Anche poco fa alle 18 in punto le finestre si sono aperte e gli italiani hanno cominciato a cantare tutti insieme. Più organizzati di ieri, più determinati a dimostrare che sono uniti a casa, stanno soffrendo, ma resistono. Non pensavo che fosse così commovente e invece cantare tutti insieme dà forza.
All’improvviso la nostra vita è cambiata e si trascorrono le giornate in casa con la tv accesa, aspettando una buona notizia che non arriva. Le amiche telefonano cercando un po’ di conforto, ci si scambia le informazioni sui negozi aperti senza code dove ancora non sono spariti i disinfettanti che vanno a ruba.
Sono in tante ad avere i figli in giro per l’Europa, sono preoccupate e vorrebbero che rientrassero da Londra dopo le parole scriteriate di Boris Johnson. Ma qui non è meglio con il bollettino di morti quotidiano e di contagiati. Oggi ci sono stati pare meno morti del solito, solo 175 persone. Persone che avevano una vita prima che tutto questo scoppiasse.
Ovunque a Roma il silenzio è irreale, spezzato ogni tanto dalle grida dei bambini che scendono a correre nel vialetto del palazzo. Tre fratellini che tenere dentro casa per giorni è impossibile. 5 minuti di corsa per scaricare l’energia accumulata e poi si torna a casa. Ci si chiede sino a quando durerà ed è difficile dare una risposta. La data del 3 aprile è solo una bandierina psicologica, messa come incoraggiamento, ma sappiamo tutti che non basteranno pochi giorni per tornare alla normalità. La quarantena continuerà, altre misure arriveranno, altre persone si ammaleranno, sino a quando il picco sarà raggiunto.
Come reggere a tutto questo psicologicamente, economicamente, affettivamente?
Gli italiani sono creativi e si inventano i modi più curiosi per reagire. Ed è l’aspetto positivo di questa tragedia interminabile. E così le barzellette dilagano, insieme ai flashmob ieri alle 18 con l’inno d’Italia cantato dai balconi. Poi oggi l’applauso alle 12 per i medici e gli infermieri che stanno lottando senza sosta contro il virus. E’ stato liberatorio e ci sta facendo scoprire un senso di vicinanza e di attaccamento al paese che non ha nulla a che fare con il becero sovranismo di “prima gli italiani”. Ci si sorride dai balconi ed è stato commovente scoprire i vicini dei palazzi intorno con i quali ti vedi di rado e cantare con loro, prima timidamente e poi con maggiore convinzione man mano che ci si accorgeva che altri si stavano unendo a noi.
C’è un’Italia che soffre per una ragione vera, sconosciuta alle nostre generazioni, che vuole restare unita e lo fa come può. E’ dura per chi è a casa ammalato o sta lottando in ospedale con il virus. E’ dura per chi non sta lavorando ed è stato costretto a sospendere ogni attività. Ed è dura per chi lavora in corsia. Non finiremo mai di ringraziare tutti quanti si stanno adoperando per mandare avanti il paese e garantire i servizi necessari. Ma è dura anche per chi è solo da giorni dentro casa, è dura per chi deve concentrarsi in smart working con i bambini che giocano intorno. Anche in questo gli italiani si stanno dimostrando creativi.
Arrivano in continuazione idee per stare insieme, per non deprimersi, per non spaventarsi. Le scuole si sono organizzate con le video lezioni per non far perdere l’anno scolastico. Io mi sono iscritta su un gruupo di Skype e da lunedi ginnastica di gruppo con le amiche abituali della palestra più l’aggiunta di altri amici bloccati in casa. Le proposte sono tantissime e strane. Chi vuole, può con santa pazienza mettersi a mappare le colonie di pinguini sparsi nel mondo dando una mano alla scienza, basta scaricarsi un software. Si può leggere grazie agli sconti sui libri e sui siti dei giornali per tenersi informati.
C’è una nuova solidarietà che era stata soffocata da un dibattito politico incattivito dall’odio. Ci si tende una mano e ci si rende più disponibili. Nei palazzi c’è chi si offre di fare la spesa a chi non può uscire. Mio figlio che è a casa malato se la farà lasciare sull’uscio da un ragazzo che abita vicino a lui e speriamo che vada tutto bene.
La nota positiva di questo dramma è che il coronavirus ha spazzato via quei politici da selfie, li ha neutralizzati, li ha resi fuori posto davanti all’emergenza nazionale e ai problemi reali. Non li vedi più in tv a lanciare i loro anatemi. Torneranno lo sappiamo, ma sono convinta che dopo questa tragedia, anche tutti noi torneremo e saremo cambiati, di sicuro in meglio.