Dopo un inizio settimana in cui la diplomazia internazionale sembrava aver timidamente intrapreso la via del dialogo sulla crisi ucraina, torna ad aggravarsi significativamente l’escalation militare tra Russia e Occidente.
Nella mattinata di giovedì, alcuni colpi di mortaio sono stati sparati nei pressi del villaggio di Stanicja Lugans’k, nella regione ucraina orientale del Donbass che dal 2014 è funestata da una sanguinosa guerra civile. Tra gli edifici danneggiati anche un asilo, ma non ci sarebbero al momento morti o feriti gravi.
Le due parti che si contendono da otto anni il controllo della regione – esercito regolare ucraino, da un lato, e secessionisti filo-russi, dall’altro – hanno espresso opinioni opposte sulla paternità dell’attentato.
Secondo il ministro degli Esteri ucraino Dmytro Kuleba, l’attacco è opera dei paramilitari delle repubbliche separatiste di Doneck e Lugans’k sostenute da Mosca, che avrebbero violato il cessate il fuoco previsto dagli accordi di Minsk “in una situazione di sicurezza già di per sé tesa”. Secondo i secessionisti, invece, a sparare i mortai nel territorio attualmente sotto il loro controllo sarebbero state le truppe regolari di Kiev.
Il bombardamento del Donbass sembra peraltro evocare il timore occidentale che Mosca stia orchestrando un casus belli per invadere il proprio vicino orientale attraverso un’operazione false flag nel Donbass. Presunto obiettivo: legittimare, agli occhi dell’opinione pubblica, un intervento diretto delle truppe di Mosca a fianco dei filo-russi.
Che la Russia sia sul punto di attaccare è la chiara e ferma convinzione del presidente statunitense Joe Biden, che l’ha nuovamente esternata giovedì mattina. “Ogni indicazione in nostro possesso indica che (i russi) sono pronti ad attaccare l’Ucraina,” ha riferito il presidente ai giornalisti, senza però fornire ulteriori dettagli specifici.

La Casa Bianca e la NATO hanno poi accusato Mosca di voler confondere l’opinione pubblica con l’annunciata decisione di ritirare una parte delle 150.000 truppe russe al confine con l’Ucraina, come dichiarato lunedì dal generale Igor Konašenkov.
Da una parte, il ministero della Difesa russo ha confermato che i carri armati e le unità di fanteria russe impegnate in esercitazioni militari nei pressi del confine con l’Ucraina stanno tornando alle loro basi nella regione di Nižnij Novgorod e in Cecenia.
Non sono dello stesso avviso NATO e USA, le cui rivelazioni satellitari, unite alle fonti d’intelligence, farebbero emergere un quadro del tutto differente: non solo i soldati dispiegati da Mosca al ridosso dell’Ucraina non sarebbero diminuiti, ma sarebbero addirittura aumentati e schierati in posizione di combattimento.
In una conferenza stampa a Bruxelles, dove si è svolto un meeting tra i ministri della Difesa dei Paesi NATO, il capo del Pentagono Lloyd Austin ha dichiarato che gli Stati Uniti hanno registrato un aumento del numero di aerei da combattimento e di supporto russi. Washington avrebbe inoltre riscontrato una maggiore operatività delle navi di Mosca nel Mar Nero, che bagna sia la Russia caucasica (e la Crimea) sia l’Ucraina meridionale.
“Sono stato anch’io un soldato non molto tempo fa.”, ha affermato Austin “So per esperienza che non fai questo genere di cose senza una ragione, e di certo non se ti stai preparando a fare i bagagli e tornare a casa.”
Nelle stesse ore di martedì, il ministero degli Esteri russo intimava clamorosamente al vice-capo missione dell’ambasciata Usa a Mosca, Bart Gorman, di lasciare il Paese. La cacciata di Gorman, che è il secondo diplomatico statunitense in Russia per rango appena dopo l’ambasciatore John Sullivan, è stata definita dal Dipartimento di Stato come “una mossa escalatoria” e “non provocata”.
Più tardi, nella tarda mattina americana (pomeriggio europeo), il segretario di Stato Usa Antony Blinken ha inoltre parlato al Consiglio di sicurezza dell’ONU, dove ha rinnovato l’appello a Mosca a ritirare le truppe dal confine e scegliere la strada della diplomazia.

La posizione russa
Il portavoce del Cremlino, Dmitrij Peskov, ha per l’ennesima volta escluso che la Russia abbia intenzione di invadere l’Ucraina. Peskov si è invece detto preoccupato per l’aumento dei movimenti militari del Donbass, dato che a suo avviso “in qualsiasi momento” la crisi potrebbe “provocare una vampata di guerra in stretta prossimità dei confini” della Federazione Russa.
