
Si è appena conclusa un’altra settimana terribile nella guerra contro il COVID-19 negli Stati Uniti. Al di fuori dell’area metropolitana della città di New York, che da lunedì ha avviato la Fase 2 e dato il via libera alla ripartenza di uffici, agenzie immobiliari, barbieri e ristoranti all’aperto, i casi di coronavirus continuano a crescere in 31 stati, così come la percentuale di tamponi positivi.
La curva in salita e l’emergere di nuovi focolai hanno spinto i governatori a correre ai ripari. Dopo che giovedì è stato registrato il record di quasi 40mila contagi nel Paese, negli epicentri di Florida e Texas è stata ordinata la chiusura dei bar. Domenica pomeriggio in California Gavin Newsom ha approvato un provvedimento simile per le contee di Los Angeles, Fresno, Kern, San Joaquin, Tulare, Kings e Imperial.
“Se potessi tornare indietro e rifare qualcosa, probabilmente [ne] rallenterei la riapertura”, ha dichiarato il repubblicano Greg Abbott da El Paso nel suo mea culpa di fronte alle telecamere.
E se Florida e Texas stanno invertendo il graduale processo di ritorno alla normalità dopo il lockdown, già nelle scorse settimane alcuni stati hanno messo in pausa o posticipato la ripresa delle attività economiche: secondo il riepilogo del New York Times, si tratta di Arkansas, Delaware, Idaho, Louisiana, Michigan, Nevada, New Mexico, North Carolina e Oregon.
Nonostante due milioni e mezzo di positivi e 125mila morti dall’inizio, il vicepresidente Mike Pence ha difeso le scelte degli amministratori locali e ha sostenuto che l’aumento dei casi sarebbe direttamente collegato all’aumento dei test, salvo poi annunciare la cancellazione di una tappa della campagna elettorale proprio in Florida.
Brutte notizie pure per chi sperava di trovare rifugio in Italia durante l’estate. Archiviato il picco, le nazioni europee guardano al futuro. L’Italia ha contato otto morti nella giornata di sabato, il minimo da marzo; i cittadini di Francia e Polonia si sono ripresentati alle urne nel primo esercizio democratico del post-pandemia.
Intanto l’UE cerca l’accordo contro il tempo sulla lista di Paesi ammessi dopo il primo luglio. Nel tentativo di raggiungere l’unanimità tra chi vuole mantenere alta la guardia e chi non vorrebbe penalizzare il settore turistico, a Bruxelles si pensa di accogliere per ora solo i viaggiatori provenienti da Algeria, Australia, Canada, Corea del Sud, Georgia, Giappone, Marocco, Montenegro, Nuova Zelanda, Ruanda, Serbia, Tailandia, Tunisia e Uruguay (per la Cina, l’OK dipenderebbe da una decisione reciproca).
Le fonti citate dal New York Times darebbero per certa l’esclusione di tutti gli altri Paesi dove l’emergenza sanitaria è ancora fuori controllo, inclusi gli Stati Uniti, la Russia e il Brasile. Nonostante l’elenco non sia vincolante, gli stati membri che non vogliano seguire le raccomandazioni rischierebbero la chiusura dei confini interni all’Unione, oltre al possibile insorgere di infezioni legate al flusso di visitatori. Le eccezioni previste riguarderebbero “personale medico, diplomatici, operatori di organizzazioni umanitarie, passeggeri in transito, richiedenti asilo e studenti”, assieme a “passeggeri in arrivo per motivi familiari imperativi e lavoratori stranieri il cui impiego in Europa è considerato essenziale”.
In attesa del voto di lunedì, i turisti americani dovranno attendere prima di prenotare i biglietti.
AGGIORNAMENTO: Viste le tante richieste di delucidazioni, ci teniamo a precisare che il rientro di cittadini italiani dagli Stati Uniti è garantito sempre secondo le regole di base valide ad oggi per il Decreto “#IoRestoaCasa”. Come spiega la pagina del sito del Ministero per gli Affari Esteri e la Cooperazione Internazionale:
[…] solo per comprovate esigenze lavorative, di assoluta urgenza o per motivi di salute; resta in ogni caso consentito rientrare presso il proprio domicilio, abitazione o residenza. Chi entra o rientra in Italia da Stati o territori diversi da quelli sopra elencati [dagli stati membri UE+Islanda, Liechtenstein, Norvegia, Svizzera+Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del nord+Andorra, Principato di Monaco+Repubblica di San Marino e Stato della Città del Vaticano, ndr] deve trascorrere un periodo di 14 giorni di sorveglianza sanitaria e di isolamento fiduciario presso la propria abitazione o in un’altra dimora scelta dall’interessato o, in mancanza, determinata dalla Protezione civile regionale.
Alla partenza sarà necessario compilare un’autocertificazione da consegnare al vettore in caso di “utilizzo di mezzo di trasporto pubblico”. Nel modulo, il dichiarante dovrà indicare le sue condizioni, i recapiti e l’indirizzo presso il quale svolgerà l’auto-quarantena.
In risposta alle vostre domande sulle vacanze in Italia per i cittadini residenti negli Stati Uniti, almeno fino al 30 giugno il MAECI è perentorio:
Gli spostamenti da e per Paesi diversi [dagli stati membri UE+Islanda, Liechtenstein, Norvegia, Svizzera+Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del nord+Andorra, Principato di Monaco+Repubblica di San Marino e Stato della Città del Vaticano, ndr] per motivi di turismo non sono invece consentiti fino al 30 giugno.
Al momento della stesura di questo articolo era inoltre in vigore il travel ban proclamato l’11 marzo da Donald Trump, che vieta l’ingresso negli Stati Uniti a chiunque abbia soggiornato nell’area Schengen nelle due settimane precedenti, ad eccezione di cittadini americani, titolari di green card, diplomatici, funzionari NATO, loro coniugi e figli a carico di età non superiore ai 21 anni.
Nel caso in cui abbiate un visto di soggiorno diverso dalle categorie segnalate qui sopra e vogliate recarvi all’estero per un breve soggiorno, vi consigliamo quindi di non lasciare gli Stati Uniti.
Per ogni dubbio in materia di immigrazione, vi rimandiamo all’intervista all’avvocato Nicola Tegoni firmata dalla giornalista de La Voce di New York Giulia Pozzi.