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Primo Piano
November 11, 2020
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L’assurda tragicommedia di Trump sulle elezioni con i repubblicani che restano muti

Il presidente continua a non accettare la sconfitta contro Biden scatenando senza prove la narrazione del voto truccato e trascurando il lavoro alla Casa Bianca

Massimo JausbyMassimo Jaus
The State of Denial: Trump, the Gop, and the Quiet Slide from Democracy

Trump-Mussolini (by Antonio Giambanco for VNY)

Time: 4 mins read

Salgono i toni di questa tragicommedia dell’assurdo. Altro che ammettere la sconfitta! Trump, dopo essere stato battuto alle elezioni licenzia le più alte cariche del Pentagono sostituendole con suoi fedelissimi, e i repubblicani restano muti. Trump ordina ai più alti funzionari federali di non procedere alla transition, e i repubblicani restano muti. Trump ordina all’Attorney General di aprire le indagini su presunti brogli senza che ci siano le prove, e i repubblicani restano muti.  Anzi, Mitch McConnel, il leader della maggioranza repubblicana al Senato, non solo avalla questo comportamento, ma lo giustifica. Così come il segretario di Stato, Mike Pompeo, che con fare ironico risponde ad una domanda fattagli durante una conferenza stampa “ci sarà una normale transizione…per il secondo mandato di Trump”. Incredibile!

Colin Kaepernick’s National Anthem kneel (Image from Youtube)

Sono gli stessi senatori che condannavano, invece, Colin Kaepernick, il giocatore di football che per rispetto all’inno nazionale americano, anziché mettersi la mano sul cuore si inginocchiava, proprio come quando si va in chiesa, per dimostrare il suo dissenso sulla disparità di trattamento tra bianchi e neri. Lo hanno ricoperto di insulti, lo hanno chiamato traditore, comunista, anarchico, irrispettoso. E ora muti sul comportamento di Trump. Anzi, peggio.

Il senatore democratico Christopher Coons ha detto che in privato moltissimi suoi colleghi hanno accettato il responso delle urne, ma pubblicamente non lo ammettono per paura di ritorsioni. Già, Trump ha 71 milioni di seguaci, se un solo senatore del suo stesso partito accetta la realtà dei fatti, sguinzaglia i suoi fedelissimi contro chi lo ha contraddetto. Il ricatto funziona, vince la paura. Inutili, almeno fino ad ora, le parole del presidente eletto il quale afferma che i repubblicani hanno paura di Trump. Diplomatiche parole per non chiamarli codardi.

Così ad una settimana dal voto, il presidente sconfitto fa finta di nulla, gioca a golf, va ad Arlington per rendere omaggio ai soldati caduti per ricordare il Memorial Day, scuro in volto, senza proteggere la sua capigliatura dalla pioggia incessante, con accanto Mike Pence e il ministro della Difesa nominato da 48 ore, fa il saluto militare mentre viene suonato Star-Spangled Banner. Ripete la stessa azione alle note del Silenzio e, senza dire una parola, lascia il cimitero.

Da sei giorni la sua agenda dei lavori è vuota, nessun impegno lavorativo ufficiale, nessun riunione con i suoi ministri, nessun incontro con i parlamentari. Ossessionato dalla batosta elettorale fa di tutto per non accettarla, ma il suo rifiuto mal si concilia con la realtà dei fatti. Così sconquassa il Pentagono inserendo i suoi uomini dopo aver silurato con un tweet il ministro della Difesa Mark Esper, sostituito con Christopher Miller, il capo del centro nazionale antiterrorismo.  Secondo la Cnn, altri tre alti dirigenti della Difesa sono stati licenziati o si sono dimessi nel giro di 24 ore e rimpiazzati con figure controverse ma leali solo a lui, al presiente. Tra queste il generale Anthony Tata, che ha preso il posto di James Anderson.  In passato aveva fatto dichiarazioni islamofobiche, promosso teorie cospirative e definito Barack Obama un “leader terrorista”. 

