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Il Gop apre la convention con il solito Trump attento solo a ciò che gli conviene

Subito dopo la nomination il presidente, in un comizio pieno di risentimento, ha ignorato l'ennesimo afroamericano sparato dalla polizia in Wisconsin

Massimo JausbyMassimo Jaus
Il Gop apre la convention con il solito Trump attento solo a ciò che gli conviene

Donald Trump durante il suo discorso all'apertura della Convention repubblicana (Immagine da Youtube)

Time: 5 mins read

Convention, atto secondo. Calato il sipario su quella democratica, si è alzato quello su quella repubblicana.

Già questa mattina di prima ora 336 delegati, in rappresentanza dei 50 Stati dell’Unione e dei territori, riuniti a Charlotte in North Carolina, hanno dichiarato all’unanimità, tutti i 1471 voti, per Donald Trump-Mike Pence come candidati ufficiali per il Partito repubblicano alle elezioni presidenziali del 3 novembre. Un ‘roll call’ che il Grand Old Party ha voluto fosse di persona malgrado l’emergenza coronavirus.

Copione scontato e minimalista visto che nel Partito repubblicano non c’erano altri contendenti. Minimalista perché l’intera piattaforma del partito per i prossimi 4 anni è contenuta in quattro righe in cui si afferma l’opposizione a Biden-Harris in base ai “fondamentali valori del partito Repubblicano”. Inizialmente era stata presentata la stessa piattaforma del 2016 (lasciando anche i feroci commenti contro l’allora presidente Obama) poi, su insistenza della leadership repubblicana del Congresso, è stata ritirata e sostituta con le quattro righe. Ma la convention, e la sua organizzazione, sono lo specchio della caotica gestione dell’attuale Amministrazione.

Prendendo la parola subito dopo la sua incoronazione, Trump ha difeso la sua condotta, ha parlato dell’economia, della disoccupazione, del miracolo americano e, come al solito, senza portare una sola prova, si é lanciato a testa bassa contro il voto per posta, definito “corrotto, inaffidabile e che causa brogli elettorali”.  Nel suo discorso il presidente ha personalizzato tutto, confondendo critiche con offese, suggerimenti per rimproveri. Un comizio pieno di rabbia, di risentimento e di bugie. Non ha mai parlato dei quasi 180 mila morti per la pandemia e della sua inefficacia per contenerla, della disoccupazione rampante, della divisione sociale ed economica del Paese lacerato dal razzismo e dalla povertà specialmente nel giorno in cui un altro afroamericano è stato gravemente ferito dalla polizia a Kenosha, in Wisconsin con quattro proiettili sparati alla schiena mentre saliva in auto con i tre figli di 3, 5 e 8 anni, seduti nel sedile posteriore dell’auto. Ma questo è Trump, vede solo quello che gli conviene.

Inizialmente la Convention si sarebbe dovuta tenere allo Spectrum Center di Charlotte. L’amministrazione statale però aveva imposto il rispetto delle regole anti Covid-19 del distanziamento sociale e della mascherina per tutti i partecipanti. E’ bastata questa normale decisione da parte del governatore (democratico) dello Stato per mandare su tutte le furie Donald Trump che dalla Convention cerca il plauso delle folle osannanti. Così per tutta risposta ha spostato la Convention a Jacksonville, in Florida, Stato falcidiato dalla pandemia, che, allora, non imponeva l’uso delle mascherine e del distanziamento sociale. Regola che però è cambiata nelle settimane successive in seguito all’alto numero dei contagi e di decessi in città e nello Stato. In questo modo, per una ripicca, la Convention inutilmente si svolge in due sedi differenti senza nessun beneficio perché entrambi gli Stati ora richiedono le stesse misure anti-covid-19. E anche nell’arena di Jacksonville, come in quella di Charlotte, le sedie dei delegati sono state distanziate. L’uso della mascherina è richiesto, ma non imposto e sono tantissimi quelli che non la usano sia a Charlotte che a Jacksonville. Così Trump, costretto dalla pandemia a tenere un conclave quasi interamente virtuale non avrà le folle elettrizzanti che ama ma approfitterà di ogni momento per usare tutta l’artiglieria contro Joe Biden. Trump interverrà ogni sera, uno strappo alla tradizione delle Convention che vuole il candidato intervenire solo per un saluto all’apertura e il discorso di ringraziamento nella giornata finale.

