La due giorni di Matteo Salvini a Washington è osservata speciale non solo della stampa italiana, ma anche da quella americana, che lo accoglie con una puntuale intervista alla CNN e approfondite analisi sulle principali testate d’America. Analisi che parlano non soltanto di una visita istituzionale, ma soprattutto strategica per il leader della Lega, giunto a Washington per cementare il legame con il suo interlocutore d’eccellenza sulla sponda atlantica – Donald J. Trump –, rassicurandolo, anche, sull’accordo con la Cina fortemente voluto dall’alleato di governo. Un accordo che, peraltro, il leader della Lega ha sempre reputato un errore strategico. Questa prima missione – ha spiegato Salvini – è dunque volta a “rinsaldare i rapporti soprattutto valoriali, la vicinanza culturale, umana, politica, da cui poi discende tutto il resto”.
Questa mattina, prima della cerimonia di deposizione di una corona di fiori al Milite Ignoto presso l’Arlington National Cemetery, il vicepresidente del Consiglio ha incontrato il segretario di Stato Mike Pompeo al Dipartimento di Stato. Un incontro positivo, ha detto il Ministro in occasione della successiva conferenza stampa presso la residenza dell’ambasciatore Armando Varricchio, con “tante ipotesi di lavoro comune sulla politica internazionale”, e in particolare visioni condivise su tanti dossier: “Sull’Iran, sul Venezuela, sulla Libia, sulla situazione in Medioriente, sul diritto all’esistenza di Israele, sulla preoccupazione per la prepotenza cinese nei confronti dell’Europa e del continente africano”. In questo momento di “fragilità delle istituzioni europee”, dunque, l’Italia “punta a essere il primo, più solido, valido, credibile e coerente interlocutore degli Stati Uniti”.
A proposito dell’accordo sottoscritto dall’Italia con la Cina sulla Via della Seta, Salvini non ha nascosto il suo scetticismo: “Business is business, ma fino a un certo punto. Quando c’è di mezzo la sicurezza nazionale, e una visione e dei valori comuni tra Italia e Stati Uniti il business si deve anche fermare”. Il Ministro ha sottolineato che “c’è anche un intervento legislativo del Parlamento italiano in questi giorni che prevede che la sicurezza nazionale venga prima rispetto a qualsiasi ragionamento economico”. Sull’eventuale revisione dell’accordo, Salvini ha chiarito che “stiamo lavorando per identificare eventuali problematiche concrete, problemi e rischi concreti ed evidenti che ci impongano una riflessione”.
Sulle sanzioni alla Russia legate alla crisi ucraina, Salvini ha puntualizzato che “ne abbiamo parlato molto francamente. Ci aspettiamo passi in avanti da entrambi i contendenti, quindi anche da parte della Russia, che ora non ci sono. Ho ribadito che è più utile riavvicinare al sistema di valori, prima ancora che economico, occidentale, piuttosto che lasciarlo nelle braccia di Pechino e degli interessi geopolitici dell’estremo Oriente”.
In merito al Venezuela, Guaidò “fosse stato per me sarebbe già stato riconosciuto. Penso che anche all’interno del Governo si sia riflettuto sul fatto che anche solo lontanamente dare l’idea di sostenere un dittatore e un criminale come Maduro non serve e non è utile a nessuno”.
Quanto alla posizione del Governo italiano sull’accordo sul nucleare, sempre più scricchiolante, con l’Iran – partner commerciale importante per l’Europa e l’Italia stessa –, il ministro dell’Interno l’ha definita “già cambiata. L’ho ribadito stamattina: siamo nel 2019, nessuno si può permettere di dire di voler cancellare un altro Stato dalla faccia della terra, e mi riferisco a Israele”. E finché “rimane anche il sospetto di una volontà di questo genere, non si può intrattenere relazioni normali con chi pensa di cancellare dalla faccia della terra uno Stato democraticamente esistente come Israele”.
