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L’Iran lancia missili contro due basi con militari americani in Iraq ma “all is well”

Tehran spara diversi missili su delle basi militari in Iraq che ospitano soldati USA e della coalizione. Trump twitta "tutto bene". Parlerà mercoledì mattina

Stefano VaccarabyStefano Vaccara
Time: 2 mins read

L’Iran lancia martedì notte (ora di Teheran) una decina di missili contro due basi militari in Iraq con dentro soldati americani e “All is well… So far so good…” (Tutto bene… fin qui tutto bene”) twitta Trump qualche ora dopo prima di andare a dormire, annunciando che parlerà mercoledì mattina. Vuol dire che non ci sono morti, almeno non americani?

Il tweet di Trump in cui annuncia i missili iraniani sulle basi in Iraq scrivendo “tutto bene”,  che mercoledì mattina farà una dichiarazione.

Se questo sarà confermato, ci chiediamo: ma che tipo di missili (una decina) Teheran avrebbe sparato contro due basi militari in Iraq che ospitano soldati americani? O sono missili che non esplodono, o sono stati “caricati a salve”, o sono così mal funzionanti che non riescono a centrare l’obiettivo… O invece sono missili così sofisticati ma così tanto, che basta puntarli “bene” e magari un po’ “off” dall’obiettivo e non fanno quello che potrebbero, ma come avvertimento “salva-faccia” funzionano eccome…

Secondo alcune notizie non confermate, a quanto pare i militari nelle basi, una vicina a Baghdad e un altra a Erbil (con soldati americani, iracheni e anche della coalizione, quindi anche italiani) avrebbero avuto il tempo di entrare nei bunker. Quindi  gli iraniani potrebbero aver avvertito in tempo gli americani (o meglio gli iracheni) su quali obiettivi sarebbero stati puntati i missili. Magari i soldati della coalizione non c’erano neanche più dove arrivavano i missili…  

Ancora non lo sappiamo e vedremo domani. Ma, almeno c’è la speranza che dall’Iran sia arrivato il segnale che non si vuole l’escalation e che non si vuole la guerra. Così hanno almeno dichiarato dall’Iran sparando i missili e rilasciando una dichiarazione ufficiale che adesso non si aspettano più una replica e deve finire qui. Il ministro degli Esteri Javad Zarif ha anche twittato che l’Iran non vuole la guerra. (Intanto ieri si è saputo che a Zarif, che doveva partecipare ad una riunione del Consiglio di Sicurezza dell’ONU, è stato negato dagli USA il visto d’entrata, in chiara violazione della carta delle Nazioni Unite). 

Il tweet del ministro degli Esteri dell’Iran, scritto contemporaneamente a quello di Trump, in cui Javad Zarif dice che l’Iran ha replicato in modo proporzionato per assicurare la sua difesa secondo il diritto internazionale (articolo 51 della Carta ONU) e ribadisce che il suo paese non vuole la guerra ma continuerà a difendersi contro ogni aggressione.

Ma, se veramente “all is well…”, come ha scritto il presidente degli Stati Uniti, se non ci sarebbero morti, almeno non americani, lo stesso Trump farà quello che a Tehran sembra che ormai sperino? Andrà bene anche per lui la “de escalation?” Ci speriamo certamente, ma con Trump ormai tutto è possibile. Bisogna aspettare e capire che succederà nelle prossime ore.

Per dove si era arrivati, sarebbe quasi “miracolo” evitare questa guerra e lo speriamo. Domani mattina (ora di NY) si capirà meglio le intenzione della Casa Bianca. Tutto dipenderà dai danni che saranno stati fatti da questi missili, sperando che siano stati puntati “bene”, per non far troppi danni. E che anche Trump abbia dormito bene.

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Stefano Vaccara

Stefano Vaccara

Sono nato e cresciuto in Sicilia, la chiave di tutto secondo un romantico tedesco. Infanzia rincorrendo un pallone dai Salesiani e liceo a Palermo, laurea a Siena, master a Boston. L'incontro col giornalismo avviene in America, per Il Giornale di Montanelli, poi tanti anni ad America Oggi e il mio weekly USItalia. Vivo a New York con la mia famiglia americana e dal Palazzo di Vetro ho raccontato l’ONU per Radio Radicale. Amo insegnare: prima downtown, alla New School, ora nel Bronx, al Lehman College della CUNY. Alle verità comode non ci credo e così ho scritto Carlos Marcello: The Man Behind the JFK Assassination (Enigma Books 2013 e 2015). Ho fondato e diretto (2013-gennaio 2023) La VOCE di New York, convinto che la chiave di tutto sia l’incontro fra "liberty & beauty" e con cui ho vinto il Premio Amerigo 2018. I’m Sicilian, born in Mazara del Vallo and raised in Palermo. I studied history in Siena and went to graduate school at Boston University. While in school, I started to write for Il Giornale di Montanelli. I then got a full-time job for America Oggi and moved to New York City. My dream was to create a totally independent Italian paper in New York to be read all over the world: I finally founded La VOCE di New York. In 2018 I won the "Amerigo Award". I’m a journalist, but I’m also a teacher. I love both. I cover the United Nations, and I correspond from the UN for Radio Radicale in Rome. I teach Media Studies and also a course on the Mafia, not Hollywood style but the real one, at Lehman College, CUNY. I don't believe in "comfortable truth" and so I wrote the book "Carlos Marcello: The Man Behind the JFK Assassination" (Enigma Books 2013 e 2015). I love cooking for my family. My favorite dish: spaghetti con le vongole.

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