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La realtà di Trump e quel ragazzino dell’oratorio che non sapeva perdere

Dai documenti giudiziari di Mueller "Individual One" potrebbe essere incriminato e finire in galera. Trump si dimetterà per farsi "graziare"?

Stefano VaccarabyStefano Vaccara
La realtà di Trump e quel ragazzino dell’oratorio che non sapeva perdere

Image from Pixabay

Time: 4 mins read

Totally clears the President. Thank you!

— Donald J. Trump (@realDonaldTrump) December 7, 2018

Il tweet con cui il presidente Donald Trump ha immediatamente reagito ai documenti giudiziari depositati dal procuratore speciale Robert Mueller e anche dai procuratori federali del Southern District di New York mi ha fatto venire in mente gli anni dell’infanzia, quando si giocava  all’oratorio. Come accade spesso da bambini, quando accettare la realtà è difficile, molti finiscono per crearne una di fantasia. Ricordo che lo spazio per giocare a pallone era molto limitato in quell’oratorio dei salesiani di Palermo affollato nel doposcuola, ragazzini che si sfidavano in partite interminabili. Per mancanza di spazio, allora dovevamo fare mini tornei in piccoli fazzoletti di campo, dove, ad ogni gol, la squadra che lo subiva  – lo chiamavamo mini calcetto con “portiere attaccante” – doveva uscire per far spazio ad un’altra e aspettare quindi la prossima sconfitta di una squadra per rientrare. Ricordo un ragazzino, mi sembra si chiamasse Angelino, molto bravo col pallone ma che non riusciva ad accettare di perdere. In lui la sconfitta non era prevista, e quando la sua squadra, magari, subiva il gol, cosa che lo avrebbe costretto a uscire, metteva il pallone tra le braccia e con fare un po’ mafiosetto, diceva: ‘O ioco io, o un ioca nuddu”. (“O gioco io o non gioca nessuno”).

Ecco che Trump, mentre vede avvicinarsi l’incriminazione per le confessioni del suo ex avvocato Michael Cohen che si autoaccusa e lo accusa di aver diretto i pagamenti illegali (secondo le severe leggi per i finanziamenti elettorali) alla porno star e ad una altra donna che minacciavano di rivelare le relazioni sessuali a poche settimane dal voto, reagisce con tweet che descrivono una realtà tutta sua e poi chiosa: “Basta caccia alle streghe”.  Già, altrimenti che succede, Mr. President? Non si gioca più alla democrazia?

“Democrats can’t find a Smocking Gun tying the Trump campaign to Russia after James Comey’s testimony. No Smocking Gun…No Collusion.” @FoxNews That’s because there was NO COLLUSION. So now the Dems go to a simple private transaction, wrongly call it a campaign contribution,…

— Donald J. Trump (@realDonaldTrump) December 10, 2018

….which it was not (but even if it was, it is only a CIVIL CASE, like Obama’s – but it was done correctly by a lawyer and there would not even be a fine. Lawyer’s liability if he made a mistake, not me). Cohen just trying to get his sentence reduced. WITCH HUNT!

— Donald J. Trump (@realDonaldTrump) December 10, 2018

A questo punto, invece di giocare come fanno i bambini, bisognerebbe guardare alla realtà, che da venerdì scorso è la seguente: Trump potrebbe essere incriminato, e quindi andare in galera. Questo epilogo, se non con lui ancora all’Ufficio Ovale (anche se formalmente la Costituzione non vieta di incriminare un Presidente), di sicuro si realizzerebbe poche ore dopo il suo addio alla Casa Bianca, circostanza che diverrebbe realtà nel caso in cui perda le elezioni del 2020.

Ora, Trump dovrebbe sapere che può usare il suoi poteri di grazia, il cosiddetto  “pardon”,  ma non su se stesso. E allora, nella circostanza che perdesse le elezioni del 2020 (e con i dati economici che cominciano a peggiorare, eventualità sempre più probabile), Trump, dopo la sconfitta, non potrebbe più,  a semplici colpi di tweet, dipingere la fake-realtà che più gli aggrada. Invece, verrebbe incriminato e, dopo un processo basato sulle prove e i fatti, e non certo sulla sua realtà fantasiosa, se trovato colpevole, sarebbe la galera per alcuni anni.