Salvini ha parlato anche di Libia. Nella sua dichiarazione iniziale, infatti, ha inserito il caldissimo dossier nordafricano nella lista delle “visioni comuni” condivise con Pompeo. Gli è stato chiesto dunque se l’Italia sostiene, come di recente gli Stati Uniti, l’avanzata di Khalifa Haftar. “Sosteniamo una soluzione pacifica che prevede che ci sia un solo vincitore e uno sconfitto, ma che intorno al tavolo ci siano tutti. Pare che qualcuno, soprattutto in Europa, abbia ipotizzato che l’intervento militare di Haftar sarebbe stato risolutivo: non è stato così, bisogna prenderne atto e bisogna fare in modo che ci si sieda tutti intorno al tavolo”.

Quanto al dossier Huawei, “stiamo raccogliendo elementi per valutare su evidenze”. E a chi gli ha chiesto conto dei suoi rapporti con il Vaticano, il Ministro ha abbozzato un “vediamo”, e ha confessato di avere un rosario in tasca. “Ci sono stati segnali di interesse da parte di alcune strutture del Vaticano, ovviamente mi riempiono di gioia. Ribadisco che non ho mai chiesto incontri”, ha puntualizzato, smentendo nuovamente notizie di stampa emerse di recente a proposito di un diniego del Vaticano.
Parlando quindi della lettera attesa a Bruxelles in merito alla manovra economica italiana, “ho sentito il Presidente del Consiglio ieri, siamo d’accordo di vederci prima di spedire la lettera. Penso che i contenuti siano ormai condivisi e condivisibili”. E ha ribadito che “il voto degli italiani di quindici giorni fa significa che bisogna tagliare le tasse”. Per quanto riguarda le coperture, non saranno assicurate dal taglio degli 80 euro di Renzi. “Non è quello a cui stiamo lavorando, ci sono diverse soluzioni allo studio”, ma una volta raggiunto l’obiettivo della semplificazione fiscale, “tutto il sistema delle deduzioni, delle detrazioni, delle facilitazioni può essere ridiscusso, ma prima bisogna arrivare a una forte deduzione del carico fiscale”. Modello in questo senso, il taglio delle tasse effettuato dall’amministrazione Trump: “La riforma fiscale di Trump, soprattutto sulle imprese, è quella che sta mettendo un carburante incredibile sulla ripresa economica degli Stati Uniti. Tagliare le tasse alle imprese”, ha osservato, “è questione di vita o di morte”. “Ovunque sia stata applicata la flat tax – penso anche alla discussione avuta con Orban – i risultati si vedono dal secondo anno in poi, anche in termini di maggiore introito per lo Stato”, ha poi spiegato Salvini a chi gli faceva notare che la middle class americana non è particolarmente contenta della riforma di Trump. “Ma i numeri sulla disoccupazione sono eloquenti”, ha puntualizzato.
Noi della Voce gli abbiamo chiesto conto delle dure critiche avanzate dalle Nazioni Unite, e in particolare dall’Ufficio dell’Alto Commissario per i Diritti Umani, sul decreto sicurezza. L’ONU, ci ha risposto, “non è molto trasparente. Stiamo approfondendo come vengono spesi miliardi di euro di contributi, che finiscono, spesso e volentieri, sperperati, in buffet e privilegi”. “Detto questo”, ha aggiunto, “il decreto sicurezza è stato votato da un Governo legittimamente in carica, arriva all’esame di un Parlamento legittimamente in carica…”. E ancora: “Sto ancora aspettando gli ispettori dell’ONU”. Al nostro follow-up sull’ipotesi, ventilata mesi fa, di tagliare i contributi italiani all’organizzazione, il Ministro ha chiarito: “Stiamo verificando quanto ci costa, e siccome ci costa tanto, e siccome giustamente bisogna tagliare le spese inutili, ragioneremo anche su questo”. E a chi gli ha ricordato che esistono sedi ONU in Italia “che fanno business e danno posti di lavoro”, “stiamo raccogliendo elementi”, ha ribadito il Ministro, sottolineando di non voler far riferimento a un ufficio preciso. “Se un’organizzazione che dovrebbe aiutare spende l’80% dei contributi raccolti in automantenimento, evidentemente c’è qualcosa che non funziona”.
Potete leggere la seconda parte della visita di Matteo Salvini a Washington qui.