Al porto di Odessa 25 tonnellate di grano sono ferme da giorni, stipate nei silos e in attesa di essere messe sul mercato. Immediata conseguenza della guerra scatenata dalla Russia, che proprio ad Odessa – assieme a Mariupol’ e alla regione russofona del Donbass – ha concentrato le proprie operazioni militari dopo il fiasco della campagna di Kyiv.
Ai russi prendere il Donbass serve ad annettere la regione economicamente più florida e russofila dell’Ucraina; prendere Mariupol’ serve a saldare geograficamente il suddetto Donbass con la Crimea, de facto russa dal 2014.
E Odessa, invece, a cosa/chi serve?
L’importanza della città ucraina meridionale è di carattere eminentemente economico-commerciale. Quarta città più popolosa del Paese est-europeo, Odessa è il principale sbocco dell’Ucraina sul Mar Nero. Da qui transita gran parte dell’export ucraino, compreso l’oro giallo di Kyiv: il grano, di cui l’Ucraina è il quinto produttore mondiale e il terzo europeo (dopo Russia e Francia). Prendere Odessa, insomma, equivale ad annientare la (già disastrata) economia ucraina.

Da giorni si susseguono i bombardamenti aerei delle truppe di Mosca, mentre le acque del Mar Nero nei pressi della costa ucraina sono ormai diventate campo di battaglia navale disseminato di mine. La guerra ha congelato l’export di grano ucraino, con effetti catastrofici per il mercato delle materie prime.
A pagarne le conseguenze più dure sono stati alcuni Stati in via di sviluppo che importano buona parte del loro fabbisogno da Ucraina e Russia: tra questi l’Egitto, dove il regime di al-Sisi ha imposto a fine marzo un prezzo fisso sul pane per contenere l’impennata dei prezzi. Ma ci sono pure Somalia, Indonesia, Senegal, Laos, Congo, Sudan. Non ne sono esenti nemmeno Stati come l’Italia, dove il costo del frumento duro (usato per la pasta) è salito del 90%.
Come riportano gli analisti, la crisi del pane è stato uno dei dossier più spinosi affrontati nella riunione dei ministri degli Esteri del G-7 in Germania. Tante ipotesi – trasferire i carichi su rotaia o su strada. Una sola certezza – la necessità di mediare col Cremlino per “sbloccare” Odessa. La negoziazione con Mosca non sarebbe diretta, ma intermediata da un Paese terzo o da un’organizzazione internazionale. Forse proprio uno degli Stati africani o asiatici che dipendono maggiormente dall’import di grano russo e ucraino.
Sullo sfondo il rischio di un disastro globale, paventato dal ministro degli Esteri ucraino Dmytro Kuleba: “Se non possiamo esportare i prodotti agricoli che sono nei magazzini, non avremo spazio per accogliere i nuovi raccolti e la crisi diventerà sistemica, un blocco totale della filiera ucraina”. Con conseguenze catastrofiche non solo sulla sicurezza alimentare mondiale, ma anche sul carovita e sulla tenuta sociale dei Paesi in via di sviluppo (la Rivoluzione francese, d’altronde, fu preceduta da un impennata del prezzo del grano).
Uno scenario disastroso che ha menzionato anche Di Maio: “L’aumento dei prezzi a cui stiamo assistendo è inquietante, rischiamo una guerra mondiale del pane“. Il prossimo mese, fa sapere intanto il capo della Farnesina, l’Italia e la FAO sosterranno un’iniziativa per affrontare la crisi alimentare nell’area del Mediterraneo.