L’ingresso dell’ex-presidente del Consiglio Matteo Renzi nel consiglio di amministrazione della società russa Delimobil ha provocato controversie in Italia perché un senatore della repubblica, capo di un partito politico che entra nel CDA di un’impresa straniera evoca il sospetto di una commistione malsana tra affari e politica.
Il leader di Italia Viva, tuttavia, si è difeso con estrema disinvoltura giovedì nei locali del Raquet and Tennis Club di Manhattan sulla Park Avenue, ospite del GEI, Gruppo Esponenti Italiani.
La presenza di Renzi a New York ha coinciso con la prossima quotazione nei listini della Borsa di Wall Street della Delimobil, società italo-russa di car-sharing capeggiata dall’imprenditore Vincenzo Trani, originario di Napoli, ma residente a Mosca da oltre un ventennio.
Trani ha dichiarato che la scelta di quotare la società sulla piazza d’affari newyorchese dipende dall’importanza e dalla imprescindibilità del mercato americano per le imprese legate al settore della tecnologia.

In una conversazione con il presidente del GEI Mario Calvo-Platero sulle implicazioni del suo doppio ruolo, Matteo Renzi, dal canto suo, ha difeso il suo coinvolgimento come consulente in Delimobil ribadendo quanto aveva già affermato in precedenza e cioè che queste attività sono consentite dalla legge e che pertanto lui non si sente minimamente turbato dalla collaborazione con Trani e il suo gruppo.
“Le leggi sono quelle che sono – ha affermato l’ex Presidente del Consiglio – e io le rispetto. Quando le leggi cambieranno farò lo stesso anch’io”.
Sbaragliata in questo modo ogni possibile perplessità etica, Renzi ha fatto il punto dei due anni appena trascorsi definendoli come un “periodo molto difficile per l’Italia” alle prese con la pandemia ma dal quale il paese è emerso rafforzato. Un rafforzamento dovuto soprattutto alla leadership di Mario Draghi che, stando al leader di Italia Viva, ha rappresentato un sostanziale passo avanti rispetto al governo Conte.

“Il valore delle aziende italiane quotate alla borsa di Milano – ha precisato Renzi – è aumentato del 25% da quando Mario Draghi ha preso in mano le redini del governo. Ognuno può pensare quello che vuole ma la positività di questo risultato resta un fatto innegabile”.
“Io personalmente sono felice quando ci sono aziende italiane di successo – ha continuato Renzi – In America un’esperienza come quella di Delimobil suscita un “Wow!” di ammirazione. In Italia invece provoca un “Bah!…” di scetticismo”.
Gli elogi all’attuale Presidente del Consiglio non sono rimasti circoscritti all’ambito nazionale italiano ma sono stati estesi alla politica estera.
“Il Segretario di Stato americano Henry Kissinger – ha ricordato Renzi – si lamentava del fatto che non esistesse un numero telefonico dell’Europa”, in altre parole, dell’assenza di un leader di riferimento in grado di parlare a nome dei governi dell’intero continente. “Fino ad oggi questo ruolo è stato ricoperto da Angela Merkel ma ora che la Merkel si sta ritirando dalla politica questo ‘numero di telefono dell’Europa potrebbe avere un prefisso italiano grazie al prestigio di Draghi sulla scena internazionale”.

Rispondendo alle domande sulle ultime vicende politiche americane, Renzi si è detto “preoccupato” per la scelta del presidente Biden di ritirare le truppe americane dall’Afganistan definendolo “una fuga” che tradisce il tradizionale ruolo di garante dell’ordine mondiale ricoperto dall’America. “E’ il rifiuto di un’idea – ha detto Renzi – l’idea che se c’è un problema l’America è pronta ad intervenire; a fare la cosa giusta interpretando quei valori di liberta’ con i quali siamo cresciuti politicamente nell’Occidente”.
L’ex Presidente del Consiglio ha anche espresso il suo parere sulla situazione politica interna soffermandosi in particolare, sui risultati delle recenti consultazioni elettorali in Virginia e New Jersey che si sono concluse con una clamorosa sconfitta del fronte democratico.
“Mi pare chiaro che il presidente Biden esca considerevolmente indebolito rispetto alle attese iniziali – ha dichiarato Renzi – Quando i Democratici si spostano tropo a sinistra il risultato è evidente: vincono i Repubblicani” ha aggiunto, alludendo all’attuale dramma che si sta consumando in queste ore nelle aule del Congresso americano tra l’ala progressista e quella conservatrice del Partito Democratico e, a quanto è sembrato, prendendo le parti di quest’ultima alludendo al fatto che, in America come in Italia, esiste una “sinistra che fa le riforme e una sinistra delle manifestazioni; quella che mette le bandierine sulle questioni dimenticando che la politica è prima di tutto compromesso”.

“C’è poi un’onda nazional-populista che sta interessando l’America come l’Europa” ha continuato Renzi, ma che in Europa non è sfociata in “eventi estremi assurdi e scandalosi” come l’assalto al Campidoglio del 6 gennaio.
L’accenno ai movimenti populisti negli Stati Uniti ha riportato il filo del discorso nell’ambito nazionale italiano sul cui immediato futuro politico Renzi ha preferito non sbilanciarsi troppo: “Non credo che si verificheranno grandi cambiamenti da qui alle prossime elezioni del Presidente della Repubblica ma di una cosa sono abbastanza certo: credo che il Movimento Cinque Stelle sia finito e che le prossime elezioni lo dimostreranno”.
L’incontro col senatore di Italia Viva si è concluso con un ritorno allo scacchiere internazionale a proposito del quale Renzi ha posto la domanda “A chi appartiene il ventunesimo secolo? Se il ventesimo e’ stato il secolo dell’America, quale sara’ la potenza egemone del futuro? La Cina? E quale ruolo spetterà agli Stati Uniti e all’Europa?” Al momento gli occhi del mondo sono puntati sulla Cina che, secondo Renzi, “Viaggia veloce perché non è oberata dagli obblighi e dalle responsabilità tipiche della democrazia”. E, proprio per questo motivo, il deprecabile ridimensionamento della presenza americana sulla scena globale equivale a “perdere un pezzo del suo soft-power”.
“Non è un caso secondo me – ha concluso Renzi – che, durante la guerra civile in Siria, all’inazione del presidente Obama in risposta all’uso di armi chimiche da parte delle truppe governative, abbia fatto seguito l’annessione russa della Crimea ed ora, subito dopo la decisione del presidente Biden di ritirare le truppe americane dall’Afganistan, la Cina torni a minacciare Taiwan”.