riusciti a trovare e approvare misure economiche e politiche punitive per cercare di fermare i massicci bombardamenti della Striscia e, soprattutto per bloccare quello che appare sempre di più come un’operazione militare che oltre a eliminare leader e militanti dell’organizzazione islamica estremista punta a creare un nuovo assetto del territorio.

“Parole, parole, parole, soltanto parole”, un ritornello che passa dal mondo islamico a quello europeo, dagli Stati Uniti alla Russia. Nessuno sa come fermare la guerra, nessuno sa cosa fare con il popolo palestinese. Dopo settanta e passa anni, uno degli aspetti del  problema è lo stesso. Nella pratica, per i leader dei paesi arabi, impegnati quasi ovunque a soffocare il pericoloso dissenso interno, il problema palestinese non è mai esistito e non esiste nemmeno oggi. E ciò vale anche per buona parte del mondo islamico. E’ cambiato anche il rapporto di questi paesi con Israele diventato, negli anni, economicamente e spesso militarmente legati al governo e all’industria bellica israeliani. Nessuno è interessato – e questo è positivo – all’allargamento del conflitto. Il popolo israeliano è in uno stato di choc e il suo attuale governo, una estrema destra spesso messianica e pericolosa, è pronto a usare della sua superiorità militare per schiacciare quelle forze arabe che potrebbero schierarsi con il popolo palestinese. Anche oggi da Tel Aviv sono arrivate nuovi minacce al Libano. Hezbollah continua a lanciare attacchi contro il nord di Israele. Morti e feriti nuovi. Abitanti di villaggi israeliani costretti a chiudersi nei rifugi. “Se dovessero continuare le provocazioni”, Israele è pronta a colpire a fondo il movimento sciita vicina all’Iran. E, minaccia il ministro della difesa di Tel Aviv, trasformare Beirut, il Libano, in un’altra Gaza.

La dichiarazione finale del vertice in Arabia Saudita ha respinto le affermazioni israeliane secondo cui sta agendo in “autodifesa” e ha chiesto che il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite adottasse “una risoluzione decisiva e vincolante” per fermare l'”aggressione” di Israele. Parole. Israele poche volte da quanto esiste come stato ha rispettato una risoluzione dell’Onu e fino a quando gli Stati Uniti, per voce del suo presidente Biden, continua a sostenere Netanyahu e il suo governo di destra lanciando al massimo messaggi di preoccupazione per il numero dei morti palestinesi – uomini, donne e bambini – che cresce, la guerra andrà avanti. E potrebbe estendersi non solo al Libano ma anche alla Cisgiordania dove le truppe israeliane e i coloni messianici sono sempre più attivi contro la maggioranza palestinese.

An Israeli artillery unit fires during a military drill in the annexed Golan Heights near the border with Lebanon, 02 November 2023 ANSA/EPA/AYAL MARGOLIN ISRAEL OUT

È un settore, la West Bank, sotto gli occhi di tutti. Netanyahu fa capire che Israele intende mantenere il controllo militare su Gaza per un periodo indefinito. Esponenti del suo governo dicono che vedrebbero di buon occhio nuovi insediamenti, colonie ebraiche, al posto dei villaggi, campi profughi e città palestinesi nella striscia. La parola pulizia etnica non è stata pronunciata finora ma attori e osservatori nel conflitto pensano a una nuova Nakba, l’olocausto dei palestinesi, e alla possibile cacciata dell’intera popolazione araba della Cisgiordania (oltre a quella di Gaza) dal territorio che per molti israeliani è considerata la “terra promessa”. Netanyahu cerca di tranquillizzare la comunità internazionale ma fin dall’inizio dei bombardamenti ha fatto capire che per la popolazione di Gaza, il Sinai egiziano potrebbe essere un luogo sicuro. Per i coloni israeliani messianici della Cisgiordania, il futuro dei palestinesi è segnato: devono andarsene. Dove? In Giordania.

Lunedì, altre parole, parole, parole. Questa volta dai ministri degli Esteri dell’Unione europea. Hanno deplorato il peggioramento della situazione e chiedono “pause immediate e corridoi umanitari per affrontare la terribile situazione del popolo a Gaza”. “I pazienti negli [ospedali di Gaza] di terapia intensiva non hanno alcuna possibilità. Non c’è ossigeno, non c’è acqua, non ci sono medicine, quindi queste persone moriranno”, ha detto il ministro degli Esteri lussemburghese Jean Asselborn. In segno di equilibrio, domenica gli stati dell’UE hanno rilasciato una dichiarazione congiunta in cui hanno ripetuto la loro condanna dell’uso di “civili come scudi umani da parte di Hamas”.

Health personnell carry an injured evacuee from Gaza on a stretcher at a hospital in Arish, Egypt, 01 November 2023 ANSA/EPA/KHALED ELFIQI

Tra un bombardamento e l’altro, tra i missili che vanno e vengono, in mezzo ai comunicati che si rincorrono, altre parole dal ministero della difesa israeliano vorrebbero essere positive. “Storico accordo firmato per l’acquisizione del sistema “David’s Sling” da parte della Finlandia”. “Il David’s Sling è uno dei sistemi leader a livello mondiale per l’intercettazione di minacce avanzate, tra cui missili balistici, missili da crociera, aerei e droni. Il sistema ha dimostrato capacità ad alte prestazioni nella guerra in corso in una serie di scenari impegnativi”. L’accordo, specifica il ministero, vale circa 317 milioni di euro.

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Eric Salerno

Eric Salerno

Giornalista ed esperto di questioni africane e mediorientali, è stato corrispondente de 'Il Messaggero' da Gerusalemme per quasi trent'anni.

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