
Negli anni passati sono andato più volte a presentazioni qui a Washington DC. In alcune di esse Carlo Cottarelli presentava i libri con cui spiega il debito pubblico italiano (e ciò che ci sta a contorno) anche ai non economisti. A margine c’era stata l’occasione di parlare con lui di aspetti importanti che mi hanno sempre interessato: l’evoluzione della società come conseguenza della globalizzazione, le sfide del futuro per la classe politica italiana e mondiale e, ovviamente, il populismo.
Tornato in Italia, Mr. Spending Review ha fondato l’Osservatorio sui Conti Pubblici, un’iniziativa all’interno dell’Università Cattolica che ha prodotto vari documenti importanti, con particolare attenzione ai costi delle promesse elettorali dei diversi partiti e movimenti.
Un esempio su tutti è forse la recente tabella che metteva in contrasto i 0,5 miliardi di coperture finanziarie coi 120 miliardi di spese per realizzare quel libro dei sogni noto come ‘contratto’ tra Lega e Movimento 5 Stelle.
Al culmine della crisi politica la settimana scorsa, il Presidente della Repubblica Mattarella ha chiamato il Dott. Cottarelli per formare un governo di emergenza. Di quel governo è venuta meno la necessità nel momento in cui M5S, Lega e Presidente della Repubblica hanno trovato la quadra per un governo politico. A quel punto, Cottarelli ha fatto un passo indietro, ma non prima che tutto il paese abbia potuto vedere cosa significhi essere un ‘servitore dello Stato’.
Tutto questo mi ha lasciato alcune domande. Domande a cui il Dott. Cottarelli ha gentilmente accettato di rispondere.

È stata duro il rientro in Italia oppure è stato piacevole?
“Rientro dopo?”
Dopo Washington!
“Dopo Washington è stato interessante. Non mi annoio più come mi annoiavo a Washington negli ultimi tre anni”.
A bè, quello è vero, in Italia difficilmente ci si annoia…
“Giro come un matto…”
La ringrazio di essersi reso disponibile per l’Intervista. Ho visto che negli ultimi giorni è stato dall’Annunziata e da Fazio ieri sera. A un po’ di domande che mi ero preparato lei ha già risposto lì. Qual è la domanda che avrebbe voluto che le facessero e non le hanno fatto?
(ride) “Mi hanno chiesto di tutto. Non so cosa dirle. Mi hanno chiesto di tutto e io ho risposto a tutto”.
Però ho notato che nessuno le ha chiesto, o almeno non sono andati in profondità, riguardo ai ministri che avrebbe scelto lei..
“…è perché non posso entrare nei nomi. Posso soltanto dire che tra i miei 13 ministri c’erano otto donne e cinque uomini…”
Ah! Fantastico. Ma neppure gli interni e gli esteri può dirmi?
“No. Assolutamente no!”
…e neppure il ministro per gli affari europei?
“No. Il ministro degli affari europei è un ministro senza portafoglio e io avevo soltanto 13 ministri con portafoglio e nessun ministro senza portafoglio. Quelle funzioni sarebbero state assunte dal Ministero degli Affari Esteri”.
Ho capito. Quindi confermiamo anche che non ci sarebbe stato il Prof. Savona…
(ride di gusto) “Quello lo posso confermare”.

A proposito di Europa, ci sarebbe spazio per eccepire che il progetto europeo è andato a rilento. Forse uno dei problemi del populismo è anche un ritardo con cui l’Europa si sta realizzando. Condivide questa visione? E se sì, quali sono le cause di questo ritardo?
“Le cause principali di quel ritardo sono il fatto che i vari paesi pensano ancora in termini di interessi propri piuttosto che di interessi per l’Europa. Noi, i francesi e i tedeschi ci consideriamo ancora italiani, francesi e tedeschi prima che cittadini europei. Quindi abbiamo difficoltà, in primis i tedeschi, a rinunciare a un po’ di sovranità”.
Pensa che il populismo imperante porti verso una soluzione o è più probabile che il populismo porti verso una disgregazione dell’Europa?
“Mah…se il populismo vuol dire andare in Europa e battere i pugni sul tavolo e gridare, non penso che serva a niente. Isolerebbe l’Italia. Se vuol dire andare a difendere più attivamente gli interessi propri, agendo anche in modo più efficiente, allora può anche andare bene. Temo invece che la tendenza sarà quella opposta. Vedremo”.
Riguardo al nuovo governo politico che è arrivato, lei e l’Osservatorio sui Conti Pubblici avete più volte detto che per l’attuazione del “contratto di governo” non ci sono le coperture o quanto meno, se ci sono, si nascondono molto bene. Come pensa che proveranno a uscire da questo cul-de-sac Di Maio e Salvini?
