Dopo la storica sentenza sui diritti dei lavoratori LGBTQ, giovedì mattina i giudici del blocco liberale hanno incassato un’altra vittoria. Grazie al voto del conservatore Roberts, la Corte Suprema degli Stati Uniti si è espressa contro la cancellazione del Deferred Action for Childhood Arrivals (DACA) decisa da Trump nel 2017.
Creato nel 2012 durante l’era Obama, il programma protegge circa 700mila giovani immigrati dalla deportazione con permessi di soggiorno e di lavoro rinnovabili ogni due anni.
Per richiedere lo status, era necessario non aver superato i trentuno anni di età; essere arrivati negli Stati Uniti prima dei sedici anni; aver vissuto nel Paese in modo continuativo dal 15 giugno 2007; essere iscritti a un istituto scolastico, o aver completato l’istruzione superiore, o essere veterani della Guardia Costiera o delle Forze Armate; e non aver commesso reati gravi.

“La disputa dinanzi alla Corte non riguarda se il Dipartimento di Sicurezza Nazionale possa rescindere il DACA o meno. Tutte le parti sono d’accordo che possa farlo. La disputa riguarda principalmente la procedura che il Dipartimento ha seguito per farlo”, scrive l’autore della sentenza e presidente della Corte Suprema Roberts, spiegando che l’amministrazione Trump non avrebbe fornito motivazione adeguate per interrompere il programma.
Nonostante la posizione del massimo tribunale lasci spazio a futuri tentativi nella stessa direzione, gli esperti ritengono difficile che Trump possa riuscire nel suo intento prima delle elezioni di novembre.
Di fronte a un’altra decisione sfavorevole, il Presidente ha anzi tuonato su Twitter: “Non avete l’impressione che io non piaccia alla Corte Suprema?” e ha chiamato i cittadini a rieleggerlo per un secondo mandato.
Do you get the impression that the Supreme Court doesn’t like me?
— Donald J. Trump (@realDonaldTrump) June 18, 2020