
È sperabile, ma poco probabile, che la furia iconoclasta di una parte della società americana si plachi nell’approssimarsi della Festa degli Italiani, così indicata nel Calendar Date:
«Columbus Day is on the second Monday of October. It marks the anniversary of Christopher Columbus’ arrival to America on October 12, 1492. He was an Italian explorer who took three ships the Santa Maria, Nina, and La Pinta and sailed across the Atlantic Ocean looking for a faster way to get to the Far East and by accident landed in the New World. The day celebrates the landing of Christopher Columbus’s ships in the New World».
Ed è anche sperabile che in questo clima di revisionismo esasperatamente di destra non si tocchi l’altra Festa nazionale, con l’accusa di socialism (in USA non si ha l’impudenza di parlare ancora di “comunismo”, giudicato dalla storia e sepolto, come avviene in Italia, ove si attribuisce addirittura a Papa Francesco):
«Later in history another national holiday with old historic roots in America, Thanksgiving Day, was first celebrated in 1621 in Plymouth, Massachusetts by the early settlers who celebrated the work and sacrifice to have a good harvest».
Non è che la Celebrazione colombiana sia effettivamente nazionale. In atto non la celebrano Florida, Alaska, Hawaii, Vermont, New Mexico, South Dakota e Maine. Iowa e Nevada non hanno il Columbus Day come festa ufficiale, ma danno mandato al governatore di proclamarla annualmente. California e Texas riconoscono ancora il giorno, ma non come festa ufficiale e riposo retribuito. Diverse città in tutta la Federazione non celebrano Colombo, ma i popoli indigeni, la più madornale delle finzioni dei wasp, essendo stati proprio loro a decimarli e incarcerare i superstiti nelle riserve, come mandrie di bisonti.
Cerchiamo allora di individuare le ragioni di questa faida antistorica che si accanisce contro un personaggio che ebbe solo la colpa di avere scoperto il Continente attraverso una geniale intuizione e di averlo consegnato all’ingordigia e alla cupidigia degli Europei e in primo luogo ai governanti della Spagna appena riunita.

Tutto era cominciato con il matrimonio nel 1469 della diciottenne Isabella, erede di Castiglia, con il diciannovenne Ferdinando, erede del trono di Aragona. Dopo una guerra civile (1475-1479) per la successione Isabella, riconosciuta regina di Castiglia, in seguito al matrimonio con Ferdinando divenne regina di Spagna. Proprio in quel fatidico 1492 dopo una lunga guerra iniziata nel 1480 si era conclusa la Reconquista con l’espulsione dei musulmani e l’annessione dei regni moreschi di al-Andalus. Perciò Papa Innocenzo VIII aveva conferito loro il titolo onorifico di Los Reyes Católicos (“I Re Cattolici”) che confermò loro Alessandro VI, il poco papale Cesare Borgia, padre del duca Valentino, il Principe di Machiavelli. Per ribadire questa loro identità cattolica i due esimi sovrani, nel loro impegno di evangelizzazione dei loro territori, da Granada alle Americhe, avviarono sempre nel fatidico 1492 la cacciata degli ebrei, i marranos, e di seguito nel 1502 dei musulmani, i moriscos non convertiti. Già a partire dal 1391 il punto di rottura era esploso con episodi di violenza contro ebrei e falsi convertiti, che le autorità avevano arginato con difficoltà. Alla loro ascesa al trono la convivenza fra ebrei e cristiani si deteriorò molto e il problema dei falsi convertiti divenne tanto grave, secondo Ludwig von Pastor (1854-1928), da mettere in gioco l’esistenza della Spagna cristiana. In questa situazione si moltiplicarono le richieste, provenienti anche da autorevoli conversos, a favore dell’istituzione dell’Inquisizione. Nel fallimento di una pacificazione con i giudaizzanti i sovrani avevano persuaso il 1° novembre 1478 Papa Sisto IV (1471-1484) ad istituire l’Inquisizione in Castiglia e ad autorizzare i Re Cattolici a nominare nei loro Stati alcuni inquisitori di fiducia con giurisdizione esclusivamente sui battezzati cristiani. Nessun ebreo o musulmano è stato mai condannato in quanto tale, ma in quanto si fingeva cattolico per ricavarne vantaggi. In questa concessione il Tribunale dell’Inquisizione spagnola, detta Santa, era diventato troppo potente tanto da influire sulle prerogative dei regnanti e soprattutto sull’invasata Isabella. Le caravelle famose erano dette di Isabella.

