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January 16, 2020
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Il destino di Trump e degli Stati Uniti nelle mani del Senato. Chi cadrà?

Si apre al Senato il processo di Impeachment per il presidente Donald Trump, che si mostra ancora sicuro che i repubblicani lo proteggeranno

Stefano VaccarabyStefano Vaccara
Time: 4 mins read

“Abbiamo la migliore economia da decenni, con la percentuale di disoccupazione più bassa, e che cosa fanno i democratici? Cercano di fermare la mia rielezione con l’impeachment. It is a hoax. E’ tutto un inganno”.

Così Donald Trump ancora una volta oggi, davanti alle telecamere,  mentre era incalzato dai giornalisti che gli chiedevano sul processo per l’impeachment appena inaugurato al Senato e anche sulle ultime rivelazioni saltate fuori dall’”inviato” di Rudy Giuliani in Ucraina…

Parla così come per dire: ma che volete che sia violare la legge per un ricattuccio agli ucraini, se poi sono io che riesco a far volare l’economia? Se concludo un trattato commerciale con i cinesi che ci farà guadagnare un sacco di soldi? Già, America, che ti frega avere un “gangster” alla Casa Bianca, se dopotutto…

Non funziona ancora così negli Stati Uniti. Lo stato di diritto e il rispetto della Costituzione hanno obbligato il Congresso ad andare avanti. I democratici che hanno votato l’impeachment non avrebbero potuto, viste le accuse a carico del presidente, far finta di nulla. E’ ancora lecito sperare che i senatori repubblicani, che hanno la maggioranza, durante il processo al Senato faranno il loro dovere o invece è tutto inutile, ormai sono così impauriti e condizionati da Trump che la peste della disonestà li ha contagiati in tal modo che l’interesse della poltrona vale sopra ogni cosa, anche quello del futuro dello stato di diritto negli Stati Uniti?

Oggi comunque rimarrà una giornata storica. I sette “manager” della House, nominati dalla Speaker Nancy Pelosi e guidati dal Congressman  Adam Schiff (D. CA), che sono Jerry Nadler (D-N.Y.), Zoe Lofgren (D-Calif.), Hakeem Jeffries (D-N.Y.), Val Demings (D-Fla.), Jason Crow (D-Colo.) e Sylvia Garcia (D-Texas), sono entrati solennemente al Senato. Schiff ha letto in aula i due articoli di impeachment. Poi due ore dopo, il giudice capo della Corte Suprema John Roberts, che presiederà il processo al Senato, è entrato nell’aula e ha giurato di essere imparziale. Intanto i 100 senatori erano anche chiamati a siglare con una firma la loro promessa che gli impone di condurre il processo in modo imparziale e secondo le direttive della Costituzione. C’erano anche i senatori candidati alla Casa Bianca Bernie Sanders, Elizabeth Warren e Amy Klobuchar, costretti a lasciare la campagna elettorale in Iowa per essere presenti all’inaugurazione del Processo. Dovranno poi rimanerci a tutte le sedute rischiando così che i loro principali avversari per la nomination,  Joe Biden e Pete Buttigieg, se ne avvantaggino prima del voto del 3 febbraio dei caucuses dell’Iowa.   

Servirà questo processo al Senato o ormai tutto è già prestabilito? In molti, anche tra i sostenitori dei Democratici,  sono ormai convinti che le divisioni di partito non porteranno a nulla, che la verità non interessa, e che alla fine vincerà ancora una volta Trump. Se quattro anni fa il tycoon da candidato dichiarava che avrebbe potuto anche sparare a chiunque sulla Quinta Avenue e i suoi supporter lo avrebbero votato lo stesso, ora il Presidente conta sul fatto che nonostante ci possano essere nuovi documenti, nonostante qualsiasi prova o testimonianza verrà portata al Senato venendo mostrata ai senatori evidenziando la condotta criminale del presidente nei confronti della Costituzione, i senatori del GOP lo assolveranno lo stesso. Eppure congelare dei fondi di aiuti per un paese straniero approvati da una legge del Congresso per ricattare un presidente di quello stesso paese ad indagare un avversario politico del presidente USA, ecco non è far politica estera, ma calpestare il Congresso e la legge degli Stati Uniti e quindi ti obbliga all’impeachment!.

