Per me fu emotivamente folgorante l’occhiello di recente adottato dalla testata e diventato progetto operativo, quel connubio-incontro tra la BELLEZZA, dono divino, etico più che semplicemente estetico, e la LIBERTÀ, antichissima aspirazione che si colorò di speranze da quando l’uomo era governato da basileis e tyrannoi e false democrazie. Allora sulla spinta della rivoluzionaria scelta del giornale scrissi le mie impressioni, certo accalorate, ma non meno sincere. Perciò fa mi piacere tornare oggi sul tema con maggiore consapevolezza e in un giorno gravido di valori e simboli.
Ora mi è palesemente chiara la scelta dell’epigrafe del sottotitolo: lo strettissimo legame a cui esso allude, la nascita di un giornale telematico in un giorno significativo per l’Italia contemporanea, il 25 aprile. E perciò la lettura dell’antica Eleutheria greca, che oggi ne interpreta, attraverso le letture moderne, le tre anime primitive. Prima la libertà che distingue lo schiavo dal libero: ancora oggi infranta e camuffata sotto metodi più sofisticati ed edulcorati dalle moderne società che praticano un nuovo tipo di schiavitù, non solo nel terzo mondo dello sfruttamento mortale, ma anche nelle cosiddette democrazie, ove qualcuno è più libero di altri (fa stupore l’immunità parlamentare che esclude alcuni dal diritto comune), ove qualcuno è remunerato più di un altro. L’altra Eleutheria era quella dallo straniero: oggi in una società globale e con l’egida della Nato, sperperiamo somme enormi per un esercito parassitario e per servizi segreti in una democrazia che bandisce per Costituzione la guerra come mezzo di risoluzione dei dissidi (Art.4. L’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali). I Greci avevano il nemico nei Persiani e si istituì una festa a Platea. Invece la nostra eccelsa Siracusa, dorica e siceliota, fu l’antesignana della nostra: celebrò una festa in ricordo della conquistata libertà dopo il rovesciamento della tirannide di Trasibulo, cioè l’Eleutheria politica in seno ad una società di liberi. Omettiamo le classificazioni elitarie e spesso tribali dei cittadini liberi nella società greca, perché ci porterebbero lontano.
Poi venne Locke con il suo Secondo trattato sul governo (1690) che fissò i diritti intangibili: “la vita, la libertà e la proprietà”. Forse i nostri vogliono interpretare una perfetta sintesi di questi principi, lasciando liberi per legge di togliere la vita, quando si attenta alla proprietà personale. In genere le pene dai tempi del moderno Beccaria erano commisurate al grado di delitto. Solo il codice di Hammurabi poteva sancire la morte per il furto di una pecora (Alcuni reati contro il patrimonio §§ 6-26). Passiamo in estrema sintesi al Contratto sociale di J.J. Rousseau e alla sottile distinzione del principio di maggioranza, la volontà soggettiva e la volontà generale. Furono rivoluzionari principi di democrazia, però con il rischio della dittatura della democrazia, quando un gruppetto del 14% sul 60% di votanti si erge ad interprete e possessore della volontà generale.
Allora non capii l’attenzione della testata sul concetto di libertà, perché non sapevo. Ovvia mi era apparsa la divinizzazione del Bello. La notizia della prossima celebrazione dell’Anniversario del giornale che cade proprio quel giorno speciale per noi apre a me nuovi orizzonti e mi conferma l’apertura socio-politica e l’indipendenza del giornale. Si volle allora da parte del creatore e direttore dare in quel giorno di entusiasmi e di progetti una “voce” anche agli Italiani di NY, la “voce” del futuro in stretto collegamento con la riconquistata libertà della “patria”. Un titolo che, strana coincidenza, nel primo termine richiamava la celebre La voce (1908-1916) di Prezzolini e Papini, ripresa di pari dal quotidiano di Indro Montanelli. Prezzolini, tra il professare e il negare i rapporti con Mussolini, fu nella City professore alla Columbia University nel 1923, rappresentante italiano dell’Istituto Internazionale della Cooperazione Intellettuale, emanazione della Società delle Nazioni, poi ONU, dal 1929 fino al 1938, direttore di Casa Italiana alla Columbia, oggi Italian Accademy for Advanced Studies, da anni associated director Barbara Faedda. L’idea di Montanelli, durata un solo anno, 1994-95, perseguiva una linea di destra, come dichiarava lo stesso direttore: «Noi volevamo fare, da uomini di Destra, il quotidiano di una Destra veramente liberale ancorata ai suoi valori storici, quelli di Giolitti, Einaudi e De Gasperi. Abbiamo peccato di troppo ottimismo». Fino a tanti titoli di quotidiani recenti in cui questa “voce” è sprecata.
