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Il Senato conferma Ketanji Brown Jackson alla Corte Suprema degli Stati Uniti

Storico voto arrivato grazie anche a tre senatori repubblicani. E’ la prima donna nera ad entrare nella massima corte giudiziaria degli USA

Massimo JausbyMassimo Jaus
Joe Biden nomina Ketanji Brown Jackson: prima afroamericana alla Corte Suprema

Ketanji Brown Jackson - ANSA/KEVIN LAMARQUE / POOL

Time: 4 mins read

ll Senato ha approvato la nomina del giudice Ketanji Brown Jackson alla Corte Suprema. Un momento storico per gli Stati Uniti, per il presidente Joe Biden, per la vicepresidente Kamala Harris che ha presieduto la riunione del Senato e per Ketanji Brown Jackson, prima donna nera a ricoprire questa importante carica nella massima corte giudiziaria del Paese.

Tutti i 50 democratici del Senato, compresi i due senatori indipendenti (King e Sanders, quasi sempre allineati con i democratici), hanno votato per lei. A loro si sono uniti tre repubblicani: Mitt Romney, Susan Collins e Lisa Murkowski dell’Alaska.

Durante la sua audizione davanti alla Commissione Giustizia del Senato, i repubblicani hanno aggressivamente caratterizzato Ketanji Brown Jackson come una ideologa della sinistra sottolineandone la sua ideologia culturale piuttosto che le sue qualifiche.

Diversi repubblicani, tra cui Marsha Blackburn del Tennessee e Josh Hawley del Missouri, hanno accusato il giudice di essere indulgente nei confronti dei pedofili,  affermazioni non vere poiché le condanne di Jackson erano in linea con gli standard federali.

La conferma di Jackson soddisfa un’importante promessa elettorale del presidente Biden: nominare la prima donna nera alla Corte Suprema. Con Jackson gli equilibri interni alla Corte Suprema non cambiano: prende il posto di Stephen Breyer, nominato da Bill Clinton. Il suo ingresso fra i nove saggi comunque è un passo storico perché è la prima donna afroamericana, la terza persona afroamericana nominata nei 233 anni di storia della Corte Suprema, e fa salire a quattro il numero delle donne che siedono fra i saggi che, per oltre due secoli, sono stati un club solo ed esclusivamente di uomini bianchi.

Jackson, 51 anni, è stata per otto anni come giudice di un tribunale federale e lo scorso giugno è stato confermato per un seggio alla Corte d’Appello degli Stati Uniti per il Distretto di Columbia.

Prima di diventare un giudice, Jackson ha lavorato come difensore d’ufficio per imputati indigenti, un fatto questo che condivide alla Corte Suprema con Thurgood Marshall.

Dopo essersi laureata alla Harvard Law School nel 1996, è diventata impiegata del giudice della Corte Suprema Stephen Breyer, che sostituirà nell’alta corte quando Breyer si ritirerà formalmente quest’estate. Breyer, 83 anni, era stato nominato alla corte dall’allora presidente Bill Clinton nel 1994 per sostituire il giudice in pensione Harry Blackmun.

In contrasto con la visione contemporanea della corte come un altro luogo di guerra politica e culturale di parte, il giudice Breyer è diventato noto per il suo sforzo decennale per creare consenso tra i giudici nonostante le differenze filosofiche e ideologiche sulla Costituzione.

L’anno scorso, Breyer ha pubblicato un libro in cui affermava che il pubblico americano dovrebbe continuare a fidarsi della corte come istituzione apolitica emette i verdetti al di sopra della mischia politica.

Quando Benanji Brown Jackson entrerà nell’alta corte la visione di Breyer sarà messa alla prova poiché la maggioranza conservatrice dovrà deliberare su casi riguardanti alcune delle questioni sociali e politiche più controverse della Nazione, che vanno dall’accesso all’aborto al ruolo della razza nelle ammissioni al college.

Inoltre la conferma di Ketanji Brown Jackson è un momento storico e senza dubbio uno dei momenti salienti che verranno ricordati dalla presidenza Biden: l’immagine del presidente circondato da due donne nere, la sua vicepresidente Kamala Harris e Ketanji Brown Jackson.

Prima ancora che si sapesse il nome del candidato scelto dal presidente, repubblicani e la destra trumpista hanno iniziato a brandire l’accusa di “scelta identitaria”, “Affirmative Action”, il sistema delle quote per le minoranze, criticando a priori la presunta insufficiente competenza del candidato senza che se ne sapesse il nome. Il senatore Ted Cruz, che punta alla presidenza nel 2024, e che siede nella Commissione Giustizia del Senato, ha denunciato la “politica dell’identità” dei Democratici.

Cinquantuno anni, madre di due bambine, sposata con un chirurgo di Boston, ha un curriculum impeccabile che inizia ad Harvard, prosegue con l’ambita posizione di assistente legale del giudice Stephen Breyer (al quale è chiamata a succedere) poi da un seggio presso la Corte d’Appello del Distretto di Columbia, fucina e trampolino di lancio da cui provengono tre attuali membri della Corte: il Presidente della Corte Suprema John Glover Roberts, Clarence Thomas e Brett Kavanaugh. Ma i repubblicani trovano un altro angolo di attacco: Jackson sarebbe una donna di sinistra spinta dalla sinistra radicale. Accuse mosse da due associazioni reazionarie:  Federalist Society e Judicial Crisis Network, le due lobby della destra conservatrice.

Nomine e conferme da parte del Senato sono diventate questioni centrali. Le decisioni della Corte interessano tutti gli ambiti della vita politica, sociale ed economica e i giudici, nominati a vita, sono scelti in età sempre più giovane. Dal 1972, solo due giudici su 17 avevano più di 55 anni il giorno della loro conferma, Ruth Baren Ginsburg e Sonia Sotomayor. I candidati oggi vengono sempre più nominati prima dei 50 anni, come John Roberts, Elena Kagan, Neil Gorsuch o Amy Coney Barrett.

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Massimo Jaus

Massimo Jaus

Massimo Jaus, romano e tifoso giallorosso. Negli Stati Uniti dal 1972. Giornalista professionista dal 1974. Vicedirettore del quotidiano America Oggi dal 1989 al 2014. Direttore di Radio ICN dal 2008 al 2014. È stato corrispondente da New York del Mattino di Napoli e dell’agenzia Aga. Massimo Jaus. Originally from Rome and a Giallorossi fan. In the United State since 1972. A professional journalist since 1974. Deputy Editor of the daily paper America Oggi from 1989 to 2014. Has been New York correspondent for Naples' "il Mattino" and for Agenzia Aga.

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