In un bellissimo documentario su Netflix dal titolo “13th”, la filmmaker e regista Ava Duvernay illustra perfettamente come, nonostante il tredicesimo emendamento della carta costituzionale americana abolisca ufficialmente nel 1864 la schiavitù, il sistema suprematista bianco si sia profusamente impegnato a perpetrare la sottomissione degli afroamericani: non potendo più comprarli e possederli ufficialmente andava trovato un modo per aggirare la costituzione e continuare a reprimerli.
La segregazione è durata un altro secolo: i neri erano ‘liberi’ ma senza diritti, senza possibilità e ‘legalmente schiavizzati’ da un sistema razzista che, anche quando li impiegava professionalmente, li sottopagava impedendogli così il risparmio, l’accesso all’istruzione e alla proprietà di un pezzo di terra o anche solo di una casa, per non parlare del voto. Così fino al 1964, quando finalmente il Civil Rights Act (legge federale dei Diritti Civili) dichiarava la parità dei diritti e la fine della segregazione razziale.
Ci sono voluti altri aggiustamenti negli anni successivi per integrare anche il diritto al voto, alla casa, all’istruzione e al lavoro ma sembrava definitivamente sancita la parità. Sembrava… perché in realtà i suprematisti bianchi non erano ancora disposti ad arrendersi: bisognava trovare il modo di perpetrare la loro soggiogazione. É bastato continuare a definirli criminali, stupratori e pericolosa minaccia per la società bianca e con un bombardamento mediatico si continuò ad imporre l’idea che fosse indispensabile rafforzare l’apparato di sicurezza per contrastare il dilagare della criminalità favorita dalla liberazione e parificazione degli schiavi neri.
Da lì in poi l’escalation di provvedimenti per rafforzare il potere delle forze di polizia, sostenuta, validata e realizzata da governi e istituzioni, ha garantito la prosecuzione di torture, umiliazioni, assassinii e discriminazione nei confronti degli afroamericani, che a livello sociale rimangono sempre indietro in termini di possibilità. Il grande sogno americano non funziona realmente; non si può dire che si basi sul merito fintanto non se ne garantisca l’accesso a tutti!

I numeri delle ingiustizie sono enormi e vergognosi. L’omicidio di George Floyd è solo l’ultimo caso ma evidentemente ha rappresentato la fatidica goccia che ha fatto traboccare il vaso di Pandora (permettetemi l’unione dei due proverbi): si è scoperchiato, speriamo senza possibilità di ritorno, il sistema di discriminazione razziale alla base delle loro persecuzioni ed il movimento BLM si è riversato nelle strade di tutti e 50 gli stati americani (ed in giro per il mondo). Appoggiati da tutte le etnie (basta parlare di razze!), i manifestanti pacifici stanno, da più di due settimane, protestando non solo contro la brutalità della polizia ma contro un intero sistema corrotto che Donald Trump e la maggior parte dei repubblicani stanno continuando a negare e allo stesso tempo a difendere strenuamente. É ora di dire basta!

Sta succedendo tutto durante una pandemia, il che rischiava di bloccare il flusso di denuncia e invece il paese è più presente che mai; le manifestazione hanno raggiunto un volume così massiccio da rappresentare la più grande partecipazione mai vista e l’era dei social, tanto denigrabili sotto alcuni punti di vista, stanno consentendo la diffusione di immagini, verità, opinioni, e contatti potenzialmente in grado di cambiare davvero le cose. La democrazia è partecipazione ed è un dato di fatto che spesso conta quasi più ‘chi dice cosa’ piuttosto che il contenuto del messaggio stesso.
Per questo è più che mai fondamentale che nomi noti e celebrità si schierino apertamente dalla parte giusta. E sono infatti moltissime le star che ci stanno mettendo la faccia, sia attraverso i social che con la loro presenza alle manifestazioni di piazza.