Ecco Cristoforo Colombo, per i fans portatore di Cristo come il santo e simbolo di pace come l’uccello, operò in questo particolare contesto di sospetti e di linciaggi, di caccia alle streghe. Gli americani recenti dovrebbero saperne qualcosa con gli anni terribili del proibizionismo. Allora pesarono anche le lotte intestine per il potere all’interno della Chiesa cattolica. Nella farneticante missione di evangelizzazione di Isabella si giocò la sfrenata cupidigia e la sete di potere dei grandi inquisitori e dei diversi ordini religiosi. Colombo per necessità dovette stare al gioco e fu coinvolto in questa opera, per potere mantenere il governo delle terre scoperte. Probabilmente fece male i conti contro un’organizzazione che aveva in effetti il vero potere in Spagna. Ne sappiamo qualcosa noi siciliani con il sanguinario e potente domenicano Tomás de Torquemada, direttore assoluto del Consejo Supremo de la Santa Inquisición (detto la Suprema). Le celle delle carceri dell’Inquisizione palermitana, oggi sede del Rettorato universitario allo Steri, documentano nei graffiti delle pareti le torture fisiche e morali di poveri innocenti carcerati. Si attribuiscono a questa opera di cristianizzazione centomila processi e duemila condanne a morte.

Lo scopritore e procacciatore ai Sovrani di un impero, nominato Viceré e Governatore delle Indie, precipitò in queste faide interne in cui era irretita la bigotta Isabella. Al suo terzo viaggio con le accuse di tirannia e incompetenza fu rimosso e sostituito dal potente Francisco de Bobadilla del supremo Ordine militare di Calatrava. Diviso in due classi, una di religiosi e l’altra di militari e diretto da un gran maestro, nel 1482 l’ordine fu annesso alla corona e ne divenne gran maestro Ferdinando, carica che gli rese ereditaria sempre papa Alessandro VI Borgia. Per pura notizia l’ordine fu soppresso nel 1931 dal governo repubblicano, ma subito ricostituito con Franco. Colombo non ne riconobbe l’autorità e fu da lui arrestato assieme ai suoi fratelli, Bartolomeo e Diego. È vero che in patria seguì la loro liberazione e reintegrazione, eccetto il potere di Governatore delle Indie concesso a Nicolàs de Ovando y Càceres. Vogliamo precisare che il nuovo governatore giunto nel 1502 accusò di gravi abusi l’inquisitore accusatore che al ritorno si inabissò nell’Oceano assieme alla mitica pepita d’oro di 35 libbre.
In età contemporanea il linciaggio di Colombo iniziò nel 2006 in seguito al rinvenimento nell’Archivio di Stato del registro di 48 pagine di Bobadilla con le testimonianze di 23 persone, qualche amico e altri oppositori, sul suo governo tirannico nei riguardi dei coloni, giungendo addirittura alle accuse di tortura e mutilazioni. Naturalmente si è accettato il rapporto come oro colato: non si è tenuto conto della carica del redattore e dalla sua potente lobby interessata al predominio in prestigio e quantità di rendite e potere in antitesi con gli altrettanto potenti domenicani dell’Inquisizione, il governo di terre che promettevano immense ricchezze; non si è valutato il limite di veridicità per essere l’unico documento redatto senza dubbio alcuno a fine di eliminazione dell’odiato italiano in una sfera di cupidigia per i vantati fiumi di oro e ricchezze e per la vastità dei territori ancora inesplorati. Eppure le discordie erano palesi già nel 1495 tra alcuni compagni di Colombo ed erano noti anche gli intrighi di corte ispirati del vescovo di Burgos Juan Rodríguez de Fonseca, di famiglia altolocata e consigliere regio. Si giunse ad accusare Colombo di condurre trattative segrete con i Genovesi.