“Attueranno gradualmente le loro cose, sperando comunque che aumentando il deficit questo faccia ripartire l’economia, ci sia più crescita, aumenti nelle entrate, quindi ci siano più risorse. Questo consente di finanziare nuove manovre espansive che fanno crescere il PIL ancora di più, e tutto si risolve e il debito scende. Io però non ho mai visto nessun paese che sia riuscito a fare questo. Ridurre il debito pubblico con più deficit”.
E certo, perché aumenta il numeratore, ma aumenta anche il denominatore (NdR: riferimento alla formula del calcolo del rapporto deficit/PIL)…
“Ma non solo, il tasso di crescita del numeratore (NdR: il deficit) aumenta permanentemente, il tasso di crescita del PIL aumenta una tantum facendo un’espansione fiscale”.
Parlando del debito pubblico, leggendo i giornali italiani, tutti dicono “insomma, durante i governi precedenti, lasciando da parte Berlusconi, ma anche con Monti, Letta e con Renzi il debito pubblico si è alzato”…
“Per forza. Finché c’è un deficit il debito aumenta. Se una famiglia incassa 100 e spende 150, ha un deficit di 50 e quello è l’aumento del debito in quell’anno. Fintanto che abbiamo un deficit, il nostro debito continuerà ad aumentare”.
Ma allora perché a partire da Monti in poi lo Spread si è abbassato, se gli investitori vedevano che il debito aumentava.
“Quello che conta per lo spread è il rapporto tra debito pubblico e PIL che si è stabilizzato. Quello per lo meno siamo riusciti a fare. Quello che fa aumentare lo spread non è tanto un debito alto come lo abbiamo adesso, ma un debito alto che [non] scende. Quindi il fatto di aver stabilizzato il debito ci ha protetto. A parte in più ovviamente c’è stata l’azione della Banca Centrale Europea. Quindi da un lato le azioni dei governi precedenti sono riusciti a stabilizzare il rapporto tra debito pubblico e PIL, dall’altro c’era il supporto della BCE.
Questo però non ci mette al riparo da shock. Uno shock recessivo in particolare, siccome farebbe scendere il PIL, causerebbe un aumento del rapporto tra debito pubblico e PIL e farebbe ripartire il meccanismo dello spread”.
Quindi lei mi sta dicendo che anche se il valore nominale del debito è alto, comunque i governi precedenti avevano dato garanzie sufficienti o quantomeno l’impressione al resto del mondo…
“Sono riusciti a fermare…. C’è stata una crisi economica e c’è stato un attacco speculativo enorme nel 2011 e 2012, una crisi di fiducia, che era proprio causata dal fatto che il nostro debito pubblico era troppo alto. Questo ha fatto salire il deficit a un livello tale che il debito ha cominciato a crescere anche rispetto al PIL. Si è ridotto il deficit e pian piano si è riusciti a stabilizzare il rapporto tra debito pubblico e PIL. Non si è ancora però riusciti a ridurlo”.
C’è anche un problema di credibilità del governo rispetto a come viene percepita l’Italia all’estero per cui poi lo spread può salire anche al di là dei numeri?
“Sta parlando di questo governo?”
..in generale. Poi uno applica il discorso anche al governo corrente.
“Dunque, prendiamo questo governo. La reazione dei mercati non era stata negativa alla formazione del governo giallo-verde. Le reazioni sono state negative, lo spread ha cominciato ad aumentare, quando è stata pubblicata la versione preliminare del contratto di governo in cui si parlava di cose strane da fare, tipo la cancellazione di 250 miliardi di debito dalla BCE, e a quel punto lo spread ha cominciato ad andare su. Poi c’è stata la notizia di Savona e lo spread è andato su ulteriormente. Poi c’è stata la prospettiva di elezioni con un governo tecnico e lo spread è andato su ulteriormente. I mercati reagiscono a queste cose. Adesso che la situazione sembra essersi calmata, i mercati reagiranno alle cose che vengono fatte. Io temo che questo governo voglia aumentare il deficit pubblico. Lo hanno scritto, quindi…”
Anche se bisognerà vedere la pratica, almeno dagli annunci e dalle dichiarazioni di Salvini, di Maio e di altri esponenti del nuovo governo, sembrerebbe che i partiti populisti non abbiano particolari conoscenze dei meccanismi finanziari, di come funziona il debito pubblico, della macchina amministrativa. Però hanno un grande successo elettorale. Anche se sono argomenti fuori dalle sue aree di competenze, essendo stato incaricato come presidente del consiglio, immagino che siano domande che si sia posto. Secondo lei , qual è la benzina del populismo?