Via anche il vice ammiraglio Joseph Kernan, vice segretario alla Difesa per l’intelligence, sostituito con Ezra Cohen-Watnick, che avrebbe fornito a David Nuns, il repubblicano fedelissimo di Trump, il materiale di intelligence per sostenere la tesi che la campagna di Trump era stata messa impropriamente sotto sorveglianza. Poi capo di gabinetto del ministro non sarà più Jen Stewart ma Kash Patel, che ha lavorato con lo stesso Nunes ed è tra i dirigenti che, secondo il processo di impeachment, ritardò gli aiuti militari Usa all’Ucraina accomodando le pressioni di Trump perché Kiev aprisse un’inchiesta sui Biden. Queste nomine, dopo la sconfitta elettorale, aprono inevitabilmente scenari impensabili in un Paese democratico come gli Stati Uniti. Alimentano paure e divisioni. Il cavallo di battaglia del presidente sconfitto dopo che le sue accuse di brogli vengono smontate dai magistrati e dalla verità. 

Sei esposti nei differenti tribunali statali e finora neanche uno è stato accettato. I “testimoni” ritrattano. Richard Hopkins, che lavora in un ufficio postale di Philadelphia, aveva raccontato di essere stato testimone di questi brogli. E subito Trump aveva mandato uno speranzoso tweet “Whatch for massive ballot counting abuse”. Le dichiarazioni di Hopkins hanno fatto avviare una indagine della Camera dei Rappresentanti. Ieri Hopkins, interrogato dai funzionari dell’Oversight Commitee ha ritrattato. Aveva creato on line “GoFundMe” per la raccolta di soldi in favore della rielezione di Trump raccogliendo 132 mila dollari. Per giustificarlo aveva scritto nella sua richiesta di fondi di essere stato testimone dei brogli e aveva bisogno di soldi per portare avanti la sua battaglia. Ieri, dopo numerose contraddizioni, ha ammesso di essersi inventato tutto. I magistrati hanno respinto finora 3 istanze motivandole che sono senza prova e si basano su “speculation, rumors o hearsay”. Pettegolezzi certificati con il timbro e la firma dei giudici.

Ma Trump non si arrende e continua nella sua narrativa. I suoi avvocati, aizzati da Rudolph Giuliani, hanno citato in giudizio il  Segretario di Stato della Pennsylvania, Kathy Boockvar, con l’accusa che il sistema di conteggio dei voti per posta è stato meno rigoroso di quello dei voti in persona. Subito dopo altri 11 governatori repubblicani hanno presentato la stessa mozione nei loro Stati. A questo proposito la Corte Suprema federale ha già respinto una precedente mozione presentata dai repubblicani che voleva escludere dal conteggio i voti mandati per posta e arrivati agli uffici elettorali dopo l’Election Day. Azioni di disturbo per cercare di allungare il più possibile i tempi della certificazione elettorale che, senza possibilità di discussione, certificherebbe la validità delle elezioni e la sconfitta di Trump.

Joe Biden presidente (Illustrazione by Antonella Martino)

In tutta questa tragicommedia Biden fa il presidente eletto. Parla di argomenti veri come la lotta al Coronavirus che ha toccato punte terrificanti: 100 mila casi al giorno causando più di 240 mil morti. Prepara i piani di ricostruzione per l’economia a pezzi. Rilancia l’Accordo di Parigi sull’ecologia. Prepara la lista dei ministri della sua amministrazione. Vive nel presente e nella realtà. Il passato di fantapolitica lo lascia a Trump.

ps. Colin Kaepernick non ha più trovato lavoro

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Massimo Jaus

Massimo Jaus

Massimo Jaus, romano e tifoso giallorosso. Negli Stati Uniti dal 1972. Giornalista professionista dal 1974. Vicedirettore del quotidiano America Oggi dal 1989 al 2014. Direttore di Radio ICN dal 2008 al 2014. E’ stato corrispondente da New York del Mattino di Napoli e dell’agenzia Aga. Sposato, 4 figli. Studia antropologia della musica alla Adelphi University. Massimo Jaus. Now retired. Originally from Rome and a Giallorossi fan. In the United State since 1972. A professional journalist since 1974. Deputy Editor of the daily paper America Oggi from 1989 to 2014. Has been New York correspondent for Naples' "il Mattino" and for Agenzia Aga. Married, 4 children. Studies Anthropology of Music at Adelphi University.

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