La cena dei corrispondenti a Washington? Da quando Donald Trump è presidente degli Stati Uniti, è divenuta il simbolo della battaglia personale ingaggiata dal Commander-in-Chief con la stampa mainstream, visto che Trump, regolarmente, non si presenta. Non lo ha fatto l’anno scorso, e non l’ha fatto neppure quest’anno. Ma ad animare ancora di più la serata, ci ha pensato la comica Michelle Wolf, con il suo atteso monologo. Un discorso che non si può dire sia stato unanimamente apprezzato, anzi: perché le battute che lo hanno animato – e che hanno preso di mira un po’ tutti, da Trump ai suoi più stretti collaboratori, fino ai democratici e ai media stessi – hanno finito per suscitare l’indignazione collettiva, mettendo per una volta d’accordo i trumpiani e gli irriducibili critici.
Per chi conosce Michelle Wolf, il fatto che Trump sia stato un bersaglio del suo umorismo non è stata una novità. La comica è infatti nota per aver spesso preso di mira il Presidente, specialmente per quanto concerne la sua misoginia e gli scandali sessuali. Eppure, alcune delle sue battute sembrano aver lasciato tutti di stucco: al punto che sono state definite, da più parti, volgari e di cattivo gusto. Tra i più indignati, la portavoce del Presidente Sarah Huckabee Sanders, che non a caso, nello scoprirsi uno dei bersagli della Wolf, durante il discorso non le ha risparmiato un’eloquente occhiata di disprezzo: “Ogni volta che Sarah sale sul podio, mi emoziono. Non sono sicuro di quello che otterremo… una conferenza stampa, un mucchio di bugie…”. “In realtà – ha continuato la Wolf – mi piace davvero Sarah, penso che sia molto intraprendente. Ma brucia i fatti e poi usa quella cenere per creare un perfetto ‘smokey eye’, come se fosse nata con questo, forse sono bugie”. Apriti cielo: nonostante sia stata spesso e volentieri accusata di mentire spudoratamente per il Presidente anche da alcuni dei giornalisti seduti in platea, la Sanders è stata difesa a spada tratta da molti, che, forse perdendo di vista il centro della stoccata della Wolf (il fatto che l’avesse definita “liar”), hanno ritenuto innanzitutto disdicevole giudicare una donna dal suo aspetto fisico.
Watching a wife and mother be humiliated on national television for her looks is deplorable. I have experienced insults about my appearance from the president. All women have a duty to unite when these attacks happen and the WHCA owes Sarah an apology.
— Mika Brzezinski (@morningmika) April 29, 2018
Ma le affilate battute della Wolf hanno riguardato anche la figlia di Trump, Ivanka, definita, nella sua battaglia per le donne, utile come “una confezione vuota di assorbenti”, la consigliera del Presidente Kellyanne Conway, il suo vice Mike Pence, i democratici (“è più difficile fare battute sui democratici perché voi, ragazzi, non fate niente”), l’amministrazione in generale (“Ho fatto molte battute sui membri del Gabinetto, ma poi li ho dovuti scartare tutti perché sono stati tutti licenziati”), ma anche CNN, Fox News, MSNBC, la giornalista Megyn Kelly, e i media in generale. Che hanno ricevuto una stoccata sul paradosso per il quale, proprio attaccandolo, hanno, di fatto, “creato” e alimentato il fenomeno Trump, e contemporaneamente tratto profitto da esso. “Ragazzi”, ha detto la Wolf, “siete ossessionati da Trump. Uscivate con lui? Perché voi sostenete di odiarlo, ma io penso che lo amiate. Penso che quello che nessuno in questa stanza vuole ammettere è che Trump ha aiutato tutti voi […]. Vi ha aiutati a vendere i vostri giornali, i vostri libri e le vostre tv. […] Voi avete aiutato a creare questo mostro, ed ora ne state traendo profitto”.
Il verdetto del Presidente sulla serata a cui non si è presentato non si è fatto, naturalmente, attendere: «La Cena con i Corrispondenti alla Casa Bianca è MORTA per come l’avevamo conosciuta. È stata un disastro totale e un imbarazzo per il nostro grande Paese e per tutto ciò per cui ci battiamo. Il fenomeno delle FAKE NEWS è vivo e vegeto e ben rappresentato dalla serata di sabato!», ha sentenziato su Twitter. Ma se la reazione di Trump era ampiamente attesa, ha suscitato qualche stupore quella della presidente dell’Associazione dei Corrispondenti Margaret Talev, che ha deciso di chiedere scusa su Twitter per parole che, ha puntualizzato, “non rispecchiano i valori dell’associazione di libertà di stampa, di civiltà e unione”.
#WHCA Statement to Members on Annual Dinner pic.twitter.com/8DKoHNxpNi
— WHCA (@whca) April 30, 2018
Eppure, la stessa Wolf aveva già messo le mani avanti, difendendo, ancor prima che le polemiche si scatenassero, il proprio operato. Perché, alla folla apparentemente scioccata dalle sue parole a proposito delle ormai famigerate esternazioni sessiste di Donald Trump, ha ribattuto: “Avreste dovuto fare più ricerche sul mio conto prima di affidarmi questo incarico”. In effetti, non ha tutti i torti. Che la Wolf fosse una comica irriverente e sopra le righe era certamente noto a tutti. E, al di là del giudizio personale, sacrosanto e legittimo, sull’opportunità o meno del suo intervento, sarebbe comunque disonesto non notare che il suo mestiere, in ultima istanza, è l’irriverenza stessa, soprattutto quando serve, come direbbe Pirandello, per stracciare il “cielo di carta” che ci sovrasta, mostrando cosa si cela al di là. Un’attitudine, potremmo dire, da “cacciatrice di ipocrisie”, e un punto di vista che, in una cena di corrispondenti fedeli – se non altro in ragione del proprio lavoro – al Primo Emendamento, dovrebbe forse essere considerato come spunto di riflessione, piuttosto che severamente rinnegato.
Stupisce, insomma, l’indignazione collettiva verso la crudezza di certe affermazioni della Wolf, ma ci si chiede se non dovrebbe stupirci ancora di più il fatto che quegli stessi giornalisti che, di giorno, criticano i politici, di notte ne divengano commensali a colpi di champagne e di rana pescatrice: e proprio a questo proposito, The Nation si domanda se, al fondo di ciò, non vi sia la banalissima ragione che, per così dire, non c’è prezzo per l’”accesso”. Che è un po’ il concetto richiamato dalla stessa comica, quando, dopo Trump e il suo “cerchio magico”, ha rivolto il suo sguardo impietoso ai media.
In un interessante editoriale sull’argomento, il New York Times ha scritto che ripudiare la Wolf per aver fatto il proprio lavoro è “da deboli”. In effetti, i comici sono efficaci nello svolgere il proprio compito esattamente quando riescono squarciare il velo del politicamente corretto (attività, peraltro, spesso rivendicata da Trump, che pure comico non è), e farci guardare in faccia la realtà senza ipocrisie. Così, di fronte al dirompente squarcio del velo, la stampa dovrebbe forse fare una riflessione, anche, se serve, un’autocritica, e uscire una buona volta dalla propria torre d’avorio. Perché, in fondo, proprio questa sarebbe la sua funzione. Questo sarebbe il suo lavoro.