Tutti ripetono che è una “Ground Zero” in mezzo all’oceano. Un mondo diviso tra paradiso e inferno. Joe Biden cammina a fatica fra i crateri di cenere tenendo per mano la First lady Jill con al fianco il governatore dell’isola.
La parte di Maui divorata dalle fiamme ha trasformato la cittadina di Lahaina in quella che è già stata definita una “Pompei nel Pacifico”.
Ai lati della strada, con l’asfalto sciolto dal calore, solo carcasse di auto come in un terrificante paesaggio post-bellico. Peggio dell’Ucraina bombardata. Biden tocca con mano i metalli carbonizzati e sa che oltre alle 115 vittime accertate fra le montagne di detriti che sembrano tanti strati uno sopra l’altro ci sono ancora i corpi sicuramente polverizzati di altre 850 persone disperse, molte delle quali anziane. Sembra una vera Ground Zero nell’Oceano. Le squadre di soccorso con gli speciali cani da valanga hanno individuato scheletri umani completamente carbonizzati e quello di un ragazzino di 14 anni arso vivo abbracciato al suo cane.
Molti corpi si sono polverizzati e così com’è successo sotto le ceneri dell’11 settembre saranno molto difficili da identificare.

L’isola è divisa oggi beffardamente in due: verde oltre l’autostrada dove c’è ancora la vita e i superstiti e dove le fiamme non sono arrivate e l’altra totalmente incenerita e deserta sul versante ovest. “Sono con voi e faremo tutto quello che serve – dice commosso Biden abbracciando il governatore più commosso di lui -. La ricostruzione la faremo insieme a voi sarete voi a guidarla…Costi quello che costi”. Le stime parlano di alcuni miliardi di dollari.
Il governo federale ha spedito i primi aiuti massicci a poche ore dalla dichiarazione dello stato di calamità, ma gli hawaiani senza casa hanno ricevuto fino ad ora solo 700 dollari a testa per le prime necessità. Il capo dei sistemi di sicurezza dell’isola si è dimesso dopo aver difeso la decisione di non far suonare le sirene per far scattare immediata l’evacuazione. A reggersi ancora in piedi quasi cinicamente in mezzo alla devastazione e alla cenere sono le potenti torri di metallo con le sirene d’allarme piazzate negli ultimi anni per favorire la fuga preventiva in caso dii Tsunami, che però beffardamente col fuoco non sono scattate.
Ma oltre all’esplosione di una centrale elettrica obsoleta detonatore della tragedia, complici le alte temperature e i venti provocati dai cambiamenti climatici, è soprattutto l’errore umano e la mancanza di controlli sui protocolli d’emergenza che viene considerato tra grandi responsabili del disastroso rogo del Pacifico. Ma anche l’intera rete elettrica americana spesso priva di sistemi di prevenzione e sospesa ai grandi pali di legno retaggio della seconda guerra mondiale, senza essere alimentata da un sistema energetico sotterraneo, è una delle grandi piaghe nell’America del ventunesimo secolo. La prova in queste ore a Los Angeles dove le piogge torrenziali e gli uragani hanno costretto all’evacuazione un ospedale per bambini rimasto senza energia elettrica e non in grado di funzionare nemmeno con i gruppi elettrogeni.
Maui adesso, soprattutto se il suo carico di vite umane dovesse raggiungere il migliaio – perché non c’è alcuna speranza di trovare qualcuno vivo dopo le fiamme -, potrebbe diventare un nuovo laboratorio per la rinascita di uno Stato considerato spesso un paradiso troppo lontano.