Come può evitare Trump questo probabile destino nel 2021? O rischia il tutto per tutto, e vince le elezioni del 2020 dovendo però vincere anche il Congresso, altrimenti l’impeachment con i democratici con una maggioranza oltre alla Camera anche al Senato sarebbe assicurato. Oppure, se non vuole rischiare la galera, dovrebbe dimettersi prima della probabile sconfitta elettorale, facendo, come Nixon, un patto col suo vicepresidente, in questo caso Mike Pence: io mi dimetto, ma il giorno dopo che sono fuori dalla Casa Bianca, tu mi perdoni…

In tutto questo, senza ancora neanche considerare le ulteriori indagini, ancora più importanti, che potrebbero chiudere il cerchio sulle sue “relazioni pericolose” con Paul Manafort, già a capo della campagna elettorale di Trump, e con servizi segreti russi di Putin. Anche qui, dovesse Mueller arrivare a provare che Trump “dirigeva” Manafort (e Cohen) nel farsi aiutare a vincere le elezioni da Mosca…

Ma per la galera, lo ripetiamo, anche se la “collusion” con il Cremlino non potesse venir provata, basterebbero le prove che sarebbero già state raccolte sull’azione criminale di “Individual 1”, come é stato chiamato Trump nei documenti depositati venerdì, nell’ordinare a Cohen di pagare le due donne per non farle parlare prima delle elezioni.

Trump capirà in tempo che, come Nixon, per evitare guai peggiori dovrà dimettersi e sperare nel “pardon” del vicepresidente Pence, invece che rischiare di perdere le elezioni e finire in galera?

Così vorrebbe la logica di chi, alla fine, sa che è soggetto alla Costituzione. Ma se Trump, come quel bambino all’oratorio, stentasse a credere alla realtà che lo circonda e invece continuasse a immaginarsene una tutta sua, a base di una “caccia alle streghe”? Come andrebbe a finire?

Ma, per esempio, se nell’eventualità di una imminente sconfitta elettorale, Trump dichiarasse il cosiddetto “state of emergency” a causa della “caccia alle streghe”? Avvalendosi, ancora da presidente, di quei poteri speciali che potrebbero incoraggiarlo a continuare a crearsi una realtà in cui qualsiasi sconfitta, giudiziaria o elettorale, deve essere negata? Già, questi giorni, con quei suoi tweets, Trump appare come quel ragazzino dell’oratorio che non voleva uscire dal campetto perché “se non gioca lui non gioca più nessuno”. Allora noi ridevamo e lo lasciavamo continuare a giocare, almeno Angelino a calcio era bravo, anche se viveva in un mondo tutto suo. Ma con Trump, nella partita per la democrazia, non ci sarebbe nulla da ridere.

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Stefano Vaccara

Stefano Vaccara

Sono nato e cresciuto in Sicilia, la chiave di tutto secondo un romantico tedesco. Infanzia rincorrendo un pallone dai Salesiani e liceo a Palermo, laurea a Siena, master a Boston. L'incontro col giornalismo avviene in America, per Il Giornale di Montanelli, poi tanti anni ad America Oggi e il mio weekly USItalia. Vivo a New York con la mia famiglia americana e dal Palazzo di Vetro ho raccontato l’ONU per Radio Radicale. Amo insegnare: prima downtown, alla New School, ora nel Bronx, al Lehman College della CUNY. Alle verità comode non ci credo e così ho scritto Carlos Marcello: The Man Behind the JFK Assassination (Enigma Books 2013 e 2015). Ho fondato e dirigo La VOCE di New York, convinto che la chiave di tutto sia l’incontro fra "liberty & beauty" e con cui ho vinto il Premio Amerigo 2018. I’m Sicilian, born in Mazara del Vallo and raised in Palermo. I studied history in Siena and went to graduate school at Boston University. While in school, I started to write for Il Giornale di Montanelli. I then got a full-time job for America Oggi and moved to New York City. My dream was to create a totally independent Italian paper in New York to be read all over the world: I finally founded La VOCE di New York. In 2018 I won the "Amerigo Award". I’m a journalist, but I’m also a teacher. I love both. I cover the United Nations, and I correspond from the UN for Radio Radicale in Rome. I teach Media Studies and also a course on the Mafia, not Hollywood style but the real one, at Lehman College, CUNY. I don't believe in "comfortable truth" and so I wrote the book "Carlos Marcello: The Man Behind the JFK Assassination" (Enigma Books 2013 e 2015). I love cooking for my family. My favorite dish: spaghetti con le vongole.

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