Una settimana fa, in occasione della celebrazione del Commencement (la cerimonia dei diplomi di chi si laurea) Barack e Michelle Obama si sono rivolti ai giovani con un video di oltre 4 ore pubblicato su You Tube, in cui non solo ringraziano i ragazzi per aver dovuto affrontare questa importante tappa della loro vita chiusi in casa per via della pandemia – rinunciando alla cerimonia con lancio del tocco e al ballo di fine anno – ma li esortano a trarne vantaggio, facendo riferimento al caso Floyd e sottolineando quanto sia importante la partecipazione.
Il Presidente Obama dichiara:
“Per quanto spaventosi possano sembrare questi tempi, essi rappresentano un campanello d’allarme ed un’incredibile possibilità per la vostra generazione, perché non dovete accettare ciò che finora è stato considerato normale. Non dovete accettare il mondo così com’è. Potete trasformarlo in quello che dovrebbe e potrebbe essere. Potete dare vita ad una nuova normalità, che sia giusta, che dia a tutti le stesse possibilità, che tratti tutti equamente e che costruisca ponti tra le persone invece di dividerle”.
Gli Obama sono i promotori di questo messaggio ma a loro si sono unite moltissime celebrità che, col pretesto di alleviare la mancanza di festeggiamenti per i giovani diplomati, si sono congratulati con loro senza perdere l’occasione di lanciare un chiaro messaggio a supporto del movimento BLM.
Alycia Keys ha aperto i discorsi:
“So che molti di voi non stanno pensando ai giorni spesi a scuola ma a cosa sta succedendo nel mondo in questo preciso momento. State pensando a marciare e a protestare e ad assicurare che la vostra voce sia ascoltata in un momento in cui non si può rimanere in silenzio… Avete preso il vostro dolore e la vostra rabbia e li state trasformando in azione e state dimostrando che la vostra generazione sarà quella che metterà a posto le cose… Il dolore che stiamo provando non è nuovo. Ma sembra diverso questa volta, vero? Credo che per la prima volta tutti noi, non importa come appariamo o da dove veniamo, vediamo chiaramente cos’è l’ingiustizia e ora possiamo scegliere come rispondere… Ma il cambiamento accade solo se ci informiamo, se ci sosteniamo a vicenda, se partecipiamo con il voto a novembre, se riconosciamo i nostri pregiudizi e troviamo il modo per empatizzare con chi sembra diverso da noi, anche se solo in superficie… Quindi voglio ringraziarvi con tutto il cuore per essere un’ispirazione, per aver ispirato il mondo a considerarci un’unica umanità”.
Lady Gaga aveva registrato il suo video messaggio prima dell’omicidio di George Floyd e della conseguente reazione del movimento attivista così ha scelto di rifarlo:
“State assistendo ad un momento cruciale per l’evoluzione di questo paese… Le cose cambieranno ed in meglio… Siamo stati chiamati a sfidare il sistema… So per certo in cuor mio che le persone che attueranno il cambiamento stanno ascoltando questo messaggio proprio ora. Siete i semi che faranno crescere una nuova foresta molto più bella di quella in cui viviamo ora”.
Ma la rete è piena di artisti impegnati nella denuncia.
Il regista Spike Lee (Do The Right Thing, Malcom X), da sempre politicamente impegnato per la causa afroamericana, ha pubblicato un corto, Three Brothers (Tre Fratelli) in cui presenta un montaggio di scene di Do The Right Thing con filmati originali dell’arresto di Floyd e Eric Garner – altra vittima del 2014 – a sottolineare che nulla è cambiato dai tempi del suo lungometraggio.
“Come è possibile che non si capisca perché la gente si stia comportando così? Non c’è nulla di nuovo, l’abbiamo visto con le rivolte degli anni ’60, l’assassinio del Dott. King, ogni volta qualcosa salta fuori e noi continuiamo a non ottenere giustizia, la gente sta reagendo nell’unico modo possibile per essere ascoltata… L’abbiamo visto, rivisto e rivisto… Questo è: l’uccisione di corpi neri, è su questo che si è costruito il paese”.