Nella giornata di giovedì il Cremlino ha inoltre pubblicato le sue contro-valutazioni alle risposte date da Washington ai desiderata di Mosca. Il Cremlino chiede infatti all’Occidente di impedire l’ingresso di Ucraina (e Georgia) nell’Alleanza Atlantica oltre all’indietreggiamento di armi e soldati della NATO dai territori est-europei. NATO e USA, invece, si rifiutano categoricamente di scendere a compromessi sul tema.
Secondo il Cremlino, l’indifferenza statunitense alle sensibilità di Mosca sul tema sicurezza costringerà i russi a rispondere “anche attraverso misure di natura militare-tecnica”, come si legge nel documento.
💬 President Vladimir #Putin: Russia cannot turn a blind eye to how the #US and @NATO interpret, for their own benefit, the key principles of equal and indivisible security.
❗ The forceful containment of Russia is a threat to our national security.
🔗 https://t.co/gme3sGYCJI pic.twitter.com/OZlc1doOFC
— MFA Russia 🇷🇺 (@mfa_russia) February 16, 2022
Di Maio da Lavrov: “Prevalga la diplomazia”
Nella mattinata europea è inoltre andato in scena l’incontro bilaterale a Mosca tra il ministro degli Esteri italiano Luigi Di Maio e il suo omologo russo Sergej Lavrov. Di Maio ha ribadito che la posizione dell’Italia in relazione all’escalation ucraina è centrata sulla “diplomazia” e sul “buon senso”. Due valori che, secondo Di Maio, costituiscono “la strada maestra per evitare un conflitto che potrebbe generare conseguenze devastanti per l’intero continente”.
Il titolare della Farnesina ha contestualmente affermato che Roma è impegnata ad appianare le distanze tra Mosca e l’Occidente, precisando che la ricerca di una soluzione diplomatica “significa evitare ogni tipo di sanzioni”.
Quest’ultimo punto è stato enfatizzato da Lavrov, che ha elogiato l’Italia per il suo atteggiamento diplomatico costruttivo e improntato a “non minacciare in continuazione, non promettere punizioni, ma cercare soluzioni”.
Il ministro degli Esteri russo ha ricordato che le sanzioni in sede UE “non possono essere varate se almeno un Paese sarà contrario”, valendo difatti il criterio dell’unanimità. Lavrov si è detto convinto che “l”Italia non sia interessata a fomentare la tensione”, auspicandosi che Roma opponga un veto a eventuali sanzioni anti-russe decise da Bruxelles.
In riferimento alle richieste di Mosca alla NATO, Di Maio ha poi risposto che “il principio dell’indivisibilità della sicurezza è un principio che abbiamo sempre sostenuto e continuiamo a sostenere in ambito europeo”. Quest’ultimo concetto affonda le proprie radici nel diritto internazionale ed è stato formalizzato in seno all’OSCE. Mosca lo interpreta come la necessità che la sicurezza di uno Stato sovrano non comprometta quella di un altro Stato. Quindi, sostiene il Cremlino, l’allargamento ad est dell’Alleanza deve tenere conto dell’esigenza russa di non trovarsi truppe e missili nemici alle porte di casa.
Nella conferenza stampa congiunta, Di Maio ha infine rivelato che sono in corso contatti tra Palazzo Chigi e il Cremlino per organizzare un summit tra Vladimir Putin e Mario Draghi nei prossimi giorni, come confermato separatamente dallo stesso Draghi poco dopo.
Draghi a Bruxelles: “Nessun segnale di de-escalation“
Anche il presidente del Consiglio Mario Draghi si è espresso sulla questione ucraina, rilasciando alcune dichiarazioni al termine del vertice informale dell’UE sullo stesso tema (dove a tutti i leaders europei è stato chiesto di spegnere i propri dispositivi elettronici).
“Per il momento, episodi di de-escalation sul terreno non si sono visti,” ha riferito Draghi ai giornalisti. “Sostanzialmente la situazione è quella di qualche giorno fa”, il che obbliga, secondo il premier, a “rimanere pronti ad ogni eventualità”.
I toni usati di Draghi a Bruxelles sono stati leggermente diversi rispetto a quelli impiegati da Di Maio a Mosca. “Dobbiamo perseguire la strategia della deterrenza ferma, non dobbiamo mostrarci deboli (di fronte alla Russia)”, ha detto Draghi, secondo cui l’Italia “non può rinunciare ai principi fondanti dell’Alleanza (Atlantica)”.
Le parole dell’ex capo della BCE hanno posto l’accento sulla leale appartenenza di Roma allo schieramento occidentale e atlantico, differentemente dall’enfasi data dal titolare della Farnesina alla ricerca del dialogo amichevole e del compromesso con Mosca.
L’obiettivo del Governo italiano, comunque, è quello di risolvere la questione diplomaticamente e di far sedere al tavolo dei negoziati il presidente russo Putin e l’ucraino Volodymyr Zelens’kyj.