Sarà il coronavirus a decidere queste elezioni. A cinque giorni da Election Day è un frenetico “crescendo” di sondaggi, di comizi, degli spostamenti dei candidati e dei loro “running mate”, ma anche un confronto con la realtà. E gli americani sempre più numerosi si rendono conto come, nonostante tutte le promesse e assicurazioni della Casa Bianca, il coronavirus non sia passato. Come non ci sia stata la svolta che Trump ripete da settimane.
La terribile pandemia fa sempre più vittime, anzi, con il passare dei giorni è evidente la drammatica impennata dei contagi in tutto il Paese. Ad oggi ci sono stati quasi 9 milioni di persone colpite dal coronavirus che ha causato 228 mila morti. Nelle ultime settimane c’è stata una media di 79 mila persone infettate al giorno. E sono questi numeri a fare pressione sulla penna in mano agli elettori nella cabina elettorale. Né aiutano la Casa Bianca gli allarmi del dottor Anthony Fauci, il più famoso virologo d’America, il quale continua a raccontare come il peggio non sia alle nostre spalle, che il futuro se si dovesse continuare con questa politica, sarà sempre più tragico.
Né la disamina fatta dal Washington Post che evidenzia il modo in cui Donald Trump abbia politicizzato la pandemia cercando di diminuirne la pericolosità, non facendo i test obbligatori e non imponendo contromisure nazionali sull’obbligo sull’uso delle mascherine, sulla chiusura delle fabbriche e degli esercizi commerciali e delle scuole, per non colpire l’economia che, fino alla pandemia, era in espansione. Decisioni fatte per paura di perdere i consensi elettorali a scapito della salute degli americani.
Oggi i dati economici sono meno severi: il GDP (il Gross Domestic Product) ha recuperato i due terzi di quanto perso nei mesi scorsi e la disoccupazione è in leggera diminuzione, ma il prezzo che il Paese sta pagando è altissimo. E soprattutto il Washington Post evidenzia come Trump, continuando nella sua politica di minimizzazione della pericolosità del coronavirus, non applichi i suggerimenti dettati dagli scienziati creando pericolosi focolai di trasmissione del virus soprattutto quando organizza i comizi ai quali i suoi elettori si presentano senza la mascherina e non rispettando le distanze di sicurezza.
In questa America malata ed impaurita fino ad oggi hanno votato anticipatamente quasi 80 milioni di elettori. Un record considerando anche il fatto come l’amministrazione Trump abbia cercato in tutti i modi, nonostante i timori del contagio del coronavirus, di limitare il voto anticipato, prima levando le cassette postali, soprattutto nelle zone più rurali dell’America, quelle dove l’ufficio postale più vicino è a 30 40 miglia di distanza. Poi, grazie a governatori repubblicani compiacenti, mettendo una sola cassetta elettorale (che è simile a quella postale, ma gestita dall’ufficio elettorale dello Stato e non dalle Poste) in ogni contea. In Nevada e in Arizona ci sono contee che hanno la superficie di 19 mila miglia quadrate, più grandi di tutta la Svizzera. Poi cercando di bloccare i voti che per posta non arrivano agli uffici elettorali entro il 3 novembre.
Un tema affrontato proprio mercoledì dalla Corte Suprema che si è rifiutata di intervenire in una vertenza sollevata dall’Amministrazione Trump contro gli Stati della Pennsylvania e North Carolina che accetteranno i voti per posta arrivati fino a tre giorni dopo Election Day (in Pennsylvania) e otto giorni dopo in North Carolina. Una decisione che in caso non ci sia un chiaro vincitore senza i voti di questi due Stati, allungherà inevitabilmente i tempi per sapere chi sarà il prossimo occupante della Casa Bianca. E aumenta la paura degli americani che nell’incertezza del risultato ci possano essere disordini.
I governatori di molti Stati hanno ordinato alla Guardia Nazionale di prepararsi nel caso che ci siano violenze tra dimostranti di Black Lives Matter e gruppi armati della Milizia o delle frangie della destra razzista Americana. A questo proposito mercoledì al Senato sono comparsi in remoto davanti la Commissione Commercio, i responsabili di Facebook, Twitter e Google per sapere le modalità di gestione dei contenuti sulle loro piattaforme e sul modo in cui cercheranno di bloccare eventuali false informazioni sui risultati elettorali. Poche domande sui milioni di bufale mediatiche postate sul web quotidianamente e tante, invece quelle fatte dai senatori repubblicani, a Jack Dorsey, il presidente di Twitter, la piattaforma che nelle scorse settimane ha censurato alcuni tweet di Trump ritenuti “non veritieri”.

Se gli americani hanno dubbi su chi sarà il prossimo presidente, il New York Times, invece, ha la certezza che sarà Biden a conquistare la presidenza. Prendendo in esame tutti i sondaggi finora fatti in queste elezioni e paragonandoli a quelli di quattro anni fa, mettendo tutte le varianti che si dimostrarono inesatte sulla predizione della vittoria di Hillary Clinton, il prestigioso quotidiano desume che il vincitore è Joe Biden. Anche se per la prima volta nella media dei sondaggi di RealClearPolitics Donald Trump supera Joe Biden in Florida, uno degli stati in bilico, con un esiguo +0,4%: 48,2% a 47,8%. Da dire che i sondaggi hanno un margine di errore del più o meno 2 percento. Comunque ad evidenziare come la Florida sia una delle battaglie più importanti per la conquista della Casa Bianca è il fatto che oggi sia Joe Biden che Donald Trump siano entrambi in questo Stato a caccia degli ultimi consensi.
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