Putin è un killer e pagherà per le ingerenze fatte nelle elezioni presidenziali. Joe Biden con una sola dichiarazione ha cancellato i quattro anni di relazioni privilegiate tra la Casa Bianca e il Cremlino che si sono tenute durante la presidenza Trump.
Intervistato da George Stephanopoulos di Abc News il presidente si lancia a testa bassa contro Putin dopo che ieri i servizi segreti americani hanno diffuso un rapporto evidenziando come la Russia (e anche l’Iran) abbia cercato in mille modi di influenzare le elezioni presidenziali diffondendo false notizie su di lui, sulla sua famiglia, lanciando accuse infondate usando tutti i social possibili, da Facebook a twitter passando ad Instagram e Tik Tok. Una campagna di fango, di insulti, di calunnie postate in rete per dividere l’opinione pubblica e convincere gli americani a votare per Trump.

Più che il classico sassolino, quello che Biden si è tolto dalla scarpa, è un macigno. Deve aver fatto centro perché Putin subito dopo la sua intervista ha richiamato a Mosca l’ambasciatore russo a Washington, Anatoly Antonov, per discutere le future relazioni tra i due paesi. Da Mosca il portavoce del Cremlino, Dmitri Peskov, ha detto che le dichiarazioni di Biden sono “completamente infondate”.
Nel corso dell’intervista Biden ha ricordato che nella telefonata fattagli da Putin il 19 gennaio per congratularsi con lui dopo che era trascorso più di un mese dalla sua vittoria, aveva ammonito il leader russo che se le interferenze nelle elezioni da parte del Cremlino fossero state accertate ci sarebbe stata una sua risposta. “Abbiamo avuto una lunga conversazione – ha detto Biden nel corso dell’intervista della quale sono state rilasciate alcune anticipazioni – Lo conosco relativamente bene. Gli ho detto ti conosco e tu conosci me. Se viene stabilito che le tue interferenze ci sono state, sii preparato”. Biden non ha specificato quale sarà il prezzo che Mosca pagherà.
Nella stessa intervista il presidente ha toccato altri punti caldi del momento: immigrazione, Cuomo, i vaccini, il ritiro dei militari dall’Afghanistan, le relazioni con l’Arabia Saudita dopo l’assassinio del giornalista Jamal Khashoggi.
Alle decine di migliaia di persone accampate al confine con il Messico che vorrebbero emigrare negli Stati Uniti ha chiesto di avere pazienza. Che messaggio gli vuole dare – ha chiesto George Stephanopoulos. “Non venite ora. Tornate alle vostre case” – ha risposto Biden. Poi le domande su Cuomo. Biden ha risposto che se le indagini dovesero confermare le accuse di molestie sessuali il governatore di New York si dovrà dimettere. E potrebbe anche avere problemi con la giustizia.
Riuscirà a togliere la politica dai vaccini? ha chiesto Stephanopouls al presidente. “Me lo auguro” ha risposto Biden facendo capire che è un discorso complicato tra machismo, falso senso del patriottismo e ottisità. “Comunque ora che mi sono vaccinato posso abbracciare i miei nipoti” ha commentato Biden.
Poi nuovamente politica estera. “Le relazioni con l’Arabia Saudita cambieranno” ha detto dopo che George Stephanopoulos gli ha ricordato che durante la campagna elettorale aveva promesso una ferma risposta all’uccisione del giornalista. “Sono io che ho reso pubbliche le conclusioni dei servizi segreti. Le cose cambieranno”.
Infine per concludere una domanda leggera anche sul suo cane Major, che nei giorni scorsi dopo aver morso un agente del servizio di sicurezza è stato riportato nella casa privata del presidente in Delaware. “E’ un cane buono, salvato da un canile. E’ stato confrontato da gente nuova, scenari nuovi. Il morso non ha scalfito solo la pelle , comunque è tornato a casa per fare una nuova scuola di obbedienza”.

Tante le cose dette dal presidente in una giornata piena di avvenimenti politici. L’ufficio delle tasse, l’IRS, ha deciso di posporre la data di scadenza della dichiarazione dei redditi. Non più il 15 di Aprile, ma il 15 di Maggio.
Al Senato sta prendendo corpo la battaglia per abolire il “filibuster” la tattica dilatoria che permette all’opposizione di allungare i tempi parlando in continuazione nell’aula del Senato in modo da bloccare almeno temporaneamente quelle proposte di legge che non piacciono. Più che una tattica effettiva è una regola per dare voce all’opposizione perché alla fine quello che contano sono i voti e chi ha la maggioranza decide. Ma è una regola istituzionale e cambiarla ha il suo peso politico, senza contare che una volta cambiata un domani potrebbero essere i democratici a averne bisogno. E i dem sono combattuti. L’ala progressista la vuole togliere. Bernie Sanders non si nasconde. ”Abbiamo la maggioranza. Basta. Quando i repubblicani avevano loro la maggioranza hanno infranto regole sacre per varare le loro politiche”.

Biden concorda. Per implementare i cambiamenti promessi deve procedere a tutta velocità e le tattiche dilatorie non lo aiutano. Ma non tutti i democratici concordano sul cambiamento delle regole. Già ci sono rimasti scottati quando nel 2013 l’allora capo della maggioranza democratica, Harry Reid, cambiò le regole per la nomina dei giudici federali che per essere nominati allora avevano bisogno che ci fosse il voto di 60 senatori. I repubblicani facevano ostruzione, si assentavano alle votazioni in modo da non raggiungere la maggioranza necessaria per queste nomine. Nel frattempo i tribunali dovevano rimpiazzare quasi duemila magistrati federali di primo e secondo grado in tutte le corti federali degli Stati Uniti. Dopo un ennesimo tentativo fallito di mediazione Harry Read decise che bastava avere solo la maggioranza e non più i 60 voti per nominarli. Un regola che poi venne applicata dai repubblicani per la nomina dei giudici federali della Corte Suprema. E ora grazie al cambiamento imposto da Reid alla massima corte federale i giudici conservatori hanno la maggioranza su quelli più liberali. Oltre ai repubblicani che si oppongono al cambiamento ci sono anche molti democratici , tra tutti il senatore Joe Manchin.
Discussion about this post