Pensare che la Gran Bretagna era uno dei paesi del mondo sviluppato con il record migliore in termini di tagli alle emissioni di gas a effetto serra – anche grazie allo stop all’uso del carbone. Adesso il governo di Londra è bersaglio delle critiche: il premier conservatore Rishi Sunak ha annunciato modifiche a diverse strategie considerate cruciali per l’obbiettivo delle zero emissioni entro il 2050.
Rimandato di 5 anni, fino al 2035, il bando delle nuove automobili con motore a combustione. Rinviata anche la diminuzione degli scaldabagni a gas domestici. I proprietari di casa non avranno più l’obbligo di isolare gli edifici per l’efficientamento energetico. Secondo Sunak, decisioni che faranno risparmiare soldi alle famiglie (e che ovviamente sono ben accolte da molti, soprattutto industriali e possessori di case), e che non impatteranno sul raggiungimento dell’obbiettivo zero emissioni.
L’ex vicepresidente degli Stati Uniti Al Gore – premio Nobel per la pace per il suo impegno sul fronte climatico – è stato subito fra i critici più virulenti: sono decisioni che provocano “shock e delusione”. “Penso abbia fatto la cosa sbagliata” ha detto alla CNN. “Ho sentito la frase “estremo disgusto” da molti amici britannici, anche nel partito conservatore”. In inglese, utter disgust: espressione così brit e così chiara. “Alcuni dei giovani in UK” prosegue Gore “si sentono pugnalati alle spalle”. E ancora: “Non sono un cittadino di quel sistema, ma da una prospettiva globale, non è quello di cui il mondo ha bisogno dal Regno Unito”.

Le decisioni di Sunak hanno provocato stupore e disagio fra i delegati riuniti a New York per una conferenza Onu sul clima (a cui il premier britannico, rimasto a Londra invece di andare al Palazzo di Vetro per l’Assemblea generale in corso in questi giorni, non ha ovviamente partecipato).
“Rishi Sunak” dice Ruth Davis, già consigliera della squadra britannica quando Londra ospitò la Cop26, “in una botta sola si è inimicato i suoi alleati strategici, ha esposto i suoi cittadini a costi più alti prolungando la dipendenza dal gas, e ha segnalato che la Gran Bretagna non è un posto sicuro dove investire nelle tecnologie pulite. Le comunità degli affari e della sicurezza qui sono perplesse”.
“È chiaro che questa mossa aiuta davvero poco in questo momento critico” dice, citato dal Guardian, Alden Meyer, esperto di politiche del clima al think tank di Washington E3G. “La Gran Bretagna era considerata un leader per i suoi impegni in questo settore e il primo ministro sta mandando esattamente il segnale sbagliato. Non so molto di politica britannica ma non capisco come questo possa piacere agli elettori. Come si può pensare che far vivere la gente in case piene di spifferi sia un messaggio elettorale vincente? Non capisco”.
Sul fronte europeo, dove la Gran Bretagna post Brexit è considerata un caso perso, gli ambientalisti sono comunque colpiti al cuore. Si va alle elezioni fra un anno oltre Manica – una delle tante elezioni che avvelenano il clima politico in questi mesi e condizionano le strategie nazionali e globali. Colpisce però il contrasto: mentre Sunak parlava a Londra, a Parigi re Carlo III giunto in visita al presidente Emmanuel Macron parlava della necessità di “proteggere la biodiversità e lottare contro il cambiamento climatico”. Uno degli aspetti più simpatici del monarca britannico è sempre stato il suo impegno profondo – quasi utopistico – per i temi ambientali e le costruzioni sostenibili. La prossima udienza a Buckingham Palace rischia di essere – per usare un altro termine molto brit – frosty.
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