La lunga attesa è finita, sarà Kamala Harris la donna di colore che affiancherà Joe Biden nella sua corsa per sostituire Donald Trump alla Casa Bianca. Dopo un’ansiosa mattinata di attesa, in cui il nome della candidata prescelta dall’ex vice presidente, già noto ai collaboratori di Biden che lo hanno aiutato nella scelta, è stato accuratamente protetto dalla curiosità dei media e del pubblico, l’annuncio non ha in realtà sorpreso. Già negli ultimi giorni, i nomi in lizza si erano ridotti a ben pochi, e gran parte dei commentatori politici la indicavano come la candidata più adatta a ricoprire un ruolo difficile e cruciale.
Già a un primo, superficiale giudizio, Kamala rispetta tutte le promesse che Biden aveva fatto durante la sua campagna elettorale: è una donna, è di colore, è figlia di due immigrati di origine diversa, visto che il padre è giamaicano e la madre è indiana, ha solo 56 anni e è quindi abbastanza giovane per affiancare un uomo politico che molti considerano troppo anziano.
”E’ intelligente, tosta e pronta per essere leader”, ha detto Biden nel confermare la sua scelta.
”Sono onorata di unirmi a lui e di fare tutto il possibile per farlo diventare il nostro Commander in Chief” gli ha risposto in un twitter Kamala Harris.
In realtà, è soprattutto a uno sguardo più approfondito che la scelta di Biden è apparsa a gran parte dei commentatori non soltanto coraggiosa ma anche probabilmente vincente.

Nel presentarsi all’elettorato durante durante la sua breve corsa alla presidenza, durante la quale si era scontrata con Joe Biden e che aveva poi interrotto per mancanza di fondi a dicembre del 2019, Kamala si era infatti identificata con fermezza come rappresentante della comunità nera. Le sue origini, in verità, raccontano una storia più complessa. Suo padre, infatti, è professore emerito di economia a Stanford, sua madre è una endocrinologa specializzata in cancro al seno. Malgrado una giovinezza sicuramente al riparo dalle difficoltà di gran parte della comunità nera, però, la carriera della Harris è stata definita da innumerevoli battaglie legali e politiche a favore delle minoranze. Già negli anni dell’Università e in seguito come procuratore distrettuale di San Francisco e poi come procuratore generale della California dal 2011 al 2017, le sue azioni decise contro la pena di morte e a favore dei diritti degli omosessuali l’avevano fatta notare. Tant’é vero che già nel 2013 il settimanale Time l’aveva inclusa tra le 100 persone più influenti del mondo.
Decisa e aggressiva, Kamala non aveva mancato di farsi apprezzare dai colleghi di partito dopo il suo ingresso al Senato come rappresentante della California nel 2017. Malgrado fosse uno dei senatori più giovani, la seconda afroamericana e la prima asiatica, le sue battaglie per la riforma sanitaria, la legalizzazione degli immigranti illegali, il bando delle armi pesanti e la legalizzazione della marijuana non erano passate inosservate, come non era passata inosservata la decisione con cui aveva posto le sue domande ai rappresentanti dell’amministrazione Trump durante le udienze in Senato.
Durante la sua campagna elettorale per la presidenza, Kamala Harris era stata anche spesso criticata per certe sue durezze nei confronti dei suoi collaboratori. Come in passato era stata criticata la sua mano dura nel ruolo di procuratore generale.
Adesso, però, la sua nuova posizione le darà una sicura forza. Proprio per smentire una certa immagine di intransigenza e di aggressività Joe Biden ha fatto circolare ieri una commovente foto che la mostra sorridente accanto a Beau Biden, il figlio morto di tumore e di cui Kamala era amica e collega.
Donald Trump, non c’è dubbio, cercherà di attaccarla in tutti i modi (e lo ha già fatto mercoledì durante la sua conferenza stampa). A difenderla, però, si alzeranno probabilmente non soltanto la comunità nera, ma anche quel mondo femminile moderato di cui il candidato democratico ha bisogno per imporsi e quella sinistra del partito che ha comunque apprezzato le sue battaglie progressiste. E dietro a un sorriso disinvolto, Kamala ha già mostrato molte volte di sapersi muovere anche durante i più accesi dei dibattiti e tra le insidie di una campagna elettorale diversa da tutte le altre. Non farà le gaffes di Biden, e non si lascerà scappare le occasioni.