COVID-19 Andamento 4 – 10 maggio 2020d
11 maggio h. 07:00 a.m. EST
Da soli, Nord America ed Europa occidentale hanno manifestato circa il 65% dei casi confermati di Covid-19 al mondo, (stamattina sono quasi 4.200.000) e quasi l’80% dei decessi totali (stamattina, quasi 285.000). Non solo la pandemia “atlantica” colpisce soprattutto i paesi ricchi e sviluppati del cosiddetto occidente, ma uccide qui più di quanto uccida altrove. Può sorprendere, scandalizzare, stimolare a ricercare approfondimenti sui dati “veri” della pandemia (se mai sarà possibile reperirli) in taluni paesi “indiziati di censura”, ma per ora tant’è: i numeri raccontano questa verità.
La persistenza del dato “atlantico”, già rilevato nelle precedenti settimane, contribuisce a rendere tuttora virulenta una pandemia che a livello globale, comincia ad esprimere numeri importanti. Questo sviluppo (intorno a 600mila nuovi positivi a settimana) era atteso; bisognerà vedere come potrà essere fatto retrocedere, auspicabilmente tra questo mese e il prossimo (già nella settimana chiusa ieri notte si sono avuti, sulla precedente, 47mila positivi confermati in meno).
E comunque, se si va a guardare il dato globale assoluto riferendolo al totale della popolazione, si può notare come resti, per ora, relativamente contenuto in particolare per quanto riguarda i casi confermati. Come mostra la tabella di questa notte, vista nella prospettiva dei casi confermati su 1 milione di popolazione, i positivi nel mondo risultano ora a quota 541. Ben altre situazioni compaiono osservando lo stesso dato a livello dei paesi esposti in tabella, tutti a quattro cifre, dal picco spagnolo di 5.607 positivi per milione di abitanti al minore 1.670 turco. Il dato mondiale sui decessi è però meno confortante, perché a livello planetario alla fine della settimana si riporta la percentuale di deceduti rispetto ai confermati di 6,8, molto più alta della percentuale di diversi paesi in tabella (Turchia 2,7; Germania 4,4; Usa 5,9).
A proposito delle considerazioni alle quali spinge la doppia lettura assoluta e percentuale delle situazioni nazionali in tabella, può dirsi che le tendenze rilevabili questa settimana, che peraltro confermano strisce di dati già presentati nelle settimane precedenti, consentono alcune osservazioni di fondo sull’andamento di questi mesi di malattia da virus Corona 19, di particolare interesse nella fase di riattivazione post lockdown che molti paesi stanno disponendo, pur con bisticci tra centri diversi del potere decisionale nazionale (esemplari i casi italiano e spagnolo).
Come mostra un veloce sguardo alle due tabelle di seguito (per la visione più ampia aiuta il ragionamento un’occhiata anche alle tabelle pubblicate nelle precedenti settimane), il virus si è diffuso nelle popolazioni nazionali in pesi percentuali molto diversi, e con ritmi e intensità di progressione originali. Le originalità, delle quali qui non si può offrire documentazione per mancanza di spazio, sono spesso derivate da fattori locali che hanno inciso – in modo irripetibile per altre condizioni nazionali -, sul dato nazionale espresso dai singoli paesi. È stato così in Cina con Wuhan, in Italia con la Lombardia, in Spagna con Madrid e Barcellona, negli Stati Uniti con New York.
Di evidenza il riferimento agli Stati Uniti: pur avendo un numero spaventosamente più alto di casi confermati rispetto a qualunque altro paese al mondo, anche di quelli con popolazione notevolmente superiore come Cina e India, il Covid-19 statunitense rileva, sul totale della popolazione su cui si abbatte, un valore percentuale che supera di poco i 4.000 casi per milione, che inoltre cresce con estrema lentezza (questa settimana, dalla quota prossima a 3.700 di lunedì). Davanti ha tuttora il Belgio, oltre al paese che da più di un mese mantiene il non invidiato primato di casi in relazione alla popolazione: la Spagna.
Decisamente meglio il paese iberico va nel rapporto tra decessi e confermati. In questo ambito, peggio di tutti si comporta il Belgio, salito mercoledì a 16,5 decessi ogni 100 casi confermati, poi da giovedì (v. le due tabelle) in timido ripiegamento che dovrebbe trovare conferma nei prossimi giorni.
