Non c’è pace per Twitter: dopo la maxi-offerta di acquisto di metà aprile da parte di Elon Musk (per una cifra complessiva di 44 miliardi di dollari), il titolo ha perso più del 20% nell’ultimo mese a causa del tira-e-molla tra management aziendale e Musk.
L’ultimo e clamoroso colpo di scena è arrivato lunedì: il miliardario patron di SpaceX e Tesla si è detto pronto a ritirare la sua offerta per colpa della presunta reticenza di Twitter a comunicare i dati reali sui profili fake e spam.
La società di San Francisco e il CEO Parag Agrawal sostengono infatti che solo il 5% dei circa 230 milioni di account sulla piattaforma sarebbero fake o spam, non nascondendo però la possibilità di una sottostima. Volendoci vedere chiaro, il 13 maggio Musk ha comunicato (ironicamente proprio con un tweet) di aver congelato la sua proposta di acquisto, per comprendere il numero effettivo di account “spazzatura” rispetto a quelli monetizzabili.
La minaccia di abbandonare il deal sul più bello è contenuta in una lettera inviata dai legali di Musk alla Securities and Exchange Commission statunitense, istituzione di vigilanza di Wall Street, lo scorso 6 giugno. L’équipe di avvocati dell’uomo più ricco del mondo ha affermato che Twitter si è resa disponibile a comunicare esclusivamente alcuni dettagli sui metodi di conteggio degli account fasulli, ma non i dati veri e propri. Ad opinione degli avvocati, ciò equivarrebbe a una “violazione materiale” dell’accordo di fusione, il quale darebbe invece a Musk il diritto di consultare i dati grezzi.
In conseguenza di tutto ciò, si legge, “il signor Musk si riserva tutti i diritti derivanti (dalla supposta violazione), compreso il diritto di non perfezionare la transazione e il suo diritto di rescindere l’accordo di fusione“. Laconica la replica di Twitter: “Continuiamo a collaborare”.

A livello legale, non è chiaro se il miliardario sudafricano abbia effettivamente il diritto di tirarsi indietro. Il merger agreement sottoscritto con il management di Twitter gli consente una tale possibilità in caso di “effetti avversi materiali” provocati dalla società, ovverosia un sostanziale peggioramento delle condizioni commerciali o finanziarie del social network. Il rifiuto di comunicare i dati grezzi sugli account fake non sembrerebbe rientrare in tale casistica.
Più probabile che quella di Musk sia una tattica negoziale per spingere il CdA a rinegoziare il prezzo inizialmente pattuito. Il valore nominale delle azioni del gigante social si aggira infatti sui 40 dollari. Un prezzo significativamente inferiore rispetto a quanto promesso da Musk, ossia 54,20 dollari, che permetterebbe al paperone di Tesla e SpaceX di prendersi Twitter con un sostanzioso risparmio.