
“Ti abbiamo preso, Harvey Weinstein, ti abbiamo preso”. È stata questa la reazione di Rose McGowan, una delle prime attrici a denunciarlo, alla notizia dell’arresto, a New York, del celebre produttore cinematografico statunitense, il cui caso ha scoperchiato un autentico vaso di Pandora, che ha dato inizio al movimento #MeToo. Weinstein si è presentato spontaneamente al commissariato di Lower Manhattan, giacca scura e gilet azzurro, con sotto braccio due libri: il primo, una biografia di Elia Kazan, personaggio cult della vecchia Hollywood, regista di film premio Oscar, ma anche figura controversa per i liberal americani visto che, nel 1952, testimoniò davanti alla Un-American Activities Committee indicando alcuni personaggi di Hollywood come “comunisti”; il secondo, Something Wonderful: Rodgers and Hammerstein’s Broadway Revolution, di Todd Purdum, la storia di un impresario di successo nel mondo dello spettacolo. Scelte, chiaramente, oculatissime.
Immagine che ha tutte le carte in regola per passare alla storia, e non solo perché il caso è diventato il simbolo della lotta delle donne contro ogni genere di molestia, aggressione, ricatto o abuso sessuale, tanto comuni in diversi ambienti professionali e non solo. A colpire, della fotografia che tutti i principali giornali del mondo hanno ripreso, è l’indecifrabile sorriso in cui è contratto il volto di Weinstein, rigorosamente in manette, mani dietro alla schiena. Un sorriso ingiustificato, a differenza di quello che avrà illuminato le tante donne che sono state sue vittime e lo hanno denunciato, e che oggi avranno sentito di aver ricevuto giustizia. Una è stata proprio la McGowan, ma, su Twitter, è decisamente in buona compagnia.
We got you, Harvey Weinstein, we got you
— rose mcgowan (@rosemcgowan) May 25, 2018
What took you so long Harvey? pic.twitter.com/MUFB34fWai
— Asia Argento (@AsiaArgento) May 25, 2018
Harvey Weinstein ain’t smiling now https://t.co/upZJRxGPeO
— Asia Argento (@AsiaArgento) May 25, 2018
Anyone know where I can get front row seats?! https://t.co/L3zFjzWdUw
— Annabella Sciorra (@AnnabellSciorra) May 24, 2018
Reactions I heard today from Weinstein victims:
Tears of relief.
Tears of irreparable loss.
Outright joy.
Nausea. (One victim told me she threw up.)The common denominator: trouble sleeping last night. pic.twitter.com/7Re7GelkQC
— jodikantor (@jodikantor) May 25, 2018
On the courthouse where Harvey Weinstein was just arraigned:
“Equal and exact justice to all men regardless of whatever state or persuasion.”
— Jefferson, perhaps predicting the way NDAs, settlements, and pricey private spies would be used to evade accountability. pic.twitter.com/D4iYGk9jWs
— jodikantor (@jodikantor) May 25, 2018
One of the symbols of the day: this female detective leading Harvey Weinstein around in handcuffs. pic.twitter.com/3lU03pWv1b
— jodikantor (@jodikantor) May 25, 2018
Reazioni di sollievo, gioia, speranza, di fronte a un’immagine che fino a qualche tempo fa sarebbe stata quasi impossibile da vedere lì, sui giornali e sugli schermi televisivi di tutto il mondo: uno dei re di Hollywood, che, stando a quanto è emerso, si è sempre arrogato ogni diritto sulle donne che ha incrociato durante il suo percorso, in manette di fronte agli occhi dell’intero globo terrestre.
Ma questa storia rimanda a un’altra storia. Una storia più grande, dalle conseguenze ancora più esplosive di quella di Weinstein, perché coinvolge l’uomo più potente della terra. A parlarne è stato, questa mattina, il sindaco di New York Bill De Blasio, durante l’intervista rilasciata alla Radio WNYC. Intervista che molti hanno ripreso per il duro attacco, contenuto in essa, ai media mainstream, praticamente descritti come servi delle corporation più che degli interessi dei lettori. Una denuncia certamente degna di attenzione, ma il punto che interessa a noi della Voce, in questa sede, non è quello. Perché De Blasio, sull’epilogo del caso Weinstein, ha avuto forse la reazione in assoluto più forte, e più politicamente rilevante.

Alla domanda se l’arresto sia arrivato troppo tardi, il sindaco di New York ha sostanzialmente confermato questa impressione: “Il fatto che ci sia voluto tanto tempo non è una cosa positiva”, ha detto. De Blasio ha aggiunto di non avere avuto il controllo del District Attorney, ma di aver appurato che la Polizia ha preso la questione “molto seriamente”. Ancora più rilevante, però, è la seconda osservazione del primo cittadino di New York. Perché, si è chiesto, quello che stiamo vedendo accadere a Weinstein non lo stiamo vedendo succedere al Presidente degli Stati Uniti? “Ci sono state tante donne che lo hanno accusato di molestie sessuali, e ancora non c’è un’indagine in corso”, ha rilevato il Sindaco. Sottolineando come, nonostante siano tutti focalizzati sul Russiagate, lo scandalo sessuale possa invece costituire, visto l’esempio di Weinstein, il vero grosso problema di Trump.
Noi della Voce ve lo avevamo già detto mesi fa: più che il Russiagate, è il caso “sexual harassment” a poter rappresentare la “pistola fumante” pronta a fare fuoco contro il Commander-in-Chief. Le parole di De Blasio hanno in qualche modo confermato questa impressione. Ma hanno anche rilevato come, ad oggi, le denunce di tante donne contro Trump stiano in qualche modo ancora galleggiando nell’aria, potenzialmente esplosive ma ancora sostanzialmente inerti. Ciò non esclude che, con il tempo, anche il Presidente debba però affrontare un destino simile a quello di Weinstein: che è stato messo al palo, come giustamente ha sottolineato De Blasio, innanzitutto grazie a un imponente “ground movement”, un movimento nato e montato dal basso, che ha polarizzato l’opinione pubblica, ma soprattutto ha fatto sì che quelle denunce non potessero, in nessun caso, cadere nel vuoto. E se il movimento #MeToo attenderà anche The Donald al varco, chissà che la previsione che facemmo mesi fa non finirà per essere confermata.