‘Sicurezza’. È stato questo il concetto più usato (per ben 73 volte) dal presidente cinese Xi Jinping nell’attesissimo discorso di apertura del XX Congresso del Partito Comunista, apertosi domenica mattina (ora di Pechino) e destinato ad affidargli un terzo mandato presidenziale, consacrandolo come uomo più potente della storia recente cinese dopo Mao Zedong.
Nell’enorme Grande Sala del Popolo, davanti a circa 2.300 delegati provenienti da ogni provincia del Paese, il 69enne Xi si è soffermato sulla necessità di sviluppare “un esercito di livello mondiale“, elogiando al contempo le rigide misure adottate per contrastare il Covid-19 e ribadendo l’ineluttabilità dell’annessione di Taiwan.
In un discorso durato meno del previsto (poco meno di due ore), Xi ha definito i cinque anni trascorsi dall’ultimo congresso del 2017 come “assai eccezionali e anormali”. “Dobbiamo rafforzare la nostra resistenza alle difficoltà, rispettare i nostri valori fondamentali, essere pronti al rischio anche quando non c’è alcuna minaccia, saper affrontare una giornata piovosa e resistere a burrasche e onde alte”, ha affermato il leader cinese, il cui stile comunicativo è caratterizzato da un largo uso di metafore.

Ma è sul dossier Taiwan che Xi ha ricevuto il più fragoroso scroscio di applausi. La riunificazione “della patria ci sarà e sarà sicuramente realizzata”, ha affermato il segretario del PCC, che ha altresì sottolineato come Pechino abbia già “dimostrato grande capacità contro l’indipendenza” dell’isola contesa.
La Cina considera Taiwan una “provincia ribelle”, destinata ad essere annessa al territorio continentale nel prossimo futuro. Due mesi fa la Casa Bianca ha però promesso a Formosa il pieno sostegno militare statunitense in caso di attacco cinese – pur continuando a riconoscere la Repubblica popolare cinese (quella di Pechino) quale unica Cina legittima tra le due, in ossequio alla cosiddetta “politica di una sola Cina” (one-China policy).
Nel suo discorso Xi ha citato l’esempio di Hong Kong, che grazie all’intervento cinese è passata “dal caos alla stabilità”. Il “caos” in questione è quello delle proteste pro-democrazia scoppiate nel 2019, dopo che Pechino aveva imposto una legge draconiana sulla sicurezza nazionale che di fatto annullava l’autonomia della città Stato. Settimane di manifestazioni che sono state però soppresse dalle autorità pechinesi (e dal Governo-satellite locale), portando la cosiddetta “stabilità”.

Quanto al capitolo Covid-19, Xi ha difeso la necessità delle misure draconiane di Pechino per contenere la pandemia. “Abbiamo aderito alla supremazia del popolo e alla supremazia della vita, abbiamo aderito alla dinamica zero-Covid… e abbiamo ottenuto importanti risultati positivi nella prevenzione e nel controllo generale dell’epidemia e nello sviluppo economico e sociale”, ha detto Xi. Giovedì scorso le stesse misure anti-Covid erano state contestate in una rara ed eclatante protesta pubblica che criticava il “dittatore” Xi e il suo Governo.
Sul fronte interno, Xi ha inoltre accennato ai conflitti intestini del sistema politico cinese, affermando che la sua leadership ha “eliminato i gravi rischi nascosti nel partito”. Ha quindi ribadito il suo sostegno al mercato e al settore privato, anche se declinato nella sua versione cinese (“sistema economico socialista”) concentrata sulla “prosperità condivisa”.
Il congresso, iniziato domenica mattina, si concluderà settimana prossima con l’assegnazione di un terzo mandato a Xi come presidente della Commissione militare centrale e, soprattutto, a segretario generale del partito. All’indomani della conclusione del congresso Xi svelerà il suo nuovo Comitato permanente del Politburo, tra cui il premier che succederà a Li Keqiang.