Citiamo solo una puntualizzazione di David E. Stannard, nel suo saggio Olocausto Americano (Bollati Boringhieri, 2001, p. 324):
«Sotto molti punti di vista, Colombo non fu altro che un’incarnazione attiva e teatrale della mente e dell’anima europea, e in particolare mediterranea, del suo tempo: un fanatico religioso ossessionato dalla conversione, dalla conquista o dallo sterminio di tutti gli infedeli; un crociato degli ultimi giorni in cerca di fama personale e ricchezza, che si aspettava che il mondo immenso e misterioso che aveva scoperto fosse pieno di razze mostruose che abitavano le foreste selvagge e di gente felice che viveva nell’Eden… Fu la personificazione secolare di ciò che più di mille anni di cultura cristiana avevano creato».
Eppure altra era stata l’immagine di Colombo prima di questo moderno je accuse.
Al di là delle dispute sulla sua vera tomba e le analisi del DNA, questo postumo linciaggio della memoria desta ancor più stupore se si considera la vita dedicata dal conte Antoine-François-Félix Roselly de Lorgues (1805-1898) a promuovere la canonizzazione di Cristoforo Colombo. Nel 1856, incoraggiato da Pio IX, pubblicò a Parigi un’opera in due volumi, con il titolo Cristoforo Colombo. Storia della sua vita e dei suoi viaggi, che ebbe un successo mondiale. In essa avanzò per la prima volta la tesi di canonizzare l’ “Ammiraglio dell’Oceano”. Nella più specifica opera Della vita di Cristoforo Colombo e delle ragioni per chiederne la beatificazione, scrisse che fu “l’ambasciatore di Dio ad ignote nazioni che l’antico mondo non conosceva” e “il legato naturale della Santa Sede in quelle novelle regioni”. A questi studi seguirono le suppliche a Pio IX per l’apertura della causa di canonizzazione di Colombo, il 2 luglio 1866 dal cardinale Ferdinand Donnet, arcivescovo di Bordeaux, l’8 maggio 1867 dall’arcivescovo di Genova Andrea Charvaz, il 1870 da un gruppo di Padri del Concilio Vaticano I. Ancora nel 1878 l’arcivescovo Rocco Cocchia, vicario e delegato Apostolico a Santo Domingo, Haiti e Venezuela, in seguito al rinvenimento dei resti di Colombo nella cattedrale di Santo Domingo nel definire l’Ammiraglio l’uomo chiamato dalla Provvidenza, ne ricordò la proposta di una crociata per la liberazione del Santo Sepolcro e ne riferì la fama di «un uomo di profonda pietà e religione», per la quale affrontò molte sofferenze e persecuzioni.

Una nuova richiesta di causa di canonizzazione, il 31 gennaio 1893, ebbe l’adesione di 904 Prelati, 264 vescovi italiani, 96 francesi, 64 spagnoli, 27 degli Stati Uniti d’America, 19 del Messico, 7 del Portogallo, oltre a moltissimi altri vescovi e arcivescovi di tutto il mondo, tra cui 42 cardinali (Alfonso Marini Dettina, Suppliche per la canonizzazione di Cristoforo Colombo).
A un testo di Francesco Maria Paolini, postulatore generale dell’Ordine Francescano, sulla sua vita morale, e sulla legittimità delle seconde nozze di Colombo con Beatrice Enriquez di Cordova, Eugenio Pacelli, allora segretario di Stato (9 settembre 1938), comunicava il rallegramento di Pio XI per «un’opera, che getta splendidi fasci di luce sulla figura dello Scopritore del nuovo mondo, la quale emerge magnifica e potente non meno nella Storia ecclesiastica che in quella civile». Ultima richiesta di beatificazione nel 1941 a Pio XII da alcuni vescovi americani. Né Pio XII, né l’Ordine francescano le diedero seguito, anzi dopo il Concilio Vaticano II, iniziò, anche all’interno del mondo cattolico, una campagna di denigrazione che ebbe il suo punto apicale nel 1992, in occasione del V centenario della scoperta dell’America, quando Colombo fu presentato come un conquistatore avido, sanguinario e colonialista. Si è giunti addirittura all’assurda, insensata e irrazionale accusa di genocidio nei riguardi degli autoctoni: esso fu in effetti realizzato durante la osannata epopea del West dagli eroici visi pallidi, proprio da coloro che oggi abbattono le statue di Colombo. La liquidazione di una razza fu tentata da Hitler, dai Turchi con gli Armeni e i Curdi, come di recente affermato da Papa Francesco. E questa è storia. L’altra è possibile diffamazione di un antagonista offeso.
Post scriptum. Lodevole e da sottoscrivere pienamente l’iniziativa di diretto coinvolgimento dello Stato italiano in difesa di un patrimonio della sua Storia e della sua identità ed eredità culturale da parte dell’on. Fucsia Nissoli Fitzgerald in questo perdurante clima di linciaggio politico del genio Cristoforo Colombo che oltre alla comune opinione sposò e dimostrò la tesi della sfericità della terra e rivoluzionò il corso della storia, con la scoperta del Nuovo Mondo e con l’attuale supremazia sull’ecumene di una Potenza allora inesistente e inimmaginabile.