La telefonata di Joe Biden al presidente russo Vladimir Putin sulla linea rossa durata quasi un’ora non è stata piacevole.
“Se Mosca non interviene sugli hacker che operano dal territorio russo attaccando le aziende americane –ha detto Biden- Lo faremo noi e ci saranno conseguenze…”
Sui cyberattacchi dei quali Biden e Putin avevano discusso anche nel summit di Ginevra, il capo della Casa Bianca non era mai stato così fermo e così duro. Il messaggio spedito a Putin via telefono di fatto è un ultimatum. L’America è pronta a passare al contrattacco danneggiando a sua volte le realtà russe e in questa circostanza non si tratterà soltanto di sanzioni contro gli oligarchi considerati responsabili come in passato.

Con decine di interferenze solo negli ultimi giorni gli hacker russi hanno preteso un riscatto di oltre 80 milioni di dollari, il più grande della storia e paralizzato le attività di diverse società usa soprattutto legate al sistema della distribuzione.
I russi con lo stesso Putin si erano impegnati a Ginevra, pur dichiarandosi estranei agli hackeraggi a far cessare il fenomeno, ma di fatto non hanno voluto o non hanno potuto far ancora nulla.
L’America fino a questo momento si è limitata a monitorare la situazione e individuare l’origine degli attacchi ma non ha reagito con suoi attacchi cybernetici. Adesso stando alle parole minacciose di Biden sembra pronta a farlo.
Il problema per il momento non riguarda attacchi cybernetici provocati direttamente o indirettamente dal governo russo ma bensì realizzati da gruppi criminali con ramificazioni in Russia e in altre parti del mondo. In altre parole Biden ha fornito a Putin le prove del coinvolgimento dei gruppi russi, ha dimostrato che l’FBI è riuscita ad intercettare anche alcuni milioni di riscatto già pagati in Bitcoin, ma pretende che adesso di fronte alle evidenze anche la polizia russa faccia la sua parte e arresti i responsabili.
Ma la telefonata Biden-Putin ha riguardato anche la Siria e i corridoi umanitari per far arrivare i soccorsi alle popolazioni affamate e ammalate sul confine e su questo invece la cooperazione russa e americana sembra funzionare meglio.

Sull’assassinio del presidente haitiano Jovenel Moise ad opera di un commando di mercenari soprattutto colombiani ma anche col coinvolgimento di due ex militari con doppio passaporto haitiano e americano, Biden ha deciso di non rimanere a guardare e ha assicurato che l’FBI parteciperà alle indagini a Port Au Prince per scoprire non solo i responsabili dei quali 28 sarebbero già stati catturati e 4 uccisi, ma anche i mandanti che potrebbero risultare collegati al grande traffico di droga controllato dai colombiani, dove Haiti diventa un formidabile corridoio di passaggio per raggiungere tutte le destinazioni in Usa e nel mondo.
A porte chiuse durante la riunione del Consiglio di Sicurezza l’ambasciatore haitiano alle Nazioni Unite ha chiesto l’immediato intervento dell’FBI alla guida di un gruppo d’inchiesta internazionale e gli agenti federali sono già arrivati a Port Au Prince dove spesso le contraddittorie notizie di questi giorni e i misteri sull’assassinio del presidente continuano a determinare una situazione di caos e di terrore anche se l’aeroporto internazionale è stato riaperto per non paralizzare il paese visto che la Repubblica dominicana ha chiuso l’intero suo confine con Haiti.
Almeno una decine degli uomini del commando, tutti militari colombiani sarebbero entrati nel paese via terra dopo un volo privato atterrato a Punta Cana.
In poche ore, così come durante il devastante terremoto del 2010 che ha ucciso 250.000 persone, l’America di Biden sta divenendo di nuovo una sorta di potenza garante per la piccola e povera Haiti che oggi è retta dall’autoproclamato primo ministro Joseph, uno degli uomini che il presidente Moise aveva annunciato di deporre poche ore prima di essere ucciso. Washington però adesso sembra dare una piccola apertura di credito a Joseph e ne riconosce l’autorità che però dovrà dimostrare nell’indire libere elezioni entro il 26 settembre come già fissato oppure entro la fine dell’anno.
Il segnale di collaborazione non solo investigativa che gli Usa stanno dando a Port Au Prince non è pro con l’invio di agenti speciali dell’FBI ma con la spedizione di alcune decine di migliaia di vaccini anti-covid che verranno subito somministrati alla popolazione
Durante le concitate fasi della caccia all’uomo che è seguita all’assassinio di Moise, undici mercenari colombiani appartenenti a 4 diverse società di sicurezza privata di Bogotà, si sono rifugiati nell’ambasciata di Taiwan a Port au Prince, ma la polizia nazionale haitiana ha subito ottenuto il permesso di violare l’immunità diplomatica ed è entrata in forze arrestandoli tutti insieme ad un vero e proprio arsenale.
Altri 8 mercenari però dei 28 che componevano l’intero commando sarebbero ancora in fuga.