
L’America guarda al futuro. Il presente è pieno di difficoltà e il Paese ha bisogno di trovare la chiave politica per superare i problematici ostacoli che stanno trafiggendo gli Stati Uniti.
L’elezione di Joe Biden alla Casa Bianca e il vaccino contro il coronavirus sono stati due fattori importanti che indirettamente hanno fatto una ulteriore pressione politica, dopo l’invito del presidente eletto, per riavviare i colloqui tra Nancy Pelosi, capo della maggioranza democratica alla Camera e Mitch McConnel, capo della maggioranza repubblicana al Senato, per superare le differenze e trovare l’accordo per lo stimolo economico e per varare le misure per sconfiggere la pandemia.
Concetti nuovamente ribaditi dal presidente eletto venerdì pomeriggio durante una conferenza stampa in cui ha più volte sottolineato l’importanza di trovare un accordo “ora”, enfatizzandone l’urgenza per queste misure e quanto il paese e gli americani ne abbiano immediatamente bisogno. “Bisogna togliere il vetriolo dalla politica. Il Paese ha bisogno di aiuti, non di veleno” ha puntualizzato facendo capire che la crisi sia molto più profonda di quello che si vede e, soprattutto, che le schermaglie politiche lascino il passo ai piani per la ricostruzione.
Così dopo che nei giorni scorsi Biden aveva tracciato una linea di compromesso tra le due differenti posizioni invitando democratici e repubblicani a riprendere i colloqui, giovedì sera c’è stato un primo scambio di idee. Alla fine dell’incontro McConnell ha detto che sia lui che Nancy Pelosi sono determinati a trovare una soluzione che soddisfi i due schieramenti.
Il Paese ha bisogno sia dello stimolo economico che di una linea guida comune per la lotta al coronavirus. Questo concetto è stato più volte ribattuto da Biden nella conferenza stampa di oggi pomeriggio. Attualmente i singoli governatori impongono l’uso della mascherina e, in modo recondito, le limitazioni per lo spostamento da uno Stato ad un altro. Joe Biden ha detto che una delle priorità quando sarà alla Casa Bianca sarà quella di chiedere a tutti gli abitanti degli Stati Uniti di mettere la mascherina quando andranno fuori dalle loro case. Un suggerimento, sia ben chiaro, non un ordine anche se la violenza del covid-19 in questo ultimo mese si sta abbattendo con ferocia sugli Stati Uniti. Joe Biden vuole che Anthony Fauci resti e non solo come capo del Niaid (National Institute of Allergy and Infectious Diseases) che il virologo italoamericano dirige dal 1984, ma anche come suo consigliere personale alla Casa Bianca sul coronavirus. Lo ha detto a Jack Tapper della Cnn durante la prima intervista fatta dopo le elezioni dopo che oltre 276.000 persone sono morte per il covid-19 negli Stati Uniti e che ieri c’è stato un nuovo record di ricoveri, oltre 100.000. “Per la lotta al virus – ha detto Biden – servono standard nazionali”, uguali per tutti gli Stati. I problemi creati dalla pandemia, sia in termini di vittime, che di perdite economiche sono enormi e solo con una politica di collaborazione, che è quello che Joe Biden va raccomandando, si potranno velocemente superare questi difficili ostacoli.
Il problema dei repubblicani non sono i democratici: è il presidente Donald Trump. Tutte le sue false accuse sui brogli elettorali frammentano lo stesso Gop, dividono sempre più il Paese, distruggono l’immagine degli Stati Uniti come paese leader del mondo occidentale e, soprattutto, corrodono il sistema democratico della nazione. Ma le sue scriteriate bugie stanno facendo una cosa molto importante per lui: gli portano un mucchio di soldi. Come nella fiaba del pifferaio magico di Hamelin, quello che con le dolci note del suo flauto attirava migliaia di topi, a Trump basta lanciarsi in una delle sue deliranti sfuriate che i suoi fedelissimi lo seguono e, soprattutto, gli danno milioni di dollari.
Secondo il Washington Post che ha fatto un po’ di conti ai suoi PAC, i comitati di azione politica, come America First Action, Great America, Rebuilding America Now, Committee to Defend the President, Save America, il presidente ha ottenuto 495 milioni di dollari dalla metà di ottobre ad oggi di cui 207.5 dopo le elezioni. In alcuni dei suoi comitati di azione politica, i contributi verranno equamente divisi tra il partito repubblicano e Save America, un comitato ad hoc creato per pagare le sue spese legali per i 40 ricorsi presentati in tribunale, tutti respinti, e i riconteggi elettorali chiesti in alcuni Stati. Il resto è a disposizione per le sue possibili attività politiche future.