Tom Morello, chitarrista dei Rage Against The Machine e laureato in Scienze Politiche ad Harvard (esilarante lo scambio avvenuto su Tweeter con un contestatore che non lo riteneva all’altezza di un dibattito politico in quanto semplice musicista) twitta ogni giorno commenti, informazioni e denunce. Con la sua musica si è sempre espresso contro il sistema; cita Malcom X: “Non è polvere sulla mia spalla, è il tuo piede sul mio collo” ed ha avviato un programma dal titolo One Man Revolution sulla radio satellitare SiriusXM Lithium in cui parla di politica, spesso ospitando la mamma ultra novantenne e attivista, trasmette musica di rivolta ed invita la gente a comporre canzoni e poesie di protesta che trasmetterà in radio.
L’attrice Jane Fonda pare stia protestando ininterrottamente dagli anni 70. Non importa se l’arrestano di continuo: lei scende in strada e protesta, contro la guerra, contro i cambiamenti climatici e non poteva certo mancare contro la brutalità della polizia ed il razzismo:
“Godiamo di privilegi solo perché siamo bianchi… Anche i più poveri tra noi sono privilegiati. E dobbiamo ammetterlo e riconoscere che è proprio questo che permette il razzismo – politiche sociali e bancarie sfavorevoli, mutui negati… Sono queste le cose che impediscono agli afroamericani di equipararsi. Le politiche devono cambiare e i bianchi devono capire la storia che ha portato a tutto questo e devono tentare di compiere un cambiamento in loro stessi…Quando Trump è stato eletto è stato strappato via il cerotto e la gente ha potuto vedere senza più tanti giri di parole il razzismo presente nel paese e che c’è sempre stato, ma è stato rivelato in un modo molto più evidente ed incoraggiato da questa amministrazione… Mi sono resa conto che non sapevo abbastanza della storia del razzismo, della schiavitù, dell’era della ricostruzione e di Jim Crow (sistema di leggi razziali, ndr) così negli ultimi tre anni ho cominciato a studiare approfonditamente”.
La lista di celebrity è lunghissima: Bansky, Emma Watson, Harry Belafonte, Sammy Davis Jr, Pink, Ben Affleck, Jamie Foxx, Sean Penn, Susan Sarandon, Nick Cannon, John Cusack, Fiona Apple, Camila Cabello, Paris Jackson, John Legend, Ellen DeGeneres, Micheal Jordan, Micheal Moore…
Un elenco infinito di Very Important People che si somma alle migliaia e migliaia di voci che per strada urlano No Justice No Peace (Niente Giustizia, Niente Pace), I Can’t Breath (Non Riesco A Respirare, le ultime parole di Floyd), Hands Up, Don’t Shoot (Mani In Alto, Non Sparate). Stanno partecipando in tutti i modi: con video, messaggi sui social, interviste, donazioni e scendendo letteralmente in piazza con cartelli, megafoni e tanto di stampelle, come nel caso di Madonna che a Londra ha contestato insieme al movimento BLM e su Instagram ha postato:
“Vedere il poliziotto soffocare George Floyd con il ginocchio sul collo, già ammanettato ed inerme, mentre piange per la sua vita con la faccia per terra… era da tanto che non vedevo una cosa così ripugnante e straziante. Il poliziotto sapeva di essere ripreso e ha comunque ucciso con arroganza e orgoglio. Tutto questo deve finire!! Finché non sconfiggeremo il razzismo in America nessuno dovrebbe essere autorizzato a possedere una pistola. Che Dio benedica George Floyd, sono addolorata per te e la tua famiglia. E per tutte le morti innocenti prima di te”.
Signore e signori, la Rivoluzione è cominciata. E non fraintendetemi se vado contro corrente e non mi affido alla speranza, che da vocabolario è ‘un’attesa fiduciosa spesso illusoria’: invece di sperare che duri e che vinca… FACCIAMOLA DURARE! FACCIAMOLA VINCERE!
Dipende da noi.