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Il movimento contro le armi: cambiamo la mentalità, non le leggi!

Parte 2: il movimento di protesta studentesco ha contribuito a cambiamenti importanti, ma forse oggi non è più così. Perché?

Grace Russo BullarobyGrace Russo Bullaro
The Anti-Gun Movement: Let’s Change the Mentality, not the Laws!

Giovani attivisti del movimento anti-gun.

Time: 6 mins read

Nel mio ultimo articolo ho analizzato il connubio che c’è tra la violenza legata alle armi e il Secondo Emendamento; si è potuto notare quanti equivoci si siano creati, alcuni innocenti, altri liberamente opportunistici; da un lato promossi  dall’industria cinematografica di Hollywood  e dall’altro dalla National Rifle Association.

Le intenzioni originali  dei Padri Fondatori sono state travisate e sono diventate  inutili oggi perché, quando scrissero il Bill of Rights, non avevano sicuramente previsto che le armi avrebbero potuto costituire un problema ed essere usate contro i bambini e persino nelle scuole. Quando in una società i bambini diventano oggetto di violenza si sa che si è superato il limite di inciviltà, ancor di più se poi la violenza verso i minori si allarga ad ogni contesto e situazione in generale, come nel caso recente in cui un uomo ha prima preso in giro un bambino di 5 anni e poi gli ha sferrato un pugno in faccia nella metropolitana di Manhattan solo per il gusto di farlo piangere.

Dopo tanti dibattiti  e proteste dei cittadini contrari alle armi e le promesse vane dei politici, oggi sono i ragazzi stessi che cercano di sradicare la violenza diventata oramai incontrollabile in questo paese. Il 24 marzo si è tenuta la manifestazione “March for our lives” che, insieme ai successivi boicottaggi organizzati dallo studente David Hogg, fanno capire chiaramente come i ragazzi considerino questa situazione una questione di vita o di morte.  Ma allora cosa vogliono i giovani?

Le organizzazioni studentesche hanno fatto tre precise richieste al Congresso. La prima: di bandire le armi da combattimento; la seconda: l’obbligo di fare accurate indagini dei precedenti personali di ciascun individuo che vuol comprare le armi, e la terza: di approvare una legge che permetta alla corte di giustizia di togliere le armi a coloro che le posseggono se mostrano chiari segni di  temperamento violento. Per i fatti accaduti a Parkland, gli studenti sopravvissuti alla sparatoria e le loro famiglie avevano sperato, inutilmente, nell’approvazione delle prime due richieste, al loro posto la legislatura dello stato della Florida ha deciso di adottare altre misure preventive che sono state tramutate in leggi dal Governatore Rick Scott. Una di queste prevede il rinforzo della sicurezza  e include la presenza di guardie armate nelle scuole, una legge che ha deluso le richieste dei ragazzi. Infatti, molti pensano che  introducendo altre armi  nelle scuole non solo non risolvi il problema, ma anzi lo peggiori.

Storicamente i movimenti di protesta degli studenti hanno avuto un ruolo determinante, proficuo ed efficiente.  Basti pensare ai sessantottini. Con il loro movimento internazionale di protesta hanno ottenuto risultati a livello globale e sono arrivati a scatenare quasi una rivoluzione che ha sicuramente contribuito alla fine della guerra in Vietnam. Ѐ chiaro quindi che quando i ragazzi si mettono in testa di cambiare qualcosa la ottengono, ma nel caso particolare della questione sulle armi non ci sono ancora riusciti – e forse non ci riusciranno – per vari motivi.

Le marce e le dimostrazioni pacifiche nelle scuole, organizzate dai ragazzi questa primavera, hanno coinvolto centinaia di migliaia di persone, attirando così l’attenzione dei media e facendo nascere la speranza di poter assistere finalmente ad un concreto cambiamento della situazione; eppure ora c’è la possibilità che tutti questi sforzi perdano il loro impeto una volta che le scuole chiudano i battenti e i ragazzi si immergano nei loro impegni estivi. Si rischia una battuta d’arresto del movimento di protesta a causa della dispersione stagionale dei partecipanti. 