A parte questi impegni di diffusione della cultura e del prestigio italiano, simboli Verrazzano e La Guardia e Petrosino, la stampa italiana aveva avuto un suo punto di riferimento e di forte impegno culturale e finanziario in Il progresso Italoamericano, fondato da Carlo Barsotti, il promotore dell’istallazione di statue-simboli dei grandi italiani, di Dante, che mi affascina sempre con la sua austerità nella villetta del Dante Park di fronte al Lincoln Center, Giuseppe Garibaldi a Washington Square e il maestoso Colombo al Columbus Circle. Ed aveva avuto lunga vita dal 1880 al 1988 con una tiratura di ben 120.000 copie. La sfortuna del fallimento della sua Banca, ma la scelta non proprio liberale di licenziare i dipendenti iscritti ai sindacati segnarono la fine. Eppure a questi solidi libertari si deve la fondazione con loro mezzi di America Oggi, autonominatosi “il quotidiano italiano”. E questo giornale conobbi nel mio primo sbarco a NY, ove presentai alla prestigiosa comunità prizzese il secondo volume della mia storia di Prizzi in tre volumi. Fu il compianto Giappina a scrivere sul giornale, allegato a La Repubblica, la notizia con il titolo L’onore di Prizzi. E continuai a seguire il quotidiano per anni, anche se si limita alla presentazione di eventi con la serie encomiastica dei prestigiosi partecipanti. E poi la Italy Heritage.
Per concludere e a scanso di equivoci su una liberazione americana voglio riportare i due decreti che promulgarono questa festa civile in Italia, la libertà venuta dal popolo e da tutti i partiti antifascisti. Perché in questa fase di revisionismo politico e di radicalismi si ricordi la recente storia italiana, la conquista popolare della propria libertà, l’Eleutheria dallo straniero e quella dal tiranno. Perché coloro che la vissero non dimentichino e trascurino quella conquista. Perché i giovani che non la conobbero, ne prendano coscienza e la studino. Un popolo che dimentica le sue origini è facile preda dei demagoghi, destinato a perdere libertà e dignità etica.
DECRETO LEGISLATIVO LUOGOTENENZIALE 22 aprile 1946, n. 185.
Disposizioni in materia di ricorrenze festive. ( GU Serie Generale n. 96, del 24.04-1946.
UMBERTO DI SAVOIA
PRINCIPE DI PIEMONTE
LUOGOTENENTE GENERALE DEL REGNO
In virtù dell’autorità a Noi delegata; ecc.
Vista la deliberazione del Consiglio dei Ministri;
Sulla proposta del Presidente del Consiglio dei Ministri, Primo
Ministro Segretario di Stato,
di concerto con il Ministro per il lavoro e la previdenza sociale;
Abbiamo sanzionato e promulghiamo quanto segue:
Art. 1.
A celebrazione della totale liberazione del territorio italiano, il 25 aprile 1946 è dichiarato festa nazionale.
La fissazione futura della festa fu sancita con L. 27 maggio 1949, n. 260. Disposizioni in materia di ricorrenze festive, Pubblicata nella Gazzetta Ufficiale 31 maggio 1949, n. 124.
«1. Il giorno 2 giugno, data di fondazione della Repubblica, è dichiarato festa nazionale.
il 25 aprile, anniversario della liberazione.
4. Gli edifici pubblici sono imbandierati nei giorni della festa nazionale, delle solennità civili e del 25 aprile, 1 maggio e 4 novembre (10).
5. Nelle ricorrenze della festa nazionale (2 giugno), dell’anniversario della liberazione (25 aprile), della festa del lavoro (1 maggio) e nel giorno dell’unità nazionale (4 novembre), lo Stato, gli Enti pubblici ed i privati datori di lavoro sono tenuti a corrispondere ai lavoratori da essi dipendenti i quali siano retribuiti non in misura fissa, ma in relazione alle ore di lavoro da essi compiute, la normale retribuzione globale di fatto giornaliera compreso ogni elemento accessorio.»