Tanto ha cercato l’intelligence Usa fino a quando ha scoperto che tre ricercatori di un laboratorio cinese di Wuhan si erano ammalati di Covid-19 già nel novembre 2019. Secondo il rapporto le loro condizioni di salute erano così gravi da essere ricoverati in ospedale.
Lo avrebbe rivelato un rapporto dell’intelligence statunitense tenuto finora top secret, e rivelato dal Wall Street Journal. Mentre la notizia del WSJ è stata subito ripresa dai media internazionali e l’autorevole agenzia inglese Reuters, il New York Times e il Washington Post – che hanno importanti fonti dentro l’amministrazione Biden – ancora non scrivono una riga sulla notizia. Nelle prossime ore, quindi, si dovrà verificare quanto l’amministrazione Biden ritenga attendibile questo rapporto.
Infatti, Biden ha rifiutato di commentare il foglio informativo dell’intelligence, limitandosi ad osservare che tutte le teorie tecnicamente credibili sull’origine della pandemia dovrebbero essere esaminate dall’OMS e dagli esperti internazionali. “Continuiamo a porci delle domande sulle origini della pandemia Covid-19 all’interno della Repubblica Popolare Cinese“, ha detto una portavoce del Consiglio di Sicurezza Nazionale, secondo quanto riporta il Wsj. Ma, ha aggiunto, “per una questione di politica non commentiamo mai le questioni di intelligence“.
Il rapporto avvalora la tesi di un foglio informativo del Dipartimento di Stato, diffuso durante gli ultimi giorni dell’amministrazione Trump, secondo cui diversi ricercatori del laboratorio cinese (si tratta di un centro per lo studio dei coronavirus e altri agenti patogeni) si sono ammalati nell’autunno 2019 “con sintomi coerenti sia con il Covid-19 che con la comune malattia stagionale”.
Gira in internet una dichiarazione dello scorso 11 maggio di Anthony Fauci, direttore del National Institute of Allergy and Infections Diseases (Niaid), in un incontro con PolitiFact, in cui per la prima volta avrebbe concesso che il virus deve essere indagato meglio e non si può essere certi che non sia sfuggito da un laboratorio.
E non più tardi di dieci giorni fa, in un articolo pubblicato dalla rivista ‘Science’, una ventina di scienziati attivi in alcuni dei più prestigiosi poli di ricerca del mondo, suggerivano di non escludere proprio con certezza che all’origine della pandemia vi sia stata una fuga del Coronavirus dal laboratorio di virologia di Wuhan. Insomma, un incidente.
Donald Trump e i repubblicani hanno supportato la teoria della “fuga di laboratorio” del virus, ma quelle accuse sembravano allora infondate. Ora si attende la risposta del Dragone e dell’OMS, che qualche mese fa aveva inviato in Cina un gruppo di ricercatori per indagare sulle origini del virus.
Novembre 2019, il mese in cui i tre ricercatori si sarebbero gravemente ammalati di coronavirus, è la data approssimativa individuata da molti epidemiologi e virologi sull’inizio della diffusione del virus, nella città centrale cinese di Wuhan. Pechino sostiene invece che il primo caso confermato è stato un uomo che si è ammalato l’8 dicembre 2019. Nessuna condivisione dei dati, dei registri di laboratorio, da parte dell’istituto di Wuhan.
La Cina ha sempre negato che il virus sia scappato da uno dei suoi laboratori. Domenica scorsa, il ministero degli esteri cinese ha chiamato in causa il rapporto di un team guidato dall’OMS, al termine di una visita all’Istituto di virologia di Wuhan nello scorso mese di febbraio, secondo cui una fuga del virus dal laboratorio è da considerarsi estremamente improbabile.
“Gli Stati Uniti continuano a propagandare la teoria della fuga di laboratorio“, ha detto il ministero degli Esteri in risposta a una richiesta di commento del Wall Street Journal. “Si preoccupa davvero di rintracciare la fonte o cerca di distogliere l’attenzione?“, è stata la controreplica.
Il governo di Pechino ha avanzato perfino l’ipotesi che il virus possa aver avuto origine fuori dalla Cina, e precisamente in un laboratorio della base militare di Fort Detrick nel Maryland, e ha già chiesto all’OMS di indagare sui primi focolai di Covid-19 in altri paesi. Ipotesi però scartata dalla maggior parte degli scienziati e ovviamente anche dalla Casa Bianca, secondo cui non ci sono basi credibili in base alle quali far partire un’indagine.
La Commissione Nazionale della Sanità cinese e la WIV si sono trincerati dietro il no comment. Anzi Shi Zhengli, il massimo esperto di coronavirus al WIV, ha riferito al team guidato dall’OMS che tutto il personale era risultato negativo all’esame sierologico sul Covid-19. E una virologa olandese che ha fatto parte di quel team, Marion Koopmans, aveva riferito (ricorda sempre il Wsj) che alcuni ricercatori del centro cinese si erano ammalati nell’autunno del 2019, ma aveva attribuito il malessere a malanni di stagione.