“Un insieme di cose. Senza dubbio un motivo importante sono i fattori economici. Il fatto che noi da 20 anni abbiamo il reddito pro-capite che avevamo 20 anni fa, e non era mai successo nella storia d’Italia dall’Unità nel 1861 che ci fosse un ventennio in cui il nostro reddito pro-capite non cresceva.
C’è un libro molto interessante scritto qualche anno fa da Benjamin Friedman, un economista americano, che sostiene che la percezione della popolazione di quanto si sta bene non dipende tanto dal livello del credito, ma dal fatto che il reddito cresca, che si abbiano prospettive per il futuro. Con 20 anni che non si cresce, chiaramente le prospettive non sono buone. Quello è un problema. Il secondo problema un’Europa che ancora viene percepita come nostro nemico. Cercare di riversare verso l’Europa i nostri problemi e una gestione dei rapporti dell’Europa che è vista come essere troppo accomodante.
Poi c’è il problema dell’immigrazione, enorme, visivo, che colpisce l’immaginazione visivamente. Tutte queste cose alimentano soluzioni semplicistiche, perché si perde fiducia nelle élite, in quelli che ci hanno governato in passato.
Chiaro…
Poi ci sono anche strumenti di comunicazione che sono stati usati dai populisti in modo abile. Quando Salvini sale sul tetto e si fa i selfie, è un genio mediatico. Immaginiamoci Monti che faccia una cosa del genere. Non lo ha mai fatto. Questi sono bravi”.

Questa è infatti una domanda che volevo farle. Vedo che lei ha fondato l’Osservatorio sui Conti Pubblici, ha scritto libri, ha partecipato a varie trasmissioni televisive per spiegare la situazione dell’Italia e, indirettamente, per contrastare la vulgata populista, diciamo…
“Certo”.
Il messaggio dei populisti è irrazionale, ma, come ha appena detto lei, è anche molto più immediato, diretto, propone narrazioni…
“Vero… però io non faccio politica. È possibile che io a un certo momento faccia i filmati eccetera…io mi metto sul tetto a fare cose, comincio a fare politica. Che va benissimo, però è un passo che ancora non ho fatto.
Questo ha perfettamente senso, e una cosa…
Facciamo infografica. Facciamo cose di comunicazione più diretta, eccetera. Però, io comunque dico: un politico moderno, purtroppo, deve cominciare a utilizzare questi elementi di comunicazione più diretta che appaiano molto più naturali, cosa che invece l’élite in passato qui in italia non ha fatto, ma neanche le élite in altri paesi”.
OK, ma qui, mi scusi se uso un’analogia mia. Se uno inquina un lago con delle sostanze tossiche, non è che può risolvere il problema buttando dei litri di acqua fresca. Il lago rimane inquinato.
“Sì. Occorre usare gli strumenti giusti”.
E quali sono gli strumenti giusti?
“Intendo dire strumenti di comunicazione giusti. Quindi i politici che odiano combattere il populismo devono comunicare idee che non sono populiste usando gli stessi strumenti che usano i populisti…”
…ma non funziona perché l’idea populista fa molto più presa…
“Però adesso qui stiamo entrando in un campo in cui…mi vado a addentrare in meandri che…non è un’intervista da economista a questo punto…(ride) se entriamo in questa discussione è una discussione che ci facciamo tra noi due fondamentalmente… (ride ancora)”
… come forse ricorda quando avevamo chiacchierato a margine delle sue conferenze quando abitava a Washington, questo è un argomento di cui mi sono occupato molto personalmente e di cui ancora mi interesso… le faccio un’ultima domanda. L’aveva poi letto il libro di Kahneman?
“No. Ce l’ho sempre lì da leggere, ma c’ho tante cose da leggere. Adesso ho un libro molto interessante che parla in qualche modo di temi simili sulla Repubblica di Weimar perché anche lì è populismo. Kahneman non l’ho ancora letto. Se io mi leggo un libro così la sera, non dormo. Questo è il mio problema (ridiamo tutti e due). È un libro che fa ragionare. Non so se lo leggerò mai. Quei temi sono temi che tengono sveglio il cervello e io i libri li leggo prima di andare a dormire”.

Bè, però anche Breaking Bad non scherza, eh?
“La realtà è che a un certo punto quando ha visto quattro puntate di fila si addormenta perché diventa noioso anche quello. Ci sono certe puntate di Breaking Bad che sono abbastanza noiosette”.
Dottor Cottarelli. La ringrazio tantissimo per essersi reso disponibile. Se ha una domanda a piacere facciamo ancora in tempo…
“No Grazie. Abbiamo fatto abbastanza!”
Grazie mille e tanti auguri per i suoi progetti!
“Grazie!”