Comunque il momento clou sarà nell’ultima giornata, giovedì, quando il presidente pronuncerà il suo discorso di accettazione dalla Casa Bianca, un ambiente privilegiato che secondo il New York Times offusca i confini tradizionalmente rispettati tra i doveri del presidente e i comizi del candidato. Si sa ancora poco del programma, se non che mercoledì (giornata intitolata alla Terra degli eroi) sarà il momento del vice presidente, Mike Pence, per la sua riconferma. Parlerà da Fort McHenry, enclave storica vicino a Baltimora, luogo sacro per l’indipendenza americana. Luogo storico dove avvenne la battaglia navale del 1814 che ha ispirato Francis Scott Key, un avvocato di 35 anni, a scrivere la poesia “Star Spangle Banner” che poi diventerà l’inno nazionale americano.

Martedì (giornata della Terra delle opportunità) invece la First lady, Melania Trump, parlerà anche lei dalla Casa Bianca cercando di far dimenticare il suo messaggio alla precedente Convention repubblicana del 2016 in cui aveva plagiato il discorso di Michelle Obama del 2008. Altri membri della famiglia Trump, in particolare la figlia maggiore e consigliera Ivanka, avranno un posto di rilievo, sempre domani, altri alleati del presidente, come il leader della minoranza alla Camera dei rappresentanti, Kevin McCarthy, e l’ex ambasciatore degli Stati Uniti all’Onu, Nikki Haley.

Nella lista degli ospiti speciali ci sono anche Patricia e Mark McCloskey, trasformati in eroi della destra dopo essere stati filmati mentre brandivano armi da fuoco contro un gruppo di manifestanti in marcia a St. Louis in piena crisi per l’uccisione di George Floyd.

I fratelli e sorelle Trump in una foto della fine degli anni Sessanta: da sinistra: Robert Trump, Elizabeth Trump Grau, Fred Trump Jr., Donald Trump, and Maryanne Trump Barry (Foto dal sito della campagna di Trump)

La Convention si svolge non nel migliore dei momenti per Trump. Ad offuscare, di nuovo, l’immagine del presidente sono le parole della sorella, l’ex giudice federale Maryanne Trump Barry, che lo ha definito “crudele”, “bugiardo”, “senza principi” e quindi “inaffidabile” e ha affermato che sarebbe entrato all’università della Pennsylvania facendo fare a qualcun altro il test di ammissione al posto suo. I giudizi sono contenuti in alcune registrazioni fatte di nascosto dalla nipote Mary Trump, autrice di un libro-denuncia contro il presidente, diffuse in esclusiva dal Washington Post. E poi c’è stata la repentina ritirata di Kellyanne Conway, la stretta collaboratrice del presidente che ha inventato la definizione dei “fatti alternativi” per coprire le bugie del suo capo. Si è dimessa dal suo ruolo di consulente del presidente. Da anni il marito della Conway, George Conway, uno dei leader del Lincoln Project, un think tank repubblicano conservatore, è in fortissimo contrasto con Trump e con editoriali e lettere al direttore denuncia l’inettitudine del presidente a tutti i repubblicani moderati. La settimana scorsa la figlia quindicenne dei Conway ha mandato un twit ai giovani repubblicani invitandoli di mandare a Trump a casa definendo il presidente “tiranno, omofobo, razzista e un idiota che gioca a golf”. Il veleno familiare è stato messo in piazza così Kellyanne e il marito hanno deciso di sospendere le ostilità e di dedicarsi alla famiglia.

Ed infine l’Attorney General dello Stato di New York, Letitia James, ha chiesto alla corte statale di ordinare alla Trump Organization, la società “ombrello” della famiglia del presidente, di vedere i libri contabili della società che, secondo l’Attorney General, avrebbe ottenuto sia alcuni finanziamenti gonfiando le attività dell’azienda, che dei benefici fiscali. 

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Massimo Jaus

Massimo Jaus

Massimo Jaus, romano e tifoso giallorosso. Negli Stati Uniti dal 1972. Giornalista professionista dal 1974. Vicedirettore del quotidiano America Oggi dal 1989 al 2014. Direttore di Radio ICN dal 2008 al 2014. È stato corrispondente da New York del Mattino di Napoli e dell’agenzia Aga. Massimo Jaus. Originally from Rome and a Giallorossi fan. In the United State since 1972. A professional journalist since 1974. Deputy Editor of the daily paper America Oggi from 1989 to 2014. Has been New York correspondent for Naples' "il Mattino" and for Agenzia Aga.

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