Svolta in arrivo negli Emirati Arabi Uniti: dal 1° gennaio 2022 lo Stato arabo diventerà il primo del Golfo a introdurre una settimana lavorativa di quattro giorni e mezzo. A differenza dei suoi vicini regionali, infatti, dal prossimo anno Abu Dhabi considererà giorni festivi non più i soli venerdì e sabato, ma venerdì (mezza giornata), sabato e domenica. La decisione è stata annunciata dal ministro per le Risorse Umane e l’Emiratizzazione, Abdulrahman al-Awar, che a Reuters ha dichiarato che “le società private rimarranno comunque libere di fissare il fine settimana preferito per i propri dipendenti”.
La misura serve agli EAU per allineare i ritmi della propria economia e dei propri operatori finanziari allo standard societario internazionale (settimana lavorativa lunedì-venerdì), salvaguardando però la giornata tradizionalmente dedicata alla preghiera musulmana. Nelle intenzioni del Governo emiratino, l’orario di lavoro dei dipendenti statali ammonterà a 8,5 ore al giorno da lunedì a giovedì (dalle 7:30 alle 15:30), e di 4,5 ore il venerdì – giornata nella quale ai dipendenti verrà inoltre concessa la possibilità di lavorare da remoto e con modalità flessibili. La settimana lavorativa si concluderà intorno alle 13:15 di venerdì, con la seconda parte del dì dedicata appunto a sermoni e preghiere (essendo l’Islam la religione ufficiale del Paese).
Secondo l’agenzia di stampa ufficiale degli Emirati, WAM, la nuova settimana corta “garantirà la fluidità delle transazioni finanziarie, commerciali ed economiche con i Paesi che seguono un fine settimana da sabato a domenica” e “allineerà meglio gli EAU ai mercati globali, riflettendo lo status strategico del Paese sulla mappa economica globale”.
Già nel 2006 Abu Dhabi aveva fatto da apripista alla modificazione della settimana lavorativa tipo nella regione mediorientale, spostando il weekend da giovedì-venerdì a venerdì-sabato. Negli anni successivi l’Arabia Saudita e gran parte del Golfo avevano seguito a ruota. Gli UAE sperano che l’effetto domino possa ripetersi anche questa volta, e che i suoi “gioielli” – Abu Dhabi e Dubai – continuino ad essere le sempre più incontrastate capitali arabe del business, a fronte dell’agguerrita concorrenza dell’Arabia Saudita sul doppio piano finanziario e geopolitico.
Proprio in Arabia Saudita, infatti, il progetto di “Vision 2030” promosso dal principe della corona Mohammad bin Salman ha come corollario delle riforme politiche la creazione di un ambiente economico più investor-friendly, che faccia di Riad il nuovo riferimento mediorientale per la comunità di investitori esteri. Per la stessa ragione, dal 2024 scatterà l’obbligo per tutte le imprese estere che vogliano fare affari con aziende statali saudite di avere un quartier generale nel Regno. La norma punta sulla potenza di fuoco di una grande economia petrolifera come quella saudita per provocare una significativa diaspora delle multinazionali occidentali da Dubai-Abu Dhabi a Riad.
Insomma, tra sauditi ed emiratini la gara per guadagnarsi un posto sul mappamondo del business è ufficialmente aperta.