Proprio ieri è esplosa la bomba di Lev Parnas, un nome finora noto solo agli addetti alle indagini e che potrebbe invece entrare nei libri di storia degli Stati Uniti per essere lo sconosciuto che incastrò Trump. Nato ad Odessa durante il periodo dell’URSS e naturalizzato americano, Parnas da figura marginale, ora sembra diventare centrale nello scandalo sull’Ucraina, che ha portato all’Impeachment. Se per tutto quello che Parnas ha detto ieri sera  (intervista in Tv su Msnbc a Rachel Maddow e dichiarazioni al NYT, oggi parlerà anche con Anderson Cooper della CNN), avrà fornito anche le prove documentate – come sembrerebbe abbia già fatto – in cui racconta come eseguiva gli ordini di Rudy Giuliani e anche direttamente dal Presidente Trump per ottenere dal nuovo presidente ucraino l’annuncio di una inchiesta su Joe Biden, potrebbe allora rivelarsi proprio lui il “testimone chiave” per convincere almeno un terzo dei repubblicani e far cacciare Trump dalla Casa Bianca. E a quanto pare, Parnas non solo ha coinvolto direttamente il presidente, ma anche il vicepresidente Pence, il ministro della Giustizia Barr… Sono stati mostrati già degli scambi di text che Parnas avrebbe avuto con loschi individui, a quanto pare mentre era invischiato nel cercare di aiutare Trump in Ucraina. Sembra che si stesse cercando di “eliminare” l’ostacolo portato dall’ambasciatrice americana a Kiev Mary Yovanovitch…. Il Segretario di Stato Mike Pompeo, mentre scriviamo queste righe, non ha ancora commentato queste gravissime rivelazioni.

Se i nuovi documenti di prova contro Trump potranno essere mostrati al Senato, ascoltando anche i testimoni, potranno i repubblicani ancora far finta di nulla? Lo sapremo tra pochi giorni.

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Stefano Vaccara

Stefano Vaccara

Sono nato e cresciuto in Sicilia, la chiave di tutto secondo un romantico tedesco. Infanzia rincorrendo un pallone dai Salesiani e liceo a Palermo, laurea a Siena, master a Boston. L'incontro col giornalismo avviene in America, per Il Giornale di Montanelli, poi tanti anni ad America Oggi e il mio weekly USItalia. Vivo a New York con la mia famiglia americana e dal Palazzo di Vetro ho raccontato l’ONU per Radio Radicale. Amo insegnare: prima downtown, alla New School, ora nel Bronx, al Lehman College della CUNY. Alle verità comode non ci credo e così ho scritto Carlos Marcello: The Man Behind the JFK Assassination (Enigma Books 2013 e 2015). Ho fondato e diretto (2013-gennaio 2023) La VOCE di New York, convinto che la chiave di tutto sia l’incontro fra "liberty & beauty" e con cui ho vinto il Premio Amerigo 2018. I’m Sicilian, born in Mazara del Vallo and raised in Palermo. I studied history in Siena and went to graduate school at Boston University. While in school, I started to write for Il Giornale di Montanelli. I then got a full-time job for America Oggi and moved to New York City. My dream was to create a totally independent Italian paper in New York to be read all over the world: I finally founded La VOCE di New York. In 2018 I won the "Amerigo Award". I’m a journalist, but I’m also a teacher. I love both. I cover the United Nations, and I correspond from the UN for Radio Radicale in Rome. I teach Media Studies and also a course on the Mafia, not Hollywood style but the real one, at Lehman College, CUNY. I don't believe in "comfortable truth" and so I wrote the book "Carlos Marcello: The Man Behind the JFK Assassination" (Enigma Books 2013 e 2015). I love cooking for my family. My favorite dish: spaghetti con le vongole.

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