Un altro fattore da considerare è la totale ipocrisia e il cinismo di Donald Trump il quale, se in un primo tempo aveva promesso di agire prendendo delle precauzioni dopo la sparatoria di Parkland, si è auto-smentito  il 4 maggio durante la conferenza della National Rifle Association  a Dallas.  Ha fatto anche di peggio perché nel suo discorso ha deriso le vittime del massacro di Parigi asserendo che se avessero avuto delle armi con sé si sarebbero potute difendere a dovere.  Naturalmente le affermazioni di Trump hanno creato un’indignazione a livello globale e François Hollande le ha definite “vergognose”. 

Alle promesse di Trump se ne sono aggiunte altre e altrettanto infondate. La Bank of America Corp, dopo aver esordito affermando che non avrebbe assolutamente finanziato le fabbriche di armi, si è rimangiata la parola ed ha approvato un congruo finanziamento economico alla Remington Outdoor Co. che produce armi d’assalto. 

Sono tante le proposte fatte all’indomani di una sparatoria e in un articolo   pubblicato nel giornale politico The Hill, David Kopel ha fatto un lungo elenco di leggi contro le armi tra cui:

Proibire a vita il porto d’armi a persone condannate per violenza domestica o anche per reati di minore entità.

Ogni cittadino che abbia l’intenzione di comprare un’arma in un negozio deve richiedere l’approvazione del governo.

Chiunque voglia fabbricare armi, importarle o venderle deve richiedere una licenza specifica rilasciata dal governo.  La licenza deve essere obbligatoria non solo per le attività registrate ufficialmente ma anche per tutti coloro che comprano e vendono armi regolarmente per trarne un profitto economico.

Le armi d’assalto devono essere completamente proibite.

Alla fine Kopel ci lascia stupiti dichiarando che: “tutte le restrizioni elencate sono  leggi federali vigenti già da decenni…….da quando fu emessa la Legge sul Controllo delle Armi del 1968.”

Kopel quindi non ci fornisce nessuna soluzione al problema, che poi a conti fatti,  chi lo può risolvere veramente? Sembra quasi che più ne sappiamo di questo argomento e più diventi complicato e demoralizzante.

Ambedue le parti, sia il movimento studentesco, sia i sostenitori del Secondo Emendamento,  forniscono prove sufficienti a perorare la loro causa con passione. Quindi se gli studenti si battono per ottenere più leggi contro le armi il movimento ha poco valore. Kopel conferma quello che ho già scritto nell’ultimo articolo: è  necessario cambiare l’atteggiamento degli americani verso le armi più che emanare nuove leggi per far fronte alla crisi sul possesso delle armi che stiamo vivendo in questo momento. Dimitrios Pagourtzis, il ragazzo coinvolto nella sparatoria della scuola di Santa Fe, non soffriva né di malattie mentali né aveva precedenti penali, ma solo un “lato oscuro” del suo carattere emerso col senno di poi e visibile agli iscritti di Facebook. Avere un “lato oscuro” può essere semplicemente un altro modo per definire  un “disadattato” e non può essere eventualmente neutralizzato dalle leggi severe sul controllo delle armi.

Secondo Dan Patrick, governatore del Texas, sono tantissime le cause che hanno portato alla sparatoria di Santa Fe: “I video giochi violenti, l’abolizione dell’insegnamento della religione nelle scuole, l’aborto, la disgregazione delle famiglie, gli insegnanti che non hanno armi per difendersi e le tante possibilità di accesso nelle scuole per la loro configurazione logistica”. Per quanto i suoi suggerimenti possano essere credibili e veritieri è  scioccante sapere che Patrick sostenga che “le armi sono parte integrante della nostra nazione”.

Se il movimento degli studenti si concentrerà solo sulla richiesta di nuove leggi allora le loro iniziative sono destinate al fallimento perché abbiamo già una  sovrabbondanza di leggi sulle armi, ma se ci concentriamo a spostare l’opinione generale su un’educazione civica positiva forse possiamo già cominciare a immaginare un futuro più roseo.  Ma finché persone come Dan Patrick identificheranno l’America con le armi c’è poco da sperare.  Ѐ la mentalità che deve cambiare.

Traduzione di Maria Fratianni-Santoro

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Grace Russo Bullaro

Grace Russo Bullaro

Grace Russo Bullaro holds a Ph.D. in Comparative Literature. After teaching for more than 25 years in the English Department at City University of New York (Lehman College) is now Emerita. Her academic interests include political, cultural and intellectual movements, specifically, the interface of politics and the arts. She has written many books and articles on subjects related to those areas.

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