Siamo ormai a circa dieci giorni dall’inizio degli incendi che hanno devastato la California, dal nord al sud. Una cittadina del nord della California, fra Sacramento e la Sierra Nevada, che si chiama Paradise è stata quasi interamente distrutta: si contano più di 9800 case rase al suolo, circa 1300 persone disperse, 76 corpi ritrovati ad oggi.
A Malibù molti attori e personaggi famosi hanno perso le loro ville, la cittadina è stata evacuata, ma ad oggi il Woolsey fire, che è quello che ha causato i danni nel sud è contenuto all’82%. Non è così invece per Camp Fire, il principale responsabile del disastro che ha colpito Paradise, che ad oggi è contenuto solo al 55%.
San Francisco e tutte le località adiacenti sono state ricoperte da una nebbia fuligginosa che ha reso l’aria irrespirabile, fino al livello “Purple” considerato “Hazerdeous”, che lo scorso giovedì ha regalato alla Bay Area il triste primate di luogo più inquinato al mondo. Venerdì le scuole sono rimaste chiuse e ad oggi siamo ancora al livello “Rosso”. La pioggia sembra essere l’unica speranza per non dover rimanere chiusi in interno o indossare la mascherina se si cammina all’aperto.
Moltissime persone si sono lamentate della poca preparazione che una città come San Francisco ha dimostrato durante questa emergenza, le mascherine PM2.5 infatti non si trovavano già dopo pochi giorni, né a pagamento nelle farmacie, né gratuitamente per la popolazione più bisognosa. Tante persone le hanno dovute ordinare online e anche i purificatori per interno sono andati sold out in ogni ferramenta e negozio di elettrodomestici. I panorami sono surreali, non si vedono più i grattacieli, il cielo è grigio e giovedì scorso il sole non riusciva a passare e rompere la coltre di fuliggine, rendendo la giornata un perenne crepuscolo.

Sabato anche il presidente Trump è arrivato in California, per rendersi conto di persona della tragica situazione che gli incendi hanno lasciato, bruciando migliaia di acri di foresta insieme alle vite di troppe persone (e non si parla ancora del disastro ambientale e del costo che avrà tutto questo per le casse dello stato della California). Trump ha incontrato il governatore uscente Jerry Brown e il neo eletto governatore Gavin Newson (che durante la sua campagna elettorale ha attaccato più volte il Presidente, non risparmiandogli critiche), per arrivare ad una soluzione e ad un compromesso. Infatti è risaputo come non corra buon sangue tra il Presidente Trump e lo stato della California, accusato dal presidente di essere uno Stato a lui avverso e troppo liberale per le sue politiche sull’immigrazione. Certamente i rapporti fra Trump e la California non sono mai stati buoni, ma ora, di fronte a tanta tragedia, sembrano tutti voler giungere ad una tregua (visto che si annunciano più fondi federali in favore della California).
Trump aveva accusato lo stato della California di mala gestione delle foreste, scordando forse che le foreste sono per la maggior parte sotto la giurisdizione federale. Ma già da qualche mese Trump sembra essere giunto alla conclusione che il Climate Change non sia una truffa e un complotto, lo ha dichiarato ad esempio alla CBS durante la trasmissione “60 minutes” e da Malibù, a fronte delle domande insistenti dei cronisti ha risposto dicendo che “ci sono molti fattori” che contribuiscono agli incendi, non negando ma neanche escludendo il climate change. D’altra parte, durante il convegno internazionale avvenuto proprio a San Francisco a settembre, il Global Climate Action Summit, tantissimi scienziati ed esperti hanno sottolineato come il global warming diventerà un punto focale per il nostro pianeta e hanno delineato scenari apocalittici se non si agirà subito.
Park Wlliams, bioclimatologo della Columbia University ha parlato degli incendi come una cosa molto semplice “finché c’é qualcosa di abbastanza secco che può bruciare, anche delle piccole scintille provocheranno incendi”.
In California ovviamente i fattori che contribuiscono agli incendi sono molteplici, vanno dal fatto che non piove da più di due mesi, ai venti secchi che si chiamano Diablo al nord e Santa Ana al sud, ai pali di alta intensità di PG&E, ormai sotto accusa dall’anno passato, al climate change che ha alzato le temperature di un paio di gradi e fa seccare la vegetazione più in fretta. Ormai qui a San Francisco ci auguriamo solo che mercoledi possa finalmente piovere, perché sembra l’unica speranza per respirare un po’ di aria migliore e per aiutare i coraggiosi pompieri che stanno rischiando la loro vita per spegnere gli incendi.