Domani Trump andrà in Georgia. In questo Stato si sta giocando una carta molto importante. Il 5 di gennaio entrambi i seggi del Senato federale sono in ballottaggio e se i repubblicani dovessero perderli entrambi, i democratici avrebbero la maggioranza. Nelle elezioni del 3 novembre, lo Stato se lo è aggiudicato Biden, i 14 seggi alla Camera dei Rappresentanti sono stati vinti 8 dai repubblicani e 6 democratici. Il Gop ne ha perso 1, ne aveva 9. Tutto l’apparato politico dello Stato, la cosiddetta “macchina elettorale”, è repubblicana, ma la vittoria di Biden nello Stato e il seggio conquistato dai democratici sono stati due campanelli di allarme per il partito. Inoltre il governatore, il vice governatore, il segretario di Stato, tutti repubblicani, sono stati violentemente contestati da Trump che, secondo il presidente, avrebbero coperto i brogli elettorali dei democratici. Ovviamente i brogli dopo conteggi e riconteggi ed esposti in tribunale respinti dai magistrati, è stato dimostrato che non sono avvenuti. Ma a Trump questo non è bastato e ancora oggi continua a sputare veleno sui repubblicani dello Stato. I due senatori repubblicani uscenti Kelly Loeffler e David Perdue sono sfidati da Raphael Warnock e Jon Ossoff. Perdue ha ottenuto 86.000 voti in più di Ossoff il 3 novembre ma senza superare la soglia del 50% delle preferenze necessaria per passare il turno. Warnock ha invece usufruito dal fatto che un altro repubblicano, Doug Collins, fosse in corsa con Loeffler. Entrambi, Perdue e Loeffler sono sostenitori di Trump. Perdue, però ha un problema in più. Ultimamente è stato scoperto che parte della sua vasta fortuna personale l’abbia ottenuta giocando in borsa e, secondo le accuse che gli ha mosso Ossof, sfruttando informazioni privilegiate ottenute dalla sua carica.
Quest’anno poi c’è stata una forte presenza dell’elettorato afroamericano, spesso avulso dal sistema elettorale della Georgia, ottenuto grazie all’attivista democratica Stacy Abrams con il suo gruppo di azione “Fair Fight Action” che è riuscito a registrare più di 800 mila elettori. E in questi giorni è più attiva che mai. Ed ecco che Trump arriva in Georgia in questo momento. Non si sa cosa dirà domani ai suoi, ma i repubblicani moderati, piccati dal fatto che la leadership del partito non li abbia difesi, già nei giorni scorsi si erano alleati con il governatore dello Stato. Rimane l’interrogativo se andranno a votare o meno. Viene fatta anche l’ipotesi che Trump potrebbe addirittura chiede alle sue truppe di sabotare il ballottaggio per punire la macchina elettorale locale. E i repubblicani a Washington tremano, ma non trovano il coraggio per affrontare la situazione.
Sempre nell’intervista fattagli dalla Cnn Joe Biden ha detto di essere preoccupato dalle voci della possibile grazia preventive che Trump vorrebbe rilasciare ai suoi familiari e a Rudy Giuliani, “Mi preoccupa come precedente e come immagine che diamo al mondo della nostra giustizia. Di sicuro il mio Dipartimento della giustizia – ha aggiunto – agirà in modo indipendente. Non dirò loro cosa devono o cosa non devono fare, chi devono perseguire e chi no. Questo non è il ruolo di un presidente”.

I perdoni preventivi che Trump potrebbe emettere, però non coprono i reati statali. E questo lo ha puntualizzato Letitia James, Attorney General dello Stato di New York che, con Cyrus Vance, il procuratore distrettuale di Manhattan, indaga sulla Trump Organization. “Le indagini andranno avanti, eventuali provvedimenti di grazia del presidente non potranno comprometterle” ha dichiarato e le indagini – ha detto la James ha ai microfoni di TV1- si basano e si baseranno sui fatti e sui numeri, non sulla politica”. Le inchieste sulle aziende di Trump a New York riguardano sia le tasse locali e statali, sia alcuni prestiti che avrebbe ottenuto gonfiando il valore di alcune proprietà date come garanzie collaterali ai creditori. Nelle varie aziende del presidente i figli hanno ruoli societari che li legano alle vicende giudiziarie del padre.
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