Nella colonna H delle tabelle, al Belgio seguono Regno Unito e Francia, che sabato compaiono quasi appaiati. Tocca poi all’Italia con quasi 14 decessi ogni 100 malati confermati.
Si è già avuto modo di rilevare come il Canada in questo particolare aspetto si comporti peggio del suo grande vicino, pur attestandosi intorno alla metà del dato dell’Europa, dove solo la Germania si colloca (ampiamente) sotto il 10% dei decessi rispetto ai positivi. Poco alla volta il Canada, da posizioni di assoluta retroguardia delle settimane precedenti, è arrivato a quasi l’1% in più degli Usa in quanto a numero di morti sui malati confermati.
La terza osservazione riguarda come i paesi in tabella esprimono i propri movimenti negli indicatori evidenziati. La Germania, ad esempio, Svezia a parte, ha un numero alto di casi confermati, ma esprime nell’ordine il rapporto più basso tra confermati e popolazione nell’Europa occidentale, e soprattutto, come documenta la tabella di ieri sera, ha il numero più basso di positivi ancora attivi.
Spagna e Italia, pur avendo una curvatura del fenomeno abbastanza concordante, divergono sensibilmente su due indicatori chiave: la Spagna, che supera notevolmente il cugino latino in quanto a casi confermati (più di 45.000, oggi) è molto più brava in quanto a guarigioni (71.000 di più ad oggi), pur essendosi Covid-19 collocato nella penisola iberica con ritardo rispetto alla diffusione nella penisola italica. Anche in quanto a decessi, la Spagna fa meglio dell’Italia, e non casualmente mentre la percentuale italiana è prossima al 14% di deceduti sui confermati, la Spagna non ha mai superato il 10,24 (nella tabella di venerdì era rientrata già a 10,15, per scendere a 10,06 domenica). Differenziazione anche di maggiore portata, che questo dato, in Italia, dopo la contenuta tendenza flessiva manifestata un paio di settimane fa, ha ripreso a salire in continuazione, al contrario della Spagna: da 13,72% di lunedì e 13,88% di venerdì a 13,95% di ieri sera.
Il fatto è che l’Italia condivide con la Francia bassi numeri di guariti: se sono 144.400 i guariti denunciati dalla Germania e 176.500 quelli spagnoli, l’Italia supera di poco 105.000 e la Francia è appena a 56.000. Va detto che l’Italia, nella settimana in scadenza, ha mosso molto quel numero, partendo da neppure 83.000 guariti, e tuttavia la cifra è impietosa per il nostro sistema sanitario, nel paragone con sistemi che apparentemente, sinora, hanno retto meglio la sfida dell’epidemia, almeno in termini di guarigioni.
Nel complesso sono due le situazioni che in Europa, tardano nelle prospettive del rientro dal picco del Corona: Francia e soprattutto Gran Bretagna. Il Regno Unito, per l’intempestività del governo, soffre un eccessivo carico di positivi rispetto a tutti gli altri paesi europei in tabella, con 187.000 casi ancora attivi al momento. Di buono, per la Francia c’è che in settimana ha fatto crescere di poco la curva dei positivi anche se non fornisce ancora segnali apprezzabili di appiattimento. La Francia ha comunque una popolazione superiore di 700mila unità a quella britannica: su questa base vanno anche letti eventuali confronti in tabella fra i due paesi.
Nel consuntivo settimanale, un’occhiata necessita il caso attualmente più grave, gli Stati Uniti. In settimana hanno sofferto una media quotidiana di nuovi positivi superiore a 21mila, e di 1.450 morti. Ma mentre i casi confermati quotidiani hanno registrato un ritmo abbastanza regolare, la mortalità ha avuto una sostanziosa progressione tra martedì e sabato e quasi un dimezzamento sulla media nei dati di lunedì e domenica, come evidenziano le tabelle.
Ovviamente le notizie peggiori continuano ad arrivare dalla costa nord atlantica, come riportato nella tabella riguardante i casi degli stati della federazione con più di 2.000 decessi totali.
Partendo da quanto si espone in tabella, si evidenziano le situazioni dei singoli stati nel rapporto percentuale tra casi confermati e popolazione: New York 1,72% (2,19% per la città), New Jersey 1,56%), Connecticut 0,94%, Massachusetts 1,13%, Illinois 0,61%, Michigan 0,47%. Quindi a New York città 22 casi ogni 1.000 e nello stato 17 ogni 1.000, poco più che in New Jersey; poi si scende decisamente con 11 casi per 1.000 in Massachusetts, 9 in Connecticut, 6 in Illinois e circa 5 in Michigan.
In quanto ai decessi sui confermati, va peggio per Michigan (9,65%) e Connecticut (8,84%), quindi a decrescere stato di New York 7,94% (ma la città 10,74%), Louisiana 7,23%, New Jersey 6,67%, ; Massachusetts 6,40% e, buon’ultima California a 4,02%. Per un raffronto federale, il dato medio statunitense di ieri sera è stato 5,91%. A parte la Germania che è al livello della California, tutti gli altri paesi europei, come si può vedere dalla tabella di ieri, sono notevolmente sopra anche al dato superiore registrato dal Michigan. Fa eccezione la città di New York, comunque ben sotto i dati di paesi come Regno Unito, Belgio, Francia, Italia.
Sono numeri che offrono un’ulteriore occasione per riflettere, nel paragone con l’amico americano, su quanto sia stato o non efficace il sistema sanitario pubblico europeo di fronte all’emergenza del virus Corona 19. Al tempo stesso può dirsi che in Europa, per ora, a parte il caso Gran Bretagna, le nazioni più colpite manifestano segnali decisi di miglioramento (ad esempio R0 Italia è stato per tutta la settimana ampiamente al di sotto del valore 1 e le tabelle documentano progressi decisi sia nella riduzione delle vittime, che nell’aumento del numero dei guariti che da giorni ha superato quello dei positivi, che nella diminuzione di terapie intensive). Lo stesso non può ancora dirsi per gli Stati Uniti. Va aggiunto che il quadro planetario dell’infezione da virus Corona 19, evidenzia come gli Usa denuncino poco meno di 1/3 dei casi confermati e dei decessi, ma quasi la metà dei casi tuttora attivi, il che fa temere ulteriori sviluppi negativi nella curva dei decessi statunitensi.
Con tutto ciò l’amministrazione Trump, replicando il comportamento cinese, ha rifiutato di partecipare alla conferenza convocata lunedì 4 maggio a Bruxelles dalla Commissione Europea per la campagna intergovernativa universale di raccolta fondi da destinare alla ricerca del vaccino without frontiers contro il Corona-19, senza scopi commerciali. La scelta americana fa il paio con la sciagurata proposta di Trump, in marzo, di acquisire in esclusiva per 1 miliardo di dollari, al fine della commercializzazione statunitense, la ricerca sul vaccino portata vanti dall’azienda tedesca CureVac.

In chiusura i risultati dell’inchiesta condotta nel Regno Unito su come l’informazione stia coprendo la pandemia. La ricerca di aprile di YouGov dice che circa 2/3 della gente non crede a quanto raccontano i giornalisti televisivi; il pubblico desidera informazioni precise e farebbe volentieri a meno delle beghe tra politici. D’altro avviso l’indagine d’opinione uscita a inizio mese realizzata da Cardiff University, Cushion, Soo, Kyriakidou and Morani: fornisce una scala di fiducia nei giornalisti britannici che vede al primo posto proprio quelli televisivi, seguiti da quelli radiofonici. Malissimo gli operatori della carta stampata e dell’online. Bbc largamente prima nella fiducia della gente. Opposta anche la valutazione del gradimento del dibattito politico: viene fuori che la gente ama le critiche al governo e la differenza di opinioni. YouGov non è stato invece smentito da nessuno, in quanto al gradimento della gente britannica per le misure di lockdown prese dal governo dopo le esitazioni iniziali: gradimento alto, accompagnato da rimpianto per i tempi che furono (caro vecchio pub!) e ansia.
Tornando all’altra inchiesta, più della metà della popolazione è contraria alla riapertura di attività pubbliche e private almeno per questo mese: il 51% vuole la chiusura delle scuole primarie, il 53% la chiusura delle scuole secondarie, il 67% chiede che si continui a lavorare solo da casa, il 72% vuole che gli anziani se ne stiano a casa. Però solo il 45% è favorevole a che i negozi di beni non essenziali restino chiusi.
A conferma dell’adagio in circolazione dal 1971 grazie ad Alistair Foot e Anthony Marriott – “No Sex Please We’re British” – meno di un britannico su 15 ha affermato che lo stare forzato in casa abbia alzato la curva dei suoi rapporti sessuali.