“Signor presidente, i russi stanno cercando di ucciderla“.
Non avrebbe usato tanti giri di parole il direttore della CIA Bill Burns, che nel gennaio 2022 – un mese prima dell’invasione – sarebbe stato incaricato dalla Casa Bianca di recarsi a Kyiv per comunicare a Volodymyr Zelensky le scottanti indiscrezioni raccolte dall’intelligence USA.
In un serrato (e segreto) faccia-a-faccia con il presidente ucraino, Burns avrebbe ‘svelato’ in primis quello che oramai era divenuto il segreto di Pulcinella – ossia che Mosca stesse per invadere l’Ucraina. A dimostrarlo le immagini satellitari raccolte dalla società privata Maxar Technologies sulle circa 200.000 truppe ammassate dal Cremlino al suo confine orientale fin dalle ultime settimane del 2021.
Gli avvertimenti avevano però anche natura personale, dato che per favorire un rapido regime change i russi avrebbero accuratamente studiato una rosa di piani per far fuori Zelensky, da rimpiazzare all’occasione con un leader-fantoccio manovrato di fatto dal Cremlino.

Le succitate sono solo alcune delle rivelazioni contenute nel saggio The Fight of His Life: Inside Joe Biden’s White House dell’analista Chris Whipple, uno dei più autorevoli esperti d’intelligence e servizi segreti negli Stati Uniti. Ed è proprio Whipple a spiegare come Burns fosse stato autorizzato da Biden in persona a incontrare Zelensky per “metterlo al corrente della realtà dei fatti” e condividendo tutti i dettagli dei complotti russi per assassinarlo.
“Ciò attirò immediatamente l’attenzione di Zelensky, che venne colto alla sprovvista e sobillato dalla notizia”, scrive Whipple nel libro. Un netto cambio di passo rispetto ai giorni passati, nei quali la leadership ucraina si era dimostrata scettica rispetto al catastrofismo degli americani ed aveva bollato le rivelazioni di Washington sull’invasione russa alla stregua di una sindrome di Cassandra.
A meno di un mese dall’invasione, Zelensky lamentava come l’allarmismo statunitense stesse “costando molto agli ucraini” in termini economici, facendo fuggire gli investitori dal Paese est-europeo. La tesi di Kyiv allora era che Mosca stesse solamente esercitando una “pressione psicologica” per testare i nervi degli avversari – come d’altronde riteneva anche la maggioranza delle agenzie di intelligence occidentali.
Di tutt’altra opinione invece gli statunitensi, che si erano spinti fino a condividere dati iper-sensibili per ‘sbugiardare’ Mosca (che nel frattempo smentiva) e avvertire l’opinione pubblica su ciò che sarebbe successo di lì a poco.

Eppure la meticolosità dei report statunitensi, a quanto pare, avrebbe convinto il capo di Stato ucraino dell’immediatezza e concretezza del pericolo.
Burns – sostiene Whipple – avrebbe illustrato profeticamente a Zelensky una “bozza del piano di invasione di Putin“, spiegandogli come le truppe russe contassero di conquistare con un blitzkrieg l’aeroporto Antonov a Hostomel’, periferia nord-ovest della capitale, per poi usarlo come avamposto per un assalto decisivo a Kyiv e ai palazzi del potere – invisi a Mosca sin dai tempi della rivoluzione (anti-russa) di Euromaidan del 2014.
Anticipazioni che, in parte, hanno consentito agli ucraini di prepararsi per tempo prima dell’invasione del 24 febbraio, costringendo i russi a un clamoroso ‘smacco’: abbandonare le velleità di regime change per concentrarsi sulle annessioni territoriali nel Donbass e nell’Ucraina meridionale. E che, personalmente, avrebbero permesso a Zelensky di sopravvivere a più di una decina di tentativi di omicidio.