Una conferenza stampa sostanzialmente distesa, che conferma il tradizionale rapporto d’amicizia tra Stati Uniti e Italia. Forse, anche qualcosa in più, visto che, come ha in più occasioni sottolineato nella sua giornata americana Giuseppe Conte, i Governi italiano e americano sono accomunati dall’essere “anti-establishment” e unicamente rivolti all’interesse dei cittadini. «Con questo proficuo incontro abbiamo compiuto un ulteriore passo in avanti per aggiornare la nostra cooperazione: siamo due governi del cambiamento, tante cose ci uniscono», ha osservato Conte. Quando però noi della Voce, all’Ambasciata italiana, gli abbiamo chiesto di specificare meglio quelle linee politiche di convergenza a cui si riferiva, Conte è rimasto sul generico, sottolineando nuovamente la comune natura – sua e di Trump – di “outsider della politica”. “Siamo due capi di governo che vogliono un cambiamento”. Un cambiamento, ha aggiunto Conte, “che crea dei contrasti con gli assetti consolidati, l’establishment”: questa è una lotta comune”, ha ribadito.
Del resto, Trump si è anche congratulato con Conte per l’imponente vittoria elettorale delle forze politiche che rappresenta, e non ha mancato di sottolineare la comunanza di visione con Roma in tema di gestione dell’immigrazione. In generale, pare che l’incontro tra i due leader sia avvenuto in un clima di totale accordo per quel che riguarda tutte le questioni trattate. Gli obiettivi principali dell’Italia gialloverde erano essenzialmente tre: contare sull’appoggio degli USA per la Conferenza sulla Libia che si terrà in Italia; ottenere il sostegno a stelle e strisce per realizzare una “cabina di regia” permanente tra Stati Uniti e Italia per il Mediterraneo, in chiave di lotta al terrorismo e maggior sicurezza, oltre che di stabilizzazione della Libia; ottenere da Washington garanzie a proposito del tema commerciale, perché gli interessi delle aziende italiane vengano tutelati.
Unica nota “stonata”, forse, è emersa sulla questione libica: da Trump non è giunta, questa volta, nessuna freddura come quella che aveva riservato lo scorso anno al premier Paolo Gentiloni (all’epoca si era addirittura tolto l’auricolare della traduzione simultanea), ma neppure alcuna esplicita conferma alle parole di Conte, che invece ha ringraziato l’America per la promessa di collaborazione sul dossier.
Sulla questione commerciale – quella che gli premeva di più -, Trump ha invece fatto notare come anche l’Italia abbia un grosso surplus commerciale con gli Stati Uniti, e come sia necessario “rimettere le cose a posto”. Conte, dal canto suo, sembra aver rassicurato sulla questione il presidente degli Stati Uniti, sulla scia del precedente incontro del Commander-in-Chief con Jean-Claude Juncker.
Stupore ha invece suscitato la risposta di Trump in merito all’annosa questione dei rapporti con la Russia, a prima vista uno dei principali temi di convergenza con il Governo italiano. Mentre Conte ha infatti puntualizzato di essere a favore della fine del regime di sanzioni contro Mosca, soprattutto nella misura in cui queste possano pesare, innanzitutto, sulla società civile, il presidente USA, forse memore del polverone alzatosi in occasione della conferenza stampa di Helsinki con Vladimir Putin, ha dichiarato che Washington non è, su questo, d’accordo con l’Italia. In parte sconfessando quanto aveva dichiarato in occasione dei lavori del G7, formato che, aveva auspicato, avrebbe dovuto tornare presto G8.