Italiani: popolo di santi, poeti e navigatori. Ma forse anche di elettori. O almeno, fino agli anni ’70.

È storia, infatti, che in Italia, dagli inizi della Repubblica alle politiche del 1979, la partecipazione alle urne sia stata percentualmente molto più alta rispetto agli altri Paesi europei, con un’affluenza che si è attestata, in media, interno al 90%. Da quel momento in poi, però, un lento declino, fino alle ultime elezioni nazionali del 2018, dove questa è stata poco meno del 73%.
Insomma, con il passare del tempo, sembra che i cittadini dello stivale si preoccupino sempre meno di esercitare quella sovranità che la Costituzione, all’articolo 1, gli concede.
Eppure, in controtendenza con i dati, c’è una categoria che, nell’ultimo periodo, si è avvicinata alle urne. Sono i giovani, la cosiddetta generazione Z nata dopo i famosi Millenials, ovvero dal 1997 in poi.

Nel 2018, l‘86% dei nuovi elettori, quelli che per questioni anagrafiche non hanno potuto partecipare alla tornata del 2013, ha esercitato il proprio diritto di voto.
E come hanno votato i nuovi volti approdati alla partecipazione democratica?
YouTrend, una società di ricerca e analisi elettorale, ha rilevato che i due partiti scelti per la maggiore sono stati i Cinque Stelle, che hanno incassato il 39,3% dei consensi, e la Lega, con il 21,2% delle preferenze. il Pd si è fermato al 12,3%, mentre soltanto il 3,6% ha dato fiducia a liste di sinistra come Liberi e Uguali e Potere al Popolo, una percentuale scavalcata persino dall’estrema destra di CasaPound, con il 3.8%.
A due anni di distanza, con l’opposizione pronta ogni giorno ad invocare nuove elezioni e la crisi economico-sociale dovuta alla pandemia di coronavirus, gli interrogativi sulle preferenze elettorali dei giovani tornano a popolare la scena del dibattito pubblico.
Ci si domanda chi sarà in grado di andare incontro alle richieste dei cittadini del domani, chi saprà catalizzare la loro attenzione, chi riuscirà a dare risposte credibili ad una categoria di persone che si aspetta progetti a lungo termine.

Questo genere di tematiche da sempre appassiona gli scienziati politici. Numerosi studi empirici hanno definito i fattori che caratterizzano la scelta degli elettori, anche quelli che per la prima volta si trovano a dover mettere una X sulla propria scheda.

In primo luogo, l’influenza della classe sociale di appartenenza. Conta poi il grado di politicizzazione e l’identificazione partitica, cioè l’importanza dei vincoli psicologici di fedeltà che si stabiliscono tra l’elettore e il partito.
Infine, bisogna concentrarsi sull’andamento dell’economia, soprattutto in una situazione di crisi come quella odierna. È dimostrato, infatti, che in un contesto nel quale al governo vengano attribuite ampie responsabilità in materia di gestione economica, l’ipotesi che l’andamento di questa incida sul comportamento elettorale, spingendo il popolo a sostenere o punire le forze di governo, sia certamente plausibile.
Il vero problema della maggioranza dei giovani, arrivati in prossimità della cabina elettorale, non è dunque il disinteresse, l’indecisione o l’alienazione dalla vita democratica della Nazione. È, piuttosto, la mancanza di certezze, spesso dovuta a una carenza di informazioni.
Lo conferma Giovanni: romano, sportivo e iscritto ad un liceo linguistico della capitale. “La situazione è abbastanza complessa e non sono informato a dovere. Ancora non so distinguere – spiega – i programmi di destra, sinistra e centro. Mi servirà una preparazione un po’ meno superficiale”.
A lui si accodano tante voci. Sono ragazzi che, perlopiù, si dicono interessati alle vicende politiche. Appoggiano qualche nome, spesso pronunciano slogan conosciuti. Poi, però, chiamati a rispondere a domanda concrete, si bloccano.

“In realtà, di queste cose non ne so molto”, si giustifica Alessia, diciotto anni compiuti da poco e quattro trascorsi finora sui banchi di un liceo scientifico.
Ma attenzione a non confondere la mancanza di nozioni con il disinteresse.
Troppo spesso si assiste, da parte dell’attuale classe dirigente, ad una categorizzazione dispregiativa della nuova generazione. Viene definita impreparata, pigra e qualche volta persino ignorante.
Mai giudizio fu più sbagliato.

I nuovi elettori rappresentano la classe dirigente del futuro. Sono variegati e distribuiti tra gli schieramenti politici. Qualcuno li accusa di essere più estremisti dei loro genitori e dei loro nonni, ma è tutto normale. L’energia e la vitalità dei loro anni li porta, come insegna la storia, a vivere le situazioni con maggiore trasporto ed entusiasmo.
Ricordate i sessantottini? Anche loro sono stati portavoce di un pensiero intransigente e sovversivo, visto all’epoca, da una larga fetta di opinione pubblica, come minaccia per la stabilità della liberal-democrazia. Eppure, oggi sono parte della storia.
I giovani non sono sprovveduti, non sono irresponsabili, non sono nemmeno preoccupanti nullafacenti. Sono figli del loro tempo, di un’epoca in costante e rapido mutamento.

Partecipano alla vita democratica e lo fanno volentieri, chiedendo al governo riforme, lealtà e azioni concrete.
“Se si votasse domani, chi sceglieresti?”. A rispondere è Marco, studente di Parma al primo anno di giurisprudenza. “Io sono per il centrodestra, anche perché negli ultimi anni abbiamo avuto prima premier di centrosinistra e ora Conte. Vorrei capire il centrodestra cosa possa essere in grado di fare”.
Cecilia, diciannove candeline spente da poco e l’esame di maturità appena superato in un liceo classico di Bologna, crede invece che “Il centrosinistra e Renzi siano portatori di qualche novità in più. Poi, sono gli unici con un minimo di credibilità”.

Infine c’è Antonio, romano e convinto sostenitore di Conte, perché “È un uomo serio, un Presidente del Consiglio finalmente rispettabile. Mi è piaciuta la sua gestione dell’emergenza, ma vorrei che fosse data maggiore attenzione alla scuola”.
Sono le stesse richieste che alla politica vengono fatte da decenni, è vero, ma loro, con la speranza tipica dei diciotto anni, credono possa finalmente arrivare qualcuno di diverso.
Nel 2013, i Cinque Stelle hanno promesso il cambiamento, e l’elettorato giovanile li ha premiati. Oggi è la destra a proporre una decisiva trasformazione e, infatti, i sondaggi la vedono in testa.
I giovani hanno voglia di aria fresca. Aprire una finestra e lasciar passare uno spiffero è il solo modo per farli riavvicinare ad una politica, quella italiana, che ha nella propria classe dirigente la più